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20 mag 2006Rischiano di scomparire i buoni sapori italiani – L’allarme in occasione della giornata mondiale della biodiversità, la campagna nazionale 'Mangiasano'

ROMA, 20 mag -(Italia Estera) -  I buoni sapori italiani? Rischiano di diventare un ricordo. Pomodori San Marzano, farro, zucca mantovana, mele cotogne, ciliegie visciolone, uva spina, manna delle Madonie sono soltanto alcune delle varietà vegetali che stanno gradualmente scomparendo, portando con loro sapori e odori legati a territorio, conoscenze locali e tradizionali.
 
A lanciare l' allarme sono stati oggi la Cia-Confederazione italiana agricoltori, i Vas (Verdi Ambiente e Società), l' Aiab (Associazione per l' agricoltura biologica) e la Federconsumatori. Le quattro organizzazioni hanno deciso di promuovere per  domani, domenica 21 maggio, in occasione della giornata mondiale della biodiversità, la campagna nazionale 'Mangiasano' "
Proprio per questo Cia, Vas, Aiab e Federconsumatori chiedono alle istituzioni europee di "liberarsi dalle maglie degli interessi lobbistici industriali e di adempiere agli impegni assunti nei confronti dei cittadini quando è stata sottoscritta la Convenzione della Biodiversità".
 
Chiedono, inoltre, al nuovo governo italiano di "difendere con fermezza la nostra agricoltura e la sua ricchezza genetica, mantenendo il divieto di coltivare Ogm e consentendo alle comunità locali il controllo sulle proprie risorse e conoscenze".  Per questo è stata presentata una petizione per salvare i semi contadini dalla scomparsa. "Oggi più del 90% delle sementi delle varietà commerciali di ortaggi di molte specie, come pomodori, cetrioli, peperoni, meloni, cocomeri - ha spiegato il presidente di Federconsumatori, Rosario Trefiletti - è infatti costituita da ibridi brevettati e meno del 3% delle varietà ha più di 35 anni.
 
"Nell' ultimo secolo nel mondo sono scomparsi i tre quarti delle diversità genetiche delle colture agricole - ha affermato il presidente dei Vas, Guido Pollice - e attualmente più di 1.400 sono in pericolo di estinzione".
 
In Italia, ad esempio, alla fine del 1800 vi erano 8.000 varietà di frutta, mentre oggi si arriva a poco meno di 2.000. Caso emblematico è la mela: all'inizio del '900, in Europa se ne conoscevano 5.000 varieta', mentre adesso non superano le 1.800. In Italia, inoltre, circa l' 80% delle mele prodotte appartiene a solo quattro gruppi di cultivar: due americani (le rosse Red delicious e le gialle Golden delicious), uno australiano (le verdi Granny Smith) e uno neo-zelandese (le bicolori Gala).
 
 "Ci troviamo davanti a una situazione paradossale - ha affermato il vice presidente della Cia, Enzo Pierangioli - l' agrobiodiversità è in pericolo non perché c'é un disinteresse nei suoi confronti, ma perché ce n'é troppo: il 'nuovo oro verde', in competizione o complementare all'onnipresente, ma ormai in crisi 'oro nero', è diventato un 'boccone' ambito dai colossi industriali". Già adesso, è stato sottolineato, undici grandi multinazionali controllano un terzo del valore del mercato sementiero mondiale e le stesse hanno interessi anche nel settore chimico e biotecnologico con un giro d' affari di miliardi di euro.
 
Chi controlla la biodiversità ha, quindi, il monopolio anche della vendita di pesticidi e Ogm e può influenzare, grazie al suo peso economico e le potenti lobby di cui si serve, le politiche agricole e alimentari, la direzione della ricerca scientifica e lo sviluppo dei paesi del Sud del mondo. (Italia Estera) -



 
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