- ROMA – Il Corriere della Sera di oggi pubblica un pezzo a firma di Giulio Benedetti che è un’ampia disamina sull’insegnamento e la destinazione degli insegnanti italiani all’estero:
Nei prossimi giorni approderà all’ARAN, l’agenzia governativa per i contratti nei pubblico impiego una delle questioni più spinose e meno note del pianeta scuola:i nuovi criteri per selezionare i docenti destinati alle Scuole Europee, alle scuole italiane ed agli Istituti di cultura all’estero.
La miscela del confronto è esplosiva:si dovrà infatti definire una norma contrattuale sulle modalità di destinazione all’estero del personale della scuola in servizio in Italia.
I posti che si sono liberati sono circa 200. E in questi giorni molti degli aspiranti alle ambitissime cattedre oltreconfine sono inviperiti. E’ infatti quasi certo che saranno ricoperte dai docenti inseriti nella graduatoria permanente del ’97 e da allora non più aggiornata, con dentro anche molti insegnanti già andati all’estero per sette anni e pronti a ripartire dopo una pausa. In teoria i docenti – tutti quelli di ruolo – che ambiscono all’insegnamento nelle scuole italiane all’estero avrebbero diritto ad una chance. Ma dovranno pazientare per due o forse più anni. Potrebbe vincere ancora una volta la logica burocragtica dell’anzianità di servizio come unico criteriodi merito.
“Si, é una preoccupazione che condividiamo – dice Angelo Luongo, responsabile per gli esteri dell’UIL Scuola - .
A settembre inizia l’anno scolastico e al momento non abbiamo ancora stabilito come dovrà essere fatto l’accertamento linguistico”.
Stiamo parlando di un pezzo di scuola quasi mai illuminato dai riflettori. Stiamo parlando di 1300 insegnati di ruolo per i quali i tre milioni, tre miloini e mezzo che rappresentano la retribuzione di un docente a fine carriera costituiscono solo un pezzo della busta paga corrisposta dal Ministero degli Affari esteri.E che in alcuni casi, tanto per fare delle cifre, arriva a dieci milioni. Per non vantare dei vantaggi di natura previdenziale. Non è strano, qjuindi, che i titolari delle cattedre oltreconfine non si struggano dalla nostalgia per le scuole patrie dove, al rientro dalle missioni, percepirebbero uno stipendio normale. A far le spese di queste lunghe trasferte sono stati i coleghi più giovani. E forse anche la scuola se è vero, come affermano i sindacati, che tale opportunità dovrebbe essere offerta a tutti, almeno una volta nella carriera, per arricchire il bagaglio professionale individuale e quindi per migliorare, al rientro, le scuole italiane.
Legislazione particolare, ambiente chiuso: entrare è molto difficile. “Ho tentato di avere delle informazioni attraverso il ministro della Pubblica Istruzione – racconta D. M, docente di ruolo in una scuola milanese – e non si sono riuscito. Ho cercato delle informazioni sui siti delle sacuole europee, dove lavorano anche docenti italiani, e ho scoperto che alla voce reclutamento l’unico Stato che non da un riferimento di persone o un indirizzo è proprio il nostro”.
“Ho inviato un fax alla direzione delle scuole europee di Bruxelles – continua il professore -
e ho ricevuto i nominativi di due ispettori della Pubblica Istruzione con i quali però non sono mai riuscito a parlare. Gli uffici però mi hanno consigliaro però di rivolgermi alla Farmesina e lì ho trovato una segreteria telefonica da cui ho appreso che le selezioni avranno luogo tra fine giugno e inizio luglio”.
Giulio Benedetti