La prossima presidente del'Argentina, Cristina Kirchner - la cui vittoria alle elezioni si da già per scontanta - dovrà vedersela con le forti disuguaglianze che esistono nel Paese. Secondo i dati ufficiali la povertà è diminuita (in cinque anni dal 47% al 23%). Ma c'é ancora molto da fare, visto per esempio che un 5% di 'ricchi paperoni' argentini controlla il 25% del reddito totale del paese. In molte regioni (soprattutto nel nord confinante con Bolivia e Paraguay), ma anche negli estesi quartieri periferici di Buenos Aires, c'é in altre parole una 'Argentina profonda' dove le condizioni di vita non hanno nulla a che vedere con gli scintillii del centro della 'Capital federal'. Ed è proprio in tali aree dove le due Argentine (quella del boom dell'export e quella della indigenza) s'intrecciano, visto per esempio che i campi di soia hanno sostituito alcuni dei prodotti più tradizionali delle regioni (per esempio il cotone nel Chaco, la regione più povera del paese), provocando il disboscamento di molte aree e l'aumento di prezzo di generi di prima necessità.
Cristina Kirchner dovrà quindi vedersela con questi problemi: oltre che con la salute e l'educazione, i deficit dell'energia, gli investimenti esteri che arrivano con il contagocce, e soprattutto l'inflazione. I prezzi stanno infatti pericolosamente salendo, dato politicamente molto pericoloso in un paese dove nessuno ha dimenticato gli anni dell'iperinflazione e dei risparmi bancari evaporatisi in poche ore.
Per il presidente uscente Nestor Kirchner il bilancio è molto lusinghiero anche sul fronte della disoccupazione (diminuita in cinque anni dal 17,8% al 7,7%) e del consistente aumento sia dei salari sia dei consumi. Sono per esempio proprio di oggi i dati sulle vendite delle auto nuove, pari a 520 mila unità: un record, l'ultimo era di nove anni fa.
L'Argentina che domenica andrà a votare per le presidenziali ha alle spalle un lungo ciclo di crescita economica anche se, dati alla mano, è quella di sempre: un paese ricco in risorse naturali, con un'industria ancora da migliorare, e dove la lotta alla povertà strutturale é una sfida tutta aperta. L'economia è al suo quinto anno consecutivo di espansione, a tassi stabili e molto alti (dell'ordine dell'8-9% anno): fatto straordinario nella storia di un paese che molte crisi fa (quelle della dittatura e dei desaparecidos, della guerra delle Malvinas e del default del 2001), aveva una estesa classe media, ammirata dagli altri paesi dell'America Latina.
A trainare il boom sono soprattutto le materie prime agricole, e in parte anche l'agroindustria, che per lo più si riversano sui mercati asiatici di India e in Cina: sono infatti proprio questi due paesi impegnati in monumentali rivoluzioni industriali - in particolare Pechino - quelli che acquistano gli alimenti 'made in Argentina'. Il mondo ha in altre parole fame dell'agricoltura sudamericana (ne beneficia anche il colosso brasiliano), e non solo dei prodotti delle pampas ma anche di quelli delle altre regioni argentine.
In questi giorni a Buenos Aires sono stati pubblicati i dati sull' andamento delle principali 'commodities' esportate: l'indice è ai livelli più alti dal 1996. Il caso emblematico è l'export della soia, più di 5 miliardi di dollari solo nel primo semestre dell'anno. Ma ci sono anche le vendite di mais, grano, girasole. Un mare di soldi, che rappresenta gran parte dei 50 miliardi di dollari delle esportazioni previste per quest'anno.
Per il presidente uscente Nestor Kirchner il bilancio è molto lusinghiero anche sul fronte della disoccupazione (diminuita in cinque anni dal 17,8% al 7,7%) e del consistente aumento sia dei salari sia dei consumi. Sono per esempio proprio di oggi i dati sulle vendite delle auto nuove, pari a 520 mila unità: un record, l'ultimo era di nove anni fa.