04 gen 2007 | OPINIONI,L'importanza degli Istituti Italiani di Cultura nel Mondo - di Massimo Seracini |
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ROMA, 4 GEN (Italia Estera) - Lo scorso 19 dicembre il Vice Ministro degli Esteri, Ugo Intini e’ stato ascoltato in Commissione Affari Esteri alla Camera in merito allo stato della rete degli Istituti Italiani di Cultura nel mondo (IIC). Dalla lettura del resoconto stenografico del suo intervento e di quello dei parlamentari intervenuti risalta una conoscenza molto approssimata sulle realta’ operative degli Istituti, ma sopratutto non si afferra l’importanza del fondamentale servizio che offrono alla nostra cultura di ieri e all’immagine dell’Italia di oggi.
Oserei affermare che la loro importanza e’, in questo momento storico, forse superiore a quella di tutte le altre istituzioni all’estero perche’ promuovono nei paesi ospitanti l’interesse per l’italianita’,che si traduce in vantaggi per la nostra economia non solo turistica e, allo stesso tempo, svolgono una funzione meritoria di “faro” della nostra cultura per tutti gli italiani emigrati nel mondo.
Invece i politici di casa nostra (brilla in questa Commissione l’assenza degli eletti all’estero!), che chiaramente non hanno da Roma la piu’ pallida idea dell’importanza strategica di queste istituzioni, a cominciare dal rappresentante del Governo in carica, parlano addirittura di “ un’ipotesi di lavoro che preveda la chiusura di 5 istituti in Europa”, in un ottica di riduzione della spesa pubblica!
L’assurdita’ di tale proposta, diviene offensiva quando si esaminano i numeri reali dell’intervento dello Stato in questo settore.
Sono 151 i “centri di responsabilita’ culturale” nel mondo (pari alla meta' di quelli tedeschi, a un terzo dei britannici e a un quarto dei francesi, ndr.) : 90 gli IIC situati in 60 paesi; 48 le ambasciate in altrettanti Paesi, privi di istituti; 13 i consolati che ricevono anch’essi finanziamenti per la promozione culturale.
Questa rete culturale ha speso nel 2006, 21,5 milioni di euro, cioe’ 142.000 euro l’anno per centro! Una miseria che non sarebbe accettata da un Comune di 5.000 abitanti in Italia per il budget annuale (comprensivo degli stipendi del personale) del proprio programma culturale.
Ma il colmo si raggiunge quando si leggono i numeri ufficiali dell’utilizzazione di questi fondi che hanno permesso di realizzare 9170 eventi nei 60 paesi dotati di Istituti di cultura: la bellezza di 102 eventi di media a testa nell’anno, 8,5 il mese, piu’ di 2 la settimana!
Inoltre, gli IIC hanno insegnato l’italiano a circa 80 mila stranieri, con una progressione eccezionale nell’ultimo decennio (+38% nel quinquennio 1995-2000 e + 68% nel periodo 2000-2005) creandosi una fonte di autofinanziamento che e’ passata nel decennio 1996-2005 da 7 a 14,5 milioni di euro, raggiungendo la percentuale del 34% rispetto al totale dei fondi sui quali gli istituti possono contare.
Mi augurerei sempre, da cittadino italiano, di leggere numeri come questi nell’utilizzo della spesa degli altri ministeri ed istituzioni pubbliche!
Se la linea proposta dal Vice Ministro Intini diventera’ vincente e, invece di valorizzare gli Istituti di Cultura nel mondo, si tendera’ a ridimensionarli e addirittura a diminuirli, si rischia di svilire la grande voglia di fare del personale, generalmente di altissimo livello professionale, motivato e stimato sul territorio, compromettendo il valore globale della nostra offerta culturale all’estero.
Se occorre una riforma, nella stagione delle riforme, proponga il Vice Ministro, una tavola rotonda, una conferenza aperta non solo alla Commissione Esteri della Camera, ma a quella della Cultura e a tutti gli organi parlamentari e di Governo preposti a questi temi, compresi gli operatori del settore, lasciando la politica e la demagogia fuori della porta, per definire una linea comune per valorizzare tutto il Sistema Italia all’estero ( e non solo quello culturale) che oggi come non mai, deve servire al benessere, oserei dire alla sopravvivenza economica del Paese.
Massimo Seracini, UDC-USA/Italia Estera
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