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30 gen 2006Le ragioni dei paragoni fra l’Italia e l’Australia

L'Editoriale di Nino Randazzo su “Il Globo” di Melbourne e “La Fiamma” di Sydney del 30 gennaio 2006


MELBOURNE - (Italia Estera) -Al contrario di un’Australia ricca di risorse naturali e beni materiali, immersa in un presente e volta ad un futuro di ulteriore sviluppo e prosperità, ma ancora alla ricerca di un’anima e un’identità, l’Italia, che un’anima e un’identità ce l’ha, sembra avviarsi su una china di degrado economico e sociale. Questa l’impietosa fotografia del Belpaese nel “Rapporto Italia 2006” dell’Istituto di Studi Politici Economici e Sociali “Eurispes”, una delle più accreditate organizzazioni di ricerca e analisi d’Italia e d’Europa. “Un Paese – dice il documento – dalle grandi potenzialità che non riesce ad esprimere e ad affermare un progetto di crescita e di sviluppo”. E aggiunge la denuncia di una “deriva italica che conduce allo sciupio del talento, allo spreco delle risorse individuali e del tratto geniale”. E gli autori del rapporto ricorrono a due figure emblematiche, una letteraria e l’altra sportiva che simboleggerebbero l’odierno declino. (L’Italia – precisano anzi con una certa brutalità – non sarebbe in declino, ma già “declinata”). L’Italia, si sostiene, assomiglia al protagonista del romanzo di Giovanni Verga “Mastro Don Gesualdo”, che si è ammazzato a mettere insieme tanta “robba” e poi non sa cosa farsene. La situazione del Paese viene, ancora paragonata, alla vicenda del calciatore barese Cassano, acquistato dalla Roma nel 2001 per 30 milioni di euro per essere poi ceduto al Real Madrid, in una Spagna – afferma il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara - che ha saputo “superare l’Italia in diversi settori con una ricetta i cui ingredienti principali sono progettualità, modernizzazione e giovanilismo”.

Il rapporto, come si può leggere in un’altra parte del giornale, è zeppo di dati negativi, considerazioni amare, indicazioni allarmanti. Solo il 20-25 per cento ha fiducia nel Parlamento, nel governo, nei partiti politici. E’ calata in un anno dall’80 al 65 per cento la fiducia anche nel presidente della Repubblica Ciampi, “un San Sebastiano trafitto da cento frecce, votato alla missione quasi impossibile di restituire coesione, unità e fiducia a un Paese profondamente lacerato”. Il 58 per cento delle famiglie stenta ad arrivare alla fine del mese, rinuncia a parte della normale alimentazione, ma non ai cellulari. Undici milioni su 60 milioni sono sotto la soglia della povertà o a rischio di povertà. Aumenta l’esercito dei precari e dei lavoratori in nero, mentre è sempre più difficile per una dipendente d’azienda che diventa madre mantenere il posto di lavoro. Negli ospedali pubblici si registrano liste d’attesa fino a diciotto mesi, mentre la qualità del servizio medico può variare da Regione e Regione come fra giorno e notte, specie dopo la “devolution”, il passaggio delle responsabilità di politica sanitaria dallo Stato centrale alle amministrazioni regionali. E poi l’aumento insignificante del prodotto interno lordo, la produttività del lavoro in calo, la mancanza di competitività, i “nuovi ricchi” tra banchieri e speculatori ingordi, i piccoli risparmiatori massacrati da colossali truffe finanziarie.

A dispetto di tutto questo, e tant’altro di analoga o maggiore gravità, tre su quattro si dicono soddisfatti di vivere in Italia “per le bellezze naturali, la libertà di opinione, i beni artistici, il clima piacevole, la buona cucina”. Tutte queste ragioni si potrebbero esprimere meglio e sintetizzare con una semplice naturale ammissione, anche se leggermente fuori moda: “Perché l’Italia è la Patria”. Ne danno atto gli stessi relatori dell’Eurispes, che accanto alle loro catastrofiche rilevazioni e riflessioni pongono anche una nota di ottimismo dove ricercare la molla e l’ispirazione per una ripresa, per una rinascita: “Per quanto l’Italia di oggi – osservano – possa esere criticata o sottovalutata, non vi è dubbio che si tratti di una nazione potente, una tra le prime dieci economie mondiali, ma che non riesce a trasformare la propria potenza in energia”.



Al buio quadro economico e sociale dipinto dall’Eurispes va aggiunta una nuova spinta verso un più marcato disagio morale e civile. Quasi a far dispetto al quel “San Sebastiano” del presidente Ciampi, che in sette anni s’è speso nel promuovere la rivalutazione dei simboli più alti della patria italiana, l’altro giorno ha ottenuto l’approvazione della maggioranza parlamentare la norma transitoria sulla “decarcerazione” per i reati d’opinione. Pertanto non andrà più in galera chi insulta e vilipende il Tricolore, ma rischia un massimo di mille euro di multa. Non si farà più fino a tre anni di carcere chi oltraggia la Repubblica, le istituzioni, le Forze armate, la Nazione italiana, ma solamente potrà essere multato fino a cinquemila euro. Niente più ergastolo, ma 12 anni di detenzione “per attività in favore del nemico”, vale a dire per i traditori in tempo di guerra. Sta danzando dalla felicità quella dozzina o più di leghisti di primo piano, incluso il leader Bossi, rinviati a giudizio a febbraio, nel bel mezzo della campagna elettorale, per vilipendio della bandiera e delle istituzioni. Adesso potranno allegramente uscirsene nella peggiore delle ipotesi con una multa. Un caffè. E un altro sberleffo a “Roma ladrona”.



Ricollegandoci alla frase d’apertura di questo articolo, ci sarà chi potrà chiedersi il perché di un esercizio di comparazione fra l’Italia e l’Australia e il perché del riassunto, a tratti francamente funereo, di alcuni tristi sviluppi recenti della situazione interna italiana. Presto detto. Perché l’Australia in questo momento è anche patria per 220 mila italiani di nascita e 540 mila oriundi italiani, e la conoscenza di realtà socio-politiche ed economiche italiane anche spiacevoli va diffusa, non va nascosta o attenuata, va rapportata a possibili reazioni di orgoglio ferito e magari a richiami e stimoli a distanza a una ripresa di sviluppo e a una rinascita di valori. Perché anche in Australia, come in tante altre parti del mondo, la consapevolezza della situazione interna dell’Italia si presterà fra meno di un paio di mesi a far compiere con coscienza informata, da parte di decine di migliaia di cittadini, l’esercizio democratico del diritto-dovere di voto, per la prima volta dall’estero, nelle elezioni politiche italiane. Il flusso di informazioni e relative analisi fra Italia ed Australia è destinato a crescere grazie ai mezzi di comunicazione di carta stampata, radiofonici, televisivi, on-line, in lingua italiana per gli italofoni. Auspicabilmente nel vicino futuro anche in lingua inglese per gli australiani e per le seconde e terze generazioni anglofone di italo-australiani.




 
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