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16 gen 2006Le migrazioni del bisogno: tragico “segno del nostro tempo”

L'Editoriale di Nino Randazzo su “Il Globo” di Melbourne e “La Fiamma” di Sydney

                                                           
MELBOURNE - (Italia Estera) -  Ieri, 15 gennaio, la Chiesa cattolica ha celebrato la “92ma Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato”. Una leggera dose di scetticismo è sempre d’obbligo sulla durata e incisività di ricorrenze del genere anche in quella parte di fedeli, ormai minoritaria nella popolazione cattolica dei Paesi avanzati, che partecipa ai riti domenicali. Altre istanze sociali ed esigenze materiali di più immediato impatto sugli individui e sulle famiglie richiamano l’attenzione della gente di qualsiasi o nessuna confessione religiosa. Eppure per questa occasione è stato diffuso un messaggio di Papa Benedetto XVI di grande spessore morale, un documento che contiene spunti, analisi, riflessioni, ed enuncia principi di straordinarie precisione, validità e attualità. Che poi sul terreno arido della vita quotidiana si possa trattare dell’immagine evangelica del “gettare perle ai porci”, è un altro paio di maniche, che non sminuisce la forza, l’intensità e la bellezza del messaggio.

 

 
  Il documento, fra l’altro, definisce i grandi, spesso tragici, movimenti migratori, “quelli forzati e quelli volontari, quelli legali e quelli irregolari”, sotto gli occhi di tutti come “un segno dei tempi”. Puntualizza il fenomeno della “femminizzazione” nelle migrazioni spinte da motivi economici: “Non di rado la donna migrante è fonte principale di reddito per la famiglia”, la presenza femminile si trova prevalentemente nei settori a più bassi salari, è più vulnerabile dell’elemento maschile. Pronuncia un’esplicita condanna del traffico di esseri umani, dello sfruttamento sul lavoro e della schiavizzazione sessuale di troppe donne migranti. E guardando “a tutto questo mondo di sofferenza e di violenza” il Pontefice si sofferma sulla categoria dei richiedenti asilo e dei rifugiati per rilevare, con un rimprovero ai Paesi più ricchi, “come in genere ci si soffermi sul problema costituito dal loro ingresso e non ci si interroghi anche sulle ragioni del loro fuggire dal Paese d’origine”.
 
 Anche a prescindere dalle motivazioni spirituali dei richiami del capo della Chiesa cattolica, non si può sfuggire alla verità, alla valenza civile e umana della realtà sulla quale quei richiami poggiano. Non si riflette abbastanza sulle cifre autentiche dei movimenti migratori odierni su tutto il pianeta: nel 2005, secondo le statistiche della Divisione Demografia dell’ONU, la popolazione di migranti si è aggirata sui 190 milioni di persone, per metà donne. Non sorprende, pertanto, che per questi enormi spostamenti di masse umane l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni di Ginevra proponga una struttura internazionale di regolamentazione simile alla WTO, l’organizzazione mondiale per i commerci.
 
 Allo stato attuale il mondo occidentale, anche quella parte nominalmente cristiana, non brilla certo nella ricerca di soluzioni alla tragedia di milioni di vite umane allo sbando, non si impressiona eccessivamente pensando ai mari e deserti seminati delle ossa dei clandestini e profughi più sfortunati, alle torture fisiche e morali nei centri di detenzione. Gli Stati Uniti, che ospitano oltre dieci milioni di messicani, metà dei quali clandestini, dovrebbero vedere fra non molto, stando a una proposta in discussione al Congresso, l’erezione di un muro più lungo della Grande Muraglia cinese per chiudere il confine col Messico dove muoiono a centinaia ogni anno sotto il fuoco delle guardie di frontiera i disperati in fuga verso il sogno americano. In proporzioni minori, ma sempre drammatiche, neppure la spopolata Australia rinuncia all’intensa “caccia al profugo clandestino”. A parte le indimenticabili vicende di inciviltà quali il famigerato “affare Tampa” o la favola politica dei “bambini gettati a mare da barbari profughi” e l’irrigidimento delle autorità governative nell’amministrazione del programma d’asilo che ne è conseguito, proprio nella giornata del 15 gennaio è venuto alla luce lo scandalo del centinaio di chiedenti asilo con gravi problemi mentali lasciati languire dal Dipartimento d’Immigrazione nei campi di detenzione.
 C’è da restare grati a chi, come in questa occasione il Pontefice romano, richiama a concetti e ideali di amore e solidarietà sempre più irraggiungibili in questo clima sociale ed economico. Ci sarà un eroico manipolo che continuerà a dedicarsi, con mezzi minimi e scarsi risultati, alla causa dei disperati della Terra. Per il resto, anche nel mondo che ancora passa per cristiano, “pietà l’è morta”.
NINO RANDAZZO
 



 
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