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08 giu 2005Tremaglia: "L’attacco di Fini contro l’astensione è inaccettabile. Ha ragione Alemanno" - Il testo dell'intervista al Corriere della Sera

ROMA - "Sorpresa e protesta", così il Ministro degli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia reagisce alle dichiarazioni sull’astensionismo di Gianfranco Fini : "Ha ragione Gianni Alemanno – spiega Tremaglia - di ritenere inaccettabili le dichiarazioni fatte da Gianfranco Fini sul “Corriere della Sera”. Nei confronti degli esponenti politici che hanno scelto l’astensione, il Presidente del Partito – prosegue il Ministro – ha usato termini come “diseducativi” e “deresponsabilizzazione” facendo finta di dimenticare che proprio l’astensione è stata decisa dalla stragrande maggioranza dei gruppi parlamentari di Alleanza Nazionale e del suo Partito. E’ veramente incredibile che sia proprio Fini ad usare questi termini, lui che ha voluto e votato quella legge e lui, proprio lui, che in sede di referendum vorrebbe cambiarla coi suoi tre sì».

 "Ho conosciuto – dice Tremaglia – un segretario del mio Partito che era favorevole al divorzio ma che, di fronte alla stragrande maggioranza del no nel Partito, seppe rispettarne la volontà e non fece dichiarazioni in dissenso. Ma quello era un Partito serio e il segretario si chiamava Giorgio Almirante".

"Mi auguro – conclude il Ministro per gli Italiani nel Mondo – che quello di oggi sia soltanto un passaggio di crisi che deve essere e sarà superata".

Il disaccordo di Mirko Temaglia, del Ministro Alemanno e di molti psrlamentari di Alleanza Nazionale  scaturisce da una intervista che il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini  ha concesso oggi al "Corriere della Sera" in cui, oltre a difendere la sua posizione, denuncia gli attacchi subiti da colleghi che "invece di discutere hanno usato la clava" e chi, per promuovere il si, si è lasciato andare ad affermazioni offensive e strumentali che non hanno risparmiato neppure il Papa, fino ai radicali "che annunciano di voler denunciare i preti che invitano all'astensione".

Questo il testo:
D. Non pensa fosse inevitabile, visto che questo clima si era già respirato in Parlamento durante l'esame della legge sulla procreazione assistita?
R.
È vero, ma in quest'ultimo periodo è stato come se l'Italia fosse tornata al 1948 o al 1974. Bisognava avvicinarsi in punta di piedi a così rilevanti questioni, sapendo di non avere né autorità morale nè scientifica, invece è parsa una delle tante campagne elettorali, col trionfo dell'invettiva, dell'insulto. Il Paese è molto più maturo e saggio, mentre la politica ha perso una buona occasione per dare una lezione di stile, per entrare in sintonia con quella parte della società che vuol capire.


D. Qual è stato il percorso che l'ha portata a cambiare opinione sulle legge 40?
R.
Ho affrontato una questione così complessa con tutta l'onestà intellettuale possibile, chiedendomi se la risposta data con la legge era la più idonea, se non fosse invece opportuno garantire una maggiore sintonia con le norme degli altri Paesi europei, e una maggiore coerenza con altre leggi nazionali. Faccio un primo esempio: in Italia è possibile l'espianto di organi da persone clinicamente morte, per salvare o migliorare la vita di altre persone. La legge 40 invece vieta che la scienza usi cellule staminali degli embrioni prodotti in sovrannumero - e dunque destinati alla distruzione - per tentare di salvare o migliorare altre vite affette da gravi patologie. Un'altra contraddizione: la Commissione nazionale di bioetica, all'unanimità, compresi quindi gli scienziati cattolici, ha espresso parere favorevole all'uso scientifico delle cellule staminali dei feti abortiti. Per cui sulle cellule dei feti abortiti si può dar corso a sperimentazioni, mentre sulle cellule staminali degli embrioni no. Sono domande a cui non riesco a trovare delle risposte logiche. Di qui la mia scelta.


D. I parlamentari di An ricordano però che proprio lei li aveva esortati a votare la legge.
R. L'ho convintamente sostenuta, perché l'alternativa era l'assenza di ogni legge, il far west. Tuttavia, nel corso del dibattito, dissi anche che il provvedimento andava migliorato per evitare i referendum. Non trovai sostenitori. Ricordo che Giuliano Amato mi appoggiò, ma in quel clima di opposte tifoserie non fu possibile trovare un compromesso.Già allora ritenevo che certe parti della legge andassero rimodulate.


D. Il Foglio ha riesumato le sue lettere pubblicate sul Corriere, in cui si schierava a difesa della vita, sottolineando che lei era dunque parte di uno dei due schieramenti.
R.
A parte il fatto che le lettere sono antecedenti al dibattito in Parlamento sulla legge 40, è chiaro che non rinnego ciò che ho scritto. Ma il provvedimento approvato, a mio avviso molto restrittivo, pone un problema di coerenza legislativa con altre leggi dello Stato. A partire dalla legge che regola l'aborto. Il comitato che si oppone al referendum ha coniato lo slogan "sulla vita non si vota". Rispetto questa posizione, però mi chiedo: il principio della sacralità della vita è tutelato integralmente nella nostra legislazione? Come far finta di nulla dinnanzi alla legge 194 e alla possibilità di interrompere la gravidanza in certi casi? Ecco la contraddizione insanabile: se l'embrione è vita, non lo è ancor di più il feto?.


D. Teme che se non passasse il referendum sarebbe a rischio la 194?
R.
Nel fronte astensionista in tanti giurano che quella legge non si tocca. Credo a quanto dicono Buttiglione e Follini, ma se per davvero pensano che la 194 non va toccata, rispondano a questa semplice domanda: com'è possibile che due leggi stiano in così stridente contraddizione tra loro? La 194 consente l'aborto quando la salute fisica e psichica della donna è a grave e provato rischio. La legge 40 vieta invece la diagnosi dell'embrione prima dell'impianto, e così facendo espone la donna a rischio di un successivo aborto, se il feto è affetto da grave malattia genetica. Le donne sono le più convinte su questo punto: non si può chiedere loro di abortire perché una legge vieta attraverso una diagnosi pre-impianto di verificare se il feto è affetto da una grave malattia di tipo genetico. Se la campagna referendaria fosse stata più onesta intellettualmente, il nodo del rapporto tra la legge 40 e la 194 avrebbe dovuto essere il tema dominante. Perché c'è un'evidente contraddizione giuridica, c'è una legislazione schizofrenica. Chi tiene gli occhi chiusi dinnanzi a questa palese contraddizione è in una condizione di scarsa coerenza. Ma c'è una cosa che produce in me fastidio.


D. Quale?
R.
L'opportunismo e la spregiudicatezza di quanti hanno preso posizione quasi unicamente nella speranza di lucrarne un vantaggio politico. È indubbio, almeno ai miei occhi, che il trionfo del tatticismo c'è stato soprattutto tra coloro che invitano all'astensione, nella speranza di ricevere consensi dalle gerarchie cattoliche, per presenti o future manovre politiche più o meno centriste. E dico centriste, non democristiane, perché la Dc aveva ben altra prudenza e ben altra lungimiranza.


D. Si riferisce per caso a Francesco Rutelli?
R.
Io rispetto la posizione del presidente della Margherita. Ma quando un esponente politico che stimo, come il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi, arriva a dire che la dichiarazione astensionista di Rutelli apre prospettive politiche inaudite...Come si può non stigmatizzare le manovre partitiche?.


D. Veramente anche di lei si dice che abbia voluto posizionarsi sul fronte laico.
R.
Nessuno si permetta, non ho partecipato al risiko di Palazzo.

D. Si rendeva almeno conto che le sue scelte avrebbero avuto ripercussioni politiche?
R.
Certo, se per politica si intende porsi il problema di un rapporto tra scienza e morale. Ma qui ormai la politica non c'entra nulla. Sono in atto manovre evidenti e strumentali di tipo partitico, atteggiamenti tattici. È una guerra di posizionamento.

D. A proposito di rapporti con la Chiesa, le sue relazioni con le gerarchie ecclesiali hanno subito dei contraccolpi?
R.
Io ho sempre avuto grande rispetto verso la Chiesa, nè intendo polemizzare con chi - nel nome dei valori in cui crede -cerca di indirizzare le coscienze dei cattolici. Ma nello stesso momento in cui esistono contraddizioni così palesi, o si segue l'insegnamento della Chiesa di vietare l'aborto e la pillola del giorno dopo, oppure si deve intervenire. E noi stiamo parlando della legge di uno Stato laico.


D. Benedetto XVI si è ripetutamente schierato a difesa della vita che nasce, contro chi vuol sopprimerla o manometterla. È stata l'ennesima, chiara allusione contro i referendum.
R.
Il Papa, con linearità e coerenza, svolge il suo ruolo. Ha il diritto-dovere di essere la guida morale dei cattolici, e io che sono cattolico sento il valore del suo insegnamento. Ma ci sarà un motivo se 88, tra scienziati e premi Nobel, dicono che la legge 40 rischia di impedire alla scienza - cui vanno posti dei paletti-di aiutare la qualità della vita? Se tutte le associazioni dei malati invitano il legislatore a entrare in sintonia con la normativa europea? E sia chiaro che difendo il ruolo della Chiesa da quanti, nostalgici di Porta Pia, la accusano di ingerenza nelle questioni della politica. La Chiesa adempie al suo magistero, il cittadino decide in base alla propria coscienza.


D. Considera una truffa l'astensione, e truffaldino chi la sponsorizza?
R.
Non ho dubbi sulla legittimità dell'astensione, opzione cui tanti hanno fatto ricorso in passato per altri referendum. Tuttavia sull'eterologa voterò no perché voglio che la mia motivata decisione non si confonda con l'ignavia di chi non ha opinione, o di chi non vota perché rinuncia a esercitare la cittadinanza attiva. Politicamente l'astensione è segno di debolezza, è finalizzata solo al mancato raggiungimento del quorum. Sarà pur legittima ma a mio avviso è diseducativa, favorisce la deresponsabilizzazione del cittadino, allarga il fossato tra il Palazzo e il Paese. Un conto è la Chiesa, che ha come obiettivo evitare la modifica della legge. Un altro sono i politici: e io mi chiedo come esponenti politici che dovrebbero avere a cuore la partecipazione motivata degli elettori, invitino all'astensione. Naturalmente ne comprendo le ragioni, visto che in qualche modo danno ascolto alla preghiera della Cei.


D. Se vincerà il fronte astensionista, lei verrà annoverato tra i perdenti. Se vincerà il fronte referendario, verrà accusato di aver contribuito alla sua vittoria. Ha calcolato questi rischi?
R.
A parte il fatto che non sono pessimista sul raggiungimento del quorum, stiamo parlando di referendum non di elezioni.

D. Sarà, ma con un documento la maggioranza dei parlamentari di An si è schierata a favore dell'astensione: lo considera un atto di sfiducia verso di lei?
R.
An si è mostrato un partito liberale in questa circostanza, lasciando libertà di coscienza. Sarebbe stato un errore legare la mia posizione personale al mio ruolo. Perciò non considero quel documento un atto di sfiducia. Naturalmente se chi lo ha preparato volesse considerarlo tale, dovrà motivarlo.

D. Pensa che la sua leadership sia minacciata? Che qualcuno miri al ricambio generazionale dentro An?
R.
Per la posizione che ho preso sui referendum, non credo. Poi, se ci sono altre motivazioni, sono pronto a confrontarmi"

 




 
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