Fondato nel 2000 Direttore Responsabile Giuseppe Maria Pisani                  
HomeArgomentiArchivioNewsletter gratuitaChi siamoI nostri serviziContattiSegnala il sito
 
Cerca nel sito
»www.ItaliaEstera.tv
»Paolo Gentiloni é il Ministro degli Esteri italiano
»Emigrazione: Note storiche per non dimenticare - Quanti sono gli italiani all'estero?
»Direzione Generale per gli Italiani all'Estero
»Rappresentanze Diplomatiche - in aggiornamento
»AIRE Anagrafe degli Italiani all'Estero
»Servizi Consolari per gli italiani all'estero
»Autocertificazione
»Patronati italiani all'estero
»Cittadinanza Italiana all'Estero
»Il voto degli italiani all’estero
»COMITES
»CGIE Consiglio Generale degli Italiani all'Estero
»Assessorati Regionali con Delega all'Emigrazione e all'Immigrazione
»IL PASSAPORTO ELETTRONICO
»Viaggi Usa, comunicare i dati in anticipo - Registrazione anche da turisti italiani
»STAMPA ITALIANA ALL'ESTERO: quanta, dove, quanti fondi, chi li prende
»LA CONVENZIONE ITALIA-STATI UNITI PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI FISCALI
»La convenzione Italia-Canada per evitare le doppie imposizioni fiscali
»Ascolta la radio di New York: ICN
RomaneapoliS
www.romaneapolis.tv


Il voto degli Italiani all'Estero

Elezioni Politiche 2008

Elezioni Politiche 2006


Infocity
Messaggero di sant'Antonio
Italiani d'Argentina
  
09 mag 2005Pisanu alla Camera sulla ripartizione dei Seggi

 ROMA - (Italia Estera) - Il Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu ha svolto davanti alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati un’ampia e dettagliata relazione sul decreto volto a ridisegnare i collegi elettorali, tenendo conto dell’ultimo censimento e dell’applicazione della “legge Tremaglia” per il voto degli italiani all’estero.

Questo il testo stenografico della relazione del Ministro Pisanu.

“Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,la materia che dobbiamo affrontare è tecnicamente complessa ed estremamente delicata dal punto di vista politico-istituzionale.

Più precisamente si tratta di esaminare alcuni problemi derivanti dall'intreccio tra la revisione dei collegi elettorali in seguito al censimento del 2001 e l'istituzione della circoscrizione estero per le elezioni politiche.

La revisione dei collegi elettorali é un argomento fondamentale per il corretto funzionamento del sistema democratico e bisogna, dunque, farne oggetto di un aperto confronto parlamentare, alla ricerca delle soluzioni migliori.

In questo spirito cercherò di dare il mio contributo al lavoro che la Commissione ha avviato ascoltando il prof. Biggeri, Presidente dell'ISTAT e della Commissione per la verifica e la revisione dei collegi elettorali.

Consideriamo, innanzitutto, gli elementi essenziali del quadro normativo che disciplina la materia.

Come è noto, gli articoli 56 e 57 della Costituzione fissano il numero complessivo dei deputati e dei senatori elettivi, rispettivamente, in 630 e 315.

Sono invece le leggi elettorali di entrambe le Camere a stabilire che tre quarti dei seggi (il 75%) siano attribuiti con metodo maggioritario semplice in altrettanti collegi uninominali. Occorre, dunque, sottolineare che le norme in questione non determinano in cifra assoluta il numero dei collegi uninominali sull'intero territorio nazionale.

Questo numero, invece, viene calcolato per ogni singola regione, nel caso del Senato; e per ogni circoscrizione elettorale nel caso della Camera. Esso corrisponde ai tre quarti del totale dei seggi assegnati alla singola regione o circoscrizione (per inciso ricordo che i criteri di arrotondamento nell'eseguire questo calcolo sono diversi per le due Camere). Naturalmente, i totali regionali o circoscrizionali variano col variare della popolazione legale, cioè quella ufficialmente risultante dall'ultimo censimento generale.

Dunque, per esser ancora più chiari, la sequenza delle operazioni è questa: 1) determinazione dell'insieme dei seggi spettanti a ciascuna regione o circoscrizione elettorale in base alla sua popolazione; 2) calcolo, per ciascuna regione o circoscrizione, dei tre quarti dei seggi da attribuire in altrettanti collegi uninominali; 3) calcolo del restante quarto da attribuire con la quota proporzionale.

Fatte queste operazioni, il totale nazionale dei collegi uninominali si ottiene sommando il numero di quelli calcolati per ciascuna regione o circoscrizione; nello stesso modo si ricava il numero dei seggi da attribuire col sistema proporzionale.

Così, i collegi uninominali individuati nel 1993 sulla base del censimento 1991, assommavano in tutto a 475 su 630 seggi per le elezioni della Camera e a 232 su 315 seggi elettivi per il Senato. Con questa configurazione dei seggi e dei collegi si è votato nelle tre elezioni parlamentari del 1994, del 1996 e del 2001.

Successivamente, sono intervenuti due fatti nuovi: i risultati del censimento del 2001 (ufficializzati con il Dpcm 4 aprile 2003) e l'approvazione della legge Tremaglia (n. 459 del 2001) che ha dato piena attuazione alla legge costituzionale 23 gennaio 2001, n.1. Quest'ultima, come è noto, aveva riservato 12 dei 630 deputati e 6 dei 315 senatori alla speciale rappresentanza degli italiani all'estero..

A seguito di tale modifica, il testo dell'art. 56 della Costituzione prevede che, per la Camera, "la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta, dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione". In modo sostanzialmente analogo opera il nuovo testo dell'art. 57, relativo al Senato (i seggi da distribuire "in proporzione alla popolazione delle regioni" sono divenuti, in questo caso, trecentonove).

Occorre notare che qui la Costituzione si limita a suddividere i seggi tra circoscrizione estero e territorio nazionale, non intervenendo in alcun modo sulle modalità di trasformazione dei voti in seggi, vale a dire sul sistema elettorale, e dunque non intervenendo neppure sulla ripartizione dei seggi stessi tra collegi uninominali e quota proporzionale. Queste materie evidentemente rimangono nella totale disponibilità del legislatore ordinario. In altri termini, la novella costituzionale si limita a stabilire un numero fisso di seggi da assegnare alla circoscrizione estero (rispettivamente 12 per la Camera e 6 per il Senato).

Pertanto, in base alla Costituzione, bisogna procedere prima alla suddivisione dei 618 seggi della Camera e dei 309 seggi del Senato tra le varie circoscrizioni o regioni e poi, in ciascuna di esse, alla determinazione del numero dei collegi uninominali e del numero dei seggi proporzionali.

E' intervenuta, poi la legge Tremaglia sul voto degli italiani all'estero che, con l'articolo 22 ha posto un rilevante problema interpretativo. Questa norma, infatti, prevede che "al fine di individuare nelle circoscrizioni della Camera dei deputati i seggi da attribuire alla Circoscrizione estero, si applica l'articolo 56, quarto comma della Costituzione, fermi restando i collegi uninominali di ciascuna circoscrizione già definiti in applicazione della legge elettorale vigente" (così il comma 1; il comma 2, analogo, si riferisce, invece, ai collegi senatoriali delle regioni).

Quest'ultimo inciso si presta a varie interpretazioni, ognuna delle quali esplica effetti diversi sulla ripartizione tra quota maggioritaria e quota proporzionale dei seggi spettanti ad ogni circoscrizione o regione.

Si tratta, innanzitutto, di vedere se il legislatore abbia inteso questa come una norma "a regime", ovvero come una norma transitoria e, dunque, se con essa abbia o no stabilito, una volta per tutte, che i seggi della circoscrizione estero siano tratti da quelli attribuiti in ragione proporzionale; e infine, se ciò debba avvenire alterando o non alterando il riparto 3/4 - 1/4 tra quota maggioritaria e quota proporzionale.

Secondo una prima interpretazione, con questa norma si sarebbero resi permanenti sia il numero che la configurazione territoriale dei collegi uninominali del 1993. Non si darebbe più luogo, di conseguenza, ad alcuna revisione dei collegi. Ma ciò significherebbe, a ben vedere, l'abrogazione implicita dei due articoli 7 delle leggi elettorali di Camera e Senato nella parte in cui entrambi disciplinano la revisione stessa, prevedendo una apposita Commissione, appunto quella presieduta dal prof. Biggeri, che sarebbe pertanto priva di legittimazione.

Stando a questa lettura, il numero dei seggi proporzionali si ricaverebbe dalla differenza tra i seggi complessivamente assegnati a ciascuna circoscrizione o regione in base all'ultimo censimento e i preesistenti collegi uninominali, "congelati" per effetto della norma. E' evidente che, così facendo, il rapporto di tre quarti/un quarto tra quota maggioritaria e quota proporzionale stabilito dalle leggi elettorali del 1993 può essere sensibilmente alterato nella singola circoscrizione o regione e, di conseguenza, nell'intero territorio nazionale. Più precisamente, con riferimento alla Camera, osserviamo che dovendo ora ripartire tra le circoscrizioni non più 630 ma 618 deputati e rimanendo inalterati i 475 collegi uninominali, ne consegue che la sommatoria nazionale dei seggi proporzionali (per facilità di discorso possiamo chiamarli, impropriamente, "quota proporzionale nazionale") risulta complessivamente ridotta a 143 seggi (rispetto ai precedenti 155) perché è diventata la sola fonte di provenienza dei seggi destinati alla "Circoscrizione estero".

I difetti di questa interpretazione sono evidenti: se una circoscrizione o regione perdesse più di un quarto della sua popolazione residente, avrebbe addirittura un numero di seggi complessivi inferiore ai collegi uninominali "congelati" e nessun seggio da attribuire col sistema proporzionale. E, in ogni caso, non si potrebbero adeguare i singoli collegi uninominali alle variazioni di popolazione superiori allo scarto del dieci per cento dalla media circoscrizionale, ciò che pregiudicherebbe l'uguaglianza del voto sancita dalla Costituzione all'articolo 48.

La seconda interpretazione (quella proposta a questa Commissione dal prof. Biggeri), sottolinea che l'inciso "fermi restando i collegi uninominali di ciascuna circoscrizione già definiti in applicazione della legge elettorale vigente", non dispone affatto il "congelamento" dei collegi del 1993, ma dice che va semplicemente applicata la legge elettorale in vigore per la determinazione dei collegi uninominali, spettanti a ciascuna circoscrizione o regione, senza far pesare i seggi della circoscrizione estero sul numero dei collegi uninominali.

In base a questa lettura le operazioni da compiere sarebbero le seguenti (per esemplificare con maggiore chiarezza mi riferisco ancora una volta alla Camera): a) calcolare, in base alla Costituzione, quanti dei 618 seggi riservati al territorio nazionale sono assegnati ad ogni circoscrizione in base alla popolazione censita nel 2001; b) calcolare per ciascuna circoscrizione il numero di seggi uninominali prendendo come base la cifra di 630 e i dati del censimento del 2001; c) ricavare il numero dei seggi proporzionali spettanti a ciascuna circoscrizione sottraendo dal totale dei seggi attribuiti secondo il punto a) i seggi uninominali calcolati come indicato alla lettera b).

In altri termini, così facendo si ottiene quanto segue: col primo calcolo, (punto a) si determinano gli effetti della ripartizione interno-estero; col secondo (punto b) si determinano i seggi uninominali aggiornati all'ultimo censimento; col terzo (punto c) si determinano, di conseguenza, i seggi proporzionali.

Questa interpretazione, e la conseguente procedura applicativa dell'articolo 22 della legge Tremaglia, mirano a far sì che i seggi per l'estero vengano, come nella prima interpretazione, ricavati dalla quota proporzionale ma siano calcolati sull'ultimo censimento e in una misura più rispettosa del rapporto 3/4 -1/4 a livello nazionale.

Neanche questa lettura tuttavia, si sottrae ad una obiezione: quella del possibile azzeramento della quota proporzionale, come in effetti avverrebbe per il Molise (vedasi la tabella presentata dal prof. Biggeri).

La terza interpretazione, infine, considera l'articolo 22 come una norma transitoria, che "congela" i collegi esistenti solo fino alla loro revisione in base all'articolo 56 della Costituzione.

Si tratterebbe quindi di una procedura utilizzabile "in sede di prima applicazione" (secondo l'art. 3 della legge costituzionale 1/2001) fino alla realizzazione, con la procedura ordinaria, della nuova mappa territoriale sulla base di 618 seggi, cioè ponendo fuori dal riparto tra "quota maggioritaria" e "quota proporzionale" i 12 seggi della circoscrizione estero. Questa terza interpretazione, insomma, sarebbe simile nel meccanismo a quella illustrata per prima, ma ne differirebbe, appunto, per il carattere transitorio.

Vi sono, anche qui, alcuni rilievi da fare. Innanzitutto, si può osservare che il tenore letterale dell'articolo 22 non offre nessun appiglio che consenta di leggerlo come norma transitoria, di prima applicazione. In secondo luogo bisogna osservare che anche in questo modo non si risolverebbe il problema del Molise, al quale spetterebbero in tutto tre seggi (invece dei quattro attuali) e che, avendo ora tre collegi uninominali, perderebbe la rappresentanza proporzionale. Infine vi sarebbe, come nel prima caso, il problema degli scostamenti di popolazione superiori al 10% rispetto alla consistenza media dei collegi della circoscrizione. Tali scostamenti potrebbero essere, in taluni casi, anche molto rilevanti e determinare, come ho già detto, evidenti violazioni dell'articolo 48 della Costituzione.

Faccio presente che a questa chiave transitoria si ispira, in sostanza, il decreto-legge emanato dal Governo nei giorni scorsi per evitare l'ipotesi che il permanere del dubbio interpretativo di cui vi ho appena detto impedisse un eventuale voto anticipato. Come sapete il provvedimento, ora al vostro esame, è stato adottato con il consenso di tutti i gruppi politici.

In relazione ai contenuti del decreto, vorrei qui limitarmi a sottolineare che il testo, se da una parte risolve il problema del Molise, dall'altra non considera invece la questione degli scostamenti anomali, difficile da risolvere con un simile provvedimento d'urgenza, vera e propria norma eccezionale varata esclusivamente per fronteggiare una situazione di emergenza che si sarebbe potuta verificare nel giro di pochi giorni.

Va da se che, proprio per queste ragioni, il decreto - legge non può essere emendato se non col consenso di tutti gruppi parlamentari e politici che lo hanno avallato.

Concludo questa breve digressione sottolineando che la soluzione adottata per il Molise, certamente, diciamo così, "pragmatica", ha comunque cercato di tener conto delle esigenze legate al funzionamento complessivo del sistema (l'obbligo di collegamento delle candidature uninominali a una o più liste presenti nella circoscrizione proporzionale; lo "scorporo" parziale dei voti degli eletti nei collegi; la consegna della doppia scheda; il concorso del voto molisano al raggiungimento della soglia nazionale del 4% dei voti validi necessari per l'ammissione delle liste al riparto proporzionale dei seggi).

La soluzione della crisi di governo consente ora di riprendere il lavoro in maniera più distesa. I tempi a disposizione impongono comunque una scadenza il più possibile ravvicinata per la conclusione del procedimento di revisione dei collegi.

A questo proposito, e con riferimento agli scostamenti anomali, segnalo che, come è facile verificare sulla base dei dati dell'ISTAT, in alcuni casi lo scarto dalla consistenza demografica media circoscrizionale arriva al 36% in eccesso e al 26% in difetto, con una disparità tra collegio e collegio che sfiora il rapporto di uno a due, mettendo in crisi il principio del voto "uguale" stabilito dall'art. 48 della Costituzione.

Per fortuna, il numero di questi collegi è piuttosto limitato: per esempio, quelli che si discostano dalla media più del 20% sono 21 alla Camera e 4 al Senato. Sono invece 36 alla Camera e 15 al Senato i collegi con scostamenti superiori al 15%. Come è noto, lo scostamento massimo oggi consentito dalla legge elettorale è del 10%.

In questa situazione e per facilitare le cose, si potrebbe aumentare il margine di scostamento consentito (per esempio fino al 15%) e chiedere alla Commissione Biggeri di ridisegnare i collegi anomali. La Commissione dovrebbe concludere il proprio lavoro entro un mese e rassegnare ai Presidenti delle Camere le conseguenti proposte, che verrebbero poi recepite con atto legislativo. Non penso, per essere chiari, ad una delega al governo ma ad una proposta di legge parlamentare il più possibile condivisa dai gruppi.

Naturalmente, sistemate così in via transitoria le posizioni anomale e rese comunque possibili regolari elezioni, la Commissione Biggeri potrebbe procedere con i suoi lavori fino alla completa revisione di tutti i collegi. Resta pur sempre da risolvere il dubbio interpretativo sul funzionamento a regime dell'art. 22 della Legge Tremaglia.

Spetta al Parlamento e, in particolare, a questa Commissione ormai al lavoro sul tema, il compito di individuare le norme più adeguate per risolvere i problemi in questione.

Il Governo e il Ministro dell'Interno sono ovviamente a disposizione per fornire i chiarimenti e gli apporti tecnici che riterrete necessari.

Concludendo, sento il dovere di richiamare la lettera dello scorso 22 aprile indirizzata dal Capo dello Stato al Presidente del Consiglio e trasmessa ai Presidenti delle Camere, laddove viene sottolineata con forza l'esigenza di garantire il corretto "funzionamento del principale meccanismo costituzionale della democrazia rappresentativa".




 
Opzioni


Stampa  Stampa

Invia ad un Amico  Invia ad un Amico


Copyright © Italia Estera 2001- 2014. Tutti i diritti riservati