Fondato nel 2000 Direttore Responsabile Giuseppe Maria Pisani                  
HomeArgomentiArchivioNewsletter gratuitaChi siamoI nostri serviziContattiSegnala il sito
 
Cerca nel sito
»www.ItaliaEstera.tv
»Paolo Gentiloni é il Ministro degli Esteri italiano
»Emigrazione: Note storiche per non dimenticare - Quanti sono gli italiani all'estero?
»Direzione Generale per gli Italiani all'Estero
»Rappresentanze Diplomatiche - in aggiornamento
»AIRE Anagrafe degli Italiani all'Estero
»Servizi Consolari per gli italiani all'estero
»Autocertificazione
»Patronati italiani all'estero
»Cittadinanza Italiana all'Estero
»Il voto degli italiani all’estero
»COMITES
»CGIE Consiglio Generale degli Italiani all'Estero
»Assessorati Regionali con Delega all'Emigrazione e all'Immigrazione
»IL PASSAPORTO ELETTRONICO
»Viaggi Usa, comunicare i dati in anticipo - Registrazione anche da turisti italiani
»STAMPA ITALIANA ALL'ESTERO: quanta, dove, quanti fondi, chi li prende
»LA CONVENZIONE ITALIA-STATI UNITI PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI FISCALI
»La convenzione Italia-Canada per evitare le doppie imposizioni fiscali
»Ascolta la radio di New York: ICN
RomaneapoliS
www.romaneapolis.tv


Il voto degli Italiani all'Estero

Elezioni Politiche 2008

Elezioni Politiche 2006


Infocity
Messaggero di sant'Antonio
Italiani d'Argentina
  
25 apr 2005il testo integrale dell'omelia di Benedetto XVI.

CITTA' DEL VATICANO  -  Questo il testo integrale dell'omelia di Benedetto XVI. 
   ''Signori Cardinali, venerati Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, distinte Autorita' e Membri del Corpo diplomatico, carissimi Fratelli e Sorelle! Per ben tre volte, in questi giorni cosi' intensi, il canto delle litanie dei santi ci ha accompagnato: durante i funerali del nostro Santo Padre Giovanni Paolo II; in occasione dell'ingresso dei Cardinali in Conclave, ed anche oggi, quando le abbiamo nuovamente cantate con l'invocazione: Tu illum adiuva - sostieni il nuovo successore di San Pietro. Ogni volta in un modo del tutto particolare ho sentito questo canto orante come una grande consolazione. Quanto ci siamo sentiti abbandonati dopo la dipartita di Giovanni Paolo II!
Il Papa che per ben 26 anni e' stato nostro pastore e guida nel cammino attraverso questo tempo. Egli varcava la soglia verso l'altra vita - entrando nel mistero di Dio. Ma non compiva questo passo da solo. Chi crede, non e' mai solo - non lo e' nella vita e neanche nella morte. In quel momento noi abbiamo potuto invocare i santi di tutti i secoli - i suoi amici, i suoi fratelli nella fede, sapendo che sarebbero stati il corteo vivente che lo avrebbe accompagnato nell'aldila', fino alla gloria di Dio. Noi sapevamo che il suo arrivo era atteso. Ora sappiamo che egli e' fra i suoi ed e' veramente a casa sua. Di nuovo, siamo stati consolati compiendo il solenne ingresso in conclave, per eleggere colui che il Signore aveva scelto. Come potevamo riconoscere il suo nome? Come potevano 115 Vescovi,
provenienti da tutte le culture ed i paesi, trovare colui al quale il Signore desiderava conferire la missione di legare e sciogliere? Ancora una volta, noi lo sapevamo: sapevamo che non siamo soli, che siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l'intera
schiera dei santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo cioò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano.
Infatti alla comunita' dei santi non appartengono solo le grandi figure che ci hanno preceduto e di cui conosciamo i nomi''.  
 ''Noi tutti siamo la comunita' dei santi, noi battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, noi che viviamo del dono della carne e del sangue di Cristo, per mezzo
del quale egli ci vuole trasformare e renderci simili a se medesimo. Si', la Chiesa e' viva - questa e' la meravigliosa esperienza di questi giorni. Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa questo si e' manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa e' viva. E la Chiesa
e' giovane. Essa porta in se' il futuro del mondo e percio' mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro. La Chiesa e' viva e noi lo vediamo: noi sperimentiamo la gioia che il Risorto ha promesso ai suoi. La Chiesa e' viva - essa e' viva, perche' Cristo e' vivo, perche' egli e' veramente risorto. Nel
dolore, presente sul volto del Santo Padre nei giorni di Pasqua, abbiamo contemplato il mistero della passione di Cristo ed insieme toccato le sue ferite. Ma in tutti questi giorni abbiamo anche potuto, in un senso profondo, toccare il Risorto. Ci e' stato dato di sperimentare la gioia che egli ha promesso, dopo un breve tempo di oscurita', come frutto della sua resurrezione.La Chiesa e' viva - cosi' saluto con grande gioia e gratitudine voi tutti, che siete qui radunati, venerati Confratelli Cardinali e Vescovi, carissimi sacerdoti, diaconi, operatori pastorali, catechisti. Saluto voi, religiosi e religiose, testimoni della trasfigurante presenza di Dio. Saluto voi, fedeli laici, immersi nel grande spazio della costruzione del Regno di Dio che si espande nel mondo, in ogni espressione della vita''.
   ''Il discorso si fa pieno di affetto anche nel saluto che rivolgo a tutti coloro che, rinati nel sacramento del Battesimo, non sono ancora in piena comunione con noi; ed a voi fratelli del popolo ebraico, cui siamo legati da un grande patrimonio spirituale comune, che affonda le sue radici nelle irrevocabili promesse di Dio. Il mio pensiero, infine - quasi come un'onda che si espande - va a tutti gli uomini del nostro tempo, credenti e non credenti''.
   ''Cari amici! In questo momento non ho bisogno di presentare un programma di governo. Qualche tratto di cio' che io considero mio compito, ho gia' potuto esporlo nel mio messaggio di mercoledi' 20 aprile; non mancheranno altre occasioni per farlo. Il mio vero programma di governo e' quello di non fare la mia volonta', di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volonta' del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicche' sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia. Invece di esporre un programma io vorrei semplicemente cercare di commentare i due segni con cui viene rappresentata liturgicamente l'assunzione del Ministero Petrino; entrambi questi segni, del resto, rispecchiano anche esattamente cio' che viene proclamato nelle letture di oggi''. ''Il primo segno e' il Pallio, tessuto in pura lana, che mi viene posto sulle spalle. Questo antichissimo segno, che i Vescovi di Roma portano fin dal IV secolo, puo' essere considerato come un'immagine del giogo di Cristo, che il Vescovo di questa citta', il Servo dei Servi di Dio, prende sulle sue spalle. Il giogo di Dio e' la volonta' di Dio, che noi accogliamo. 
   ''E questa volonta' non e' per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la liberta'. Conoscere cio' che Dio vuole, conoscere qual e' la via della vita - questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa e' anche la nostra gioia: la volonta' di Dio non ci aliena, ci purifica, magari in modo anche doloroso,  e cosi' ci conduce a noi stessi. In tal modo, non serviamo soltanto Lui ma la salvezza di tutto il mondo, di tutta la storia. In realta' il simbolismo del Pallio e' ancora piu' concreto: la lana d'agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita. La parabola della pecorella smarrita, che il pastore cerca nel deserto, era per i Padri della Chiesa un'immagine del mistero di Cristo e della Chiesa. L'umanita' - noi tutti - e' la pecora smarrita che, nel deserto, non trova piu' la strada.
Il Figlio di Dio non tollera questo; Egli non puo' abbandonare l'umanita' in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanita', porta noi stessi . Egli e' il buon pastore, che offre la sua vita per le pecore. Il Pallio dice innanzitutto che tutti noi siamo portati da Cristo. Ma allo stesso tempo ci invita a portarci l'un l'altro. Cosi' il Pallio diventa il simbolo della missione del pastore, di cui parlano la seconda lettura ed il Vangelo. La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non e' indifferente che tante persone vivano nel deserto. E vi sono tante forme di deserto. Vi e' il deserto della poverta', il deserto della fame e della sete, vi e' il deserto dell'abbandono, della solitudine, dell'amore distrutto. Vi e' il deserto dell'oscurita' di Dio, dello svuotamento delle anime senza piu' coscienza della dignita' e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perche' i deserti interiori sono diventati cosi' ampi. Percio' i tesori della terra non sono piu' al servizio dell'edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione. La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l'amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza. Il simbolo dell'agnello ha ancora un altro aspetto. Nell'Antico Oriente era usanza che i re designassero se stessi come pastori del loro popolo. Questa era un'immagine del loro potere, un'immagine cinica: i popoli erano per loro come pecore, delle quali il pastore poteva disporre a suo piacimento. Mentre il pastore di tutti gli uomini, il Dio vivente, e' divenuto lui stesso agnello, si e' messo dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi. Proprio cosi' Egli si rivela come il vero pastore: 'Io sono il buon pastore... Io offro la mia vita per le pecore', dice Gesu' di se
stesso (Gv 10, 14s). Non e' il potere che redime, ma l'amore! Questo e' il segno di Dio: Egli stesso e' amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse piu' forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano cosi', giustificano la distruzione di cio' che si opporrebbe al
progresso e alla liberazione dell'umanita'. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che e' divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo e' redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall'impazienza degli uomini''.
   ''Una delle caratteristiche fondamentali del pastore deve essere quella di amare gli uomini che gli sono stati affidati, cosi' come ama Cristo, al cui servizio si trova. 'Pasci le mie pecore', dice Cristo a Pietro, ed a me, in questo momento. Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verita' di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel Santissimo Sacramento. Cari amici - in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perche' io impari sempre piu' ad amare il Signore. Pregate per me, perche' io impari ad amare sempre piu' il suo gregge - voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perche' io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perche' il Signore ci porti e noi impariamo a portarci
gli uni gli altri''. ''Il secondo segno, con cui viene rappresentato nella liturgia odierna l'insediamento nel Ministero Petrino, e' la consegna dell'anello del pescatore. La chiamata di Pietro ad essere pastore, che abbiamo udito nel Vangelo, fa seguito alla narrazione di una pesca abbondante: dopo una notte, nella quale avevano gettato le reti senza successo, i discepoli vedono sulla riva il Signore Risorto. Egli comanda loro di tornare a pescare ancora una volta ed ecco che la rete diviene cosi' piena che essi non riescono a tirarla su; 153 grossi pesci: 'E sebbene fossero cosi' tanti, la rete non si strappo'' (Gv 21, 11). Questo racconto, al termine del cammino terreno di Gesu' con i suoi discepoli, corrisponde ad un racconto dell'inizio: anche allora i discepoli non avevano pescato nulla durante tutta la notte; anche allora Gesu' aveva invitato Simone ad andare al largo ancora una volta. E Simone, che ancora non era chiamato Pietro, diede la mirabile risposta: Maestro, sulla tua parola gettero' le reti! Ed ecco il conferimento della missione: 'Non temere! D'ora in poi sarai pescatore di uomini' (Lc 5, 1-11)''.



 
Opzioni


Stampa  Stampa

Invia ad un Amico  Invia ad un Amico


Copyright © Italia Estera 2001- 2014. Tutti i diritti riservati