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31 lug 2002Un articolo di Gianni Pittella: Un patto tra Nord e Sud del mondo, il ruolo dei

- ROMA - Le cifre relative allo sviluppo del pianeta negli ultimi tempi parlano chiaro: cresce la disuguaglianza non solo tra le nazioni, ma anche tra i popoli del mondo. Nel 1980 il reddito pro capite dei paesi più ricchi superava di 70 volte quello dei paesi più poveri. Oggi lo supera si 120. Inoltre la distribuzione della ricchezza continua decisamente a spostarsi dal Sud al Nord, anzicché al contrario, come promesso dalle teorie liberiste. Il mercato si dimostra dunque incapace di produrre equità e benessere per tutti e incapace, altresì, di generare effetti redistributivi nel senso della perequazione. Appare sempre più chiaro che un’economia di mercato richiede un forte ruolo della politica, una governance sovranazionale e globale, regole di trasparenza e di funzionamento dei mercati stessi, norme per la protezione dell’ambiente. Questo oggi avviene solo in parte. In questa cornice il dilagare di sentimenti nazionalistici, individualistici, autoprotettivi, sovente xenofobi e razzisti e, talvolta reazionari, è anche il risultato di un’azione insufficiente della politica globale. Al partito di Davos non si può rispondere col partito di Porto Alegre. Occorre trasformare il dissenso espresso a porto Alegre in piattaforma politica propositiva e allargare l’area del riformismo che punta a governare la globalizzazione, avvicinando e promuovendo i diritti di cittadinanza. Occorre che i socialisti riscoprano, su tale terreno, il senso della loro missione del mondo. Un grande patto tra lavoratori di Nord e Sud del mondo fondato sulla garanzia dei diritti e sull’impiego di investimenti, all’apertura dei mercati, alla diffusione delle nuove tecnologie, allo sviluppo sostenibile, all’istruzione, alla formazione lungo l’arco della vita, alla ricerca. Su questo dobbiamo e possiamo lavorare, come Internazionale Socialista, come partito del Socialismo europeo. Lo stiamo già facendo come Democratici di Sinistra in Italia e nel mondo. Le nostre articolazioni all’estero scelgono, da tempo, questo terreno come elettivo di sfida politica e culturale. Si, perché la Comunità degli italiani nel mondo, insieme a tutti i migranti, rappresenta la trincea più esposta al vento della globalizzazione e il termometro più sensibile della capacità di svolgere il suo ruolo di riduzione dei rischi e di valorizzazione delle opportunità della mondializzazione. Ciò che ho in mente è un patto per un decalogo: la pace prima di ogni altra cosa; la tolleranza, il rispetto degli altri, l’accoglienza, la lotta alla discriminazione e alla povertà; la trasformazione del divario digitale in opportunità innovatrice a livello internazionale; trasformazione dello sviluppo sostenibile in occasione di crescita; un nuovo approccio alle politiche di sviluppo che coniughi nuove occasioni di scambio, l’attrazione degli investimenti esteri, il sostegno all’imprenditorialità; una migliore regolamentazione, supervisione e responsabilità dei mercati finanziari internazionali; investimento nelle persone; la sanità e la sicurezza sociale come investimento basilare; la creazione di una rete di sicurezza per la protezione sociale; una lotta decisa al traffico di stupefacenti e riciclaggio del denaro sporco. Un patto, questo, che può trovare nei socialisti un momento di riflessione e di lancio e, nei milioni di migranti nel mondo, un protagonista straordinario.



 
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