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04 ott 2006CGIE/ Assemblea Plenaria, l'intervento del Segretario Generale on.Franco Narducci

ROMA, 4 OTT. (Italia Estera) - Il testo della relazione  del Segretario Generale on.Franco Narducci all'Assemblea Plenaria del CGIE –

Signor Vice Ministro, Onorevoli parlamentari,
Signori rappresentanti delle Regioni e del sistema delle Autonomie, Signori rappresentanti delle amministrazioni competenti, cari colleghi del CGIE, Signore e Signori,

Dopo una interruzione di quasi un anno – causata dalla ben nota sentenza del TAR del Lazio - torna oggi a riunirsi l’assemblea Plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Ho voluto richiamare questo dato in apertura del mio intervento per due ragioni precise: in primis per ringraziare il Ministro D’Alema, il Vice Ministro Danieli e l’Ambasciatore Benedetti per l’attenzione data alle nostre sollecitazioni, attenzione che ha consentito di ripristinare le condizioni di operatività del CGIE, e in secondo luogo per esprimere la riprovazione di moltissimi consiglieri sulla vicenda di questa pausa forzata. Noi riteniamo che non si possa congelare per quasi un anno il massimo organismo di rappresentanza delle comunità italiane all’estero, eletto democraticamente per dare a voce agli interessi dei connazionali residenti in 36 nazioni del nostro pianeta, in aderenza ai principi affermati dagli articoli 3 e 35 della Costituzione italiana. Lo vogliamo affermare certamente non per spirito di polemica, ma per rimarcare un sacrosanto diritto che non può essere scalfito dalle aspirazioni delle organizzazioni, degli Enti e delle forze politiche che concorrono ad operare nel CGIE nel numero dei consiglieri nominati con decreto del Governo. Siamo certi che l’applicazione dei due criteri indicati nella sentenza del TAR - informazione estesa a tutti i potenziali interessati e rispetto dei criteri di scelta indicati dalla Legge istitutiva del CGIE - abbiano messo il Consiglio al riparo da eventuali ulteriori rischi di bloccaggio.

Ci eravamo lasciati un anno fa con una forte carica di entusiasmo, grazie al buon andamento e agli esiti confortanti della Conferenza Stato-Regioni-Province autonome-CGIE. Per la prima volta, infatti, avevamo registrato una sostanziale convergenza dei tre attori della Conferenza sulle linee programmatiche dell’attività del Governo, del Parlamento e delle autonomie locali verso gli italiani residenti all’estero, line programmatiche che avrebbero dato l’indirizzo operativo all’attività del CGIE stesso, per la “valorizzazione dell’identità italiana nel mondo, in un contesto internazionale attraversato da grandi trasformazioni e per valorizzare in modo organico il patrimonio umanistico della cultura nazionale e le sue acquisizioni scientifiche e tecnologiche più recenti”.

Siamo tutti convinti che si debba ripartire da quelle risultanze per realizzare le convergenze programmatiche e organizzative tra Stato e Autonomie locali per far fronte alle sfide della globalizzazione e per la costruzione di un sistema Paese in grado di collocarsi stabilmente nella competizione economica e imprenditoriale internazionale. Un sistema che ha un grande punto di forza nelle comunità italiane sparse nel mondo e che richiama l’esigenza di un forte coordinamento a 360 gradi tra i vari protagonisti istituzionali che concorrono a determinare gli strumenti legislativi e attuativi. Il CGIE vuole dare il proprio contributo per la realizzazione di tali obiettivi, offrendo una possibilità di raccordo sistemico tra le Istituzioni italiane - nelle quali per la prima volta operano 18 parlamentari eletti dagli italiani residenti all’estero - le rappresentanze di base delle comunità italiane all’estero, il tessuto associativo e i nuovi soggetti apparentati con l’Italia o attratti dal nostro patrimonio culturale.

Coerentemente con la terza determinazione assunta dalla seconda plenaria nello scorso mese di novembre, la seconda parte della giornata odierna sarà dedicata alla Conferenza permanente Stato-Regioni-Province autonome CGIE e sarà l’occasione per ripartire e avviare la fase realizzativi delle altre determinazioni approvate.
L’ordine del giorno dell’Assemblea prende del resto in esame molte questioni di rilievo sulle quali non intendo addentrarmi per non sottrarre tempo ai lavori complessivi ed evitare ripetitività inutili.

La rappresentanza parlamentare eletta all’estero

Mi sia consentito, tuttavia, di dedicare qualche minuto al fatto straordinario rappresentato dalla presenza dei 18 parlamentari eletti nelle ripartizioni elettorali estero, tra i quali è numerosa la presenza di Consiglieri del CGIE. Parlamentari messi subito sotto osservazione, perché al Senato hanno concorso a determinare la maggioranza che rende possibile l’azione del Governo Prodi e dell’Unione.

Io credo che al di la di questa condizione sicuramente importantissima, non vi sia stata ancora una riflessione approfondita sul significato della nostra presenza nel Parlamento, per esempio sotto il profilo politico e sulla portata che tale presenza comporta, e sicuramente non pari all’effetto suscitato nelle nazioni in cui siamo stati eletti. Siamo stati immediatamente assorbiti dalle priorità dettate dall’azione del Governo, ma non abbiamo trascurato di affermare continuamente la forza propulsiva delle comunità italiane e la portata di un patrimonio che supera di gran lunga la dimensione elettorale.
L’esercizio del voto politico all’estero ha posto fine alla lunga battaglia condotta i Parlamento, dagli organismi di rappresentanza e dall’associazionismo italiano. Nonostante le polemiche scatenate all’indomani dell’operazione elettorale, resta un fatto importantissimo: centinaia di migliaia di persone si sono mobilitate in ogni parte del mondo, non solo in termini di partecipazione al voto, ma in dibattiti, conferenze, occupazione di spazi mediatici, suscitando dapprima curiosità e poi grande interesse nelle società locali, facendo parlare di questo strano Paese che in un colpo solo è apparso come il più innovativo in materia di esercizio dei diritti politici.
Molto dipende ora dagli eletti e dalla capacità che sapranno trasmettere per rendere vivo e produttivo il patrimonio italiano nel mondo.


Le comunità italiane nel mondo

Siamo in una fase di grandi e radicali cambiamenti e la globalizzazione non ha modificato soltanto realtà economiche e industriali che parevano inattaccabili, ma ha inciso notevolmente anche sui sistemi di tutela del cittadino. Sulla frontiera dei nuovi processi di innovazione tecnologica e di riorganizzazione economica e sociale che interessano milioni di persone, incontriamo i nuovi migranti che partono dall’Italia, immersi nei processi d’internazionalizzazione: giovani in mobilità alla ricerca di uno sbocco professionale, studenti a vario titolo, studiosi e ricercatori che danno consistenza ad un’emigrazione di alto livello, in costante aumento soprattutto in determinati Paesi, ma anche i protagonisti delle Business Community italiane.

Le dinamiche complesse di tali processi e le spinte generate dalla ricerca di competitività sollecitano più che in passato l’intera rete di presenza organizzata delle comunità italiane all’estero, in particolare per le opportunità che offrono in termini di sviluppo a livello locale e in un’ottica transnazionale, ma anche per le risposte che occorre dare ai nuovi bisogni di tutela che emergono nei nuovi contesti.
Abbiamo sottolineato da anni il carattere di risorsa della diaspora italiana nel mondo, e ci siamo battuti affinché le istituzioni del nostro paese ne riconoscessero e cogliessero la soggettività plurima che esprime, di risorsa cioè per le società che hanno accolto i nostri concittadini, di risorsa per il nostro paese e in particolare per le comunità regionali di provenienza, e di risorsa strategica nel tempo della globalizzazione. Un tempo che come sottolinea instancabilmente Piero Bassetti impone un livello adeguato di governance globale, utilizzando appieno il contributo che può offrire la diaspora italiana etnico-linguistico e giuridico-istituzionale, ma anche ampiamente culturale.
In tal senso, noi crediamo che la globalizzazione abbia dato maggiori responsabilità alle Regioni nel predisporre le condizioni di competitività del territorio che governano, avendo consapevolezza di quanto sia reale e consistente l’intreccio economico tra i cittadini emigrati e la loro Regione di origine.

Assistenza e tutela dei diritti

Non si può qui tralasciare di richiamare ancora una volta la condizione drammatica in cui versano molti nostri connazionali emigrati in paesi che attraversano una fase difficile e una pesante crisi dei loro sistemi di sicurezza sociale, così come occorre riflettere sui nuovi bisogni di tutela che nascono dai cambiamenti sopra illustrati, di cui si stanno facendo carico la nostra rete consolare e soprattutto gli Enti di Patronato.

Nelle ultime settimane l’INPS ha avviato la nuova campagna reddituale in Italia e nel mondo per la rideterminazione degli importi pensionistici spettanti agli interessati e per accertare gli eventuali indebiti. E ancora una volta si rivela preziosissima la rete di presenza degli Enti di Patronato nel mondo, che consente all’INPS di condurre la campagna RED con un buon grado di successo, senza nemmeno contropartite sul piano del riconoscimento del lavoro svolto. Gli Enti di Patronato hanno svolto e svolgono ancora la funzione compensativa per i servizi che lo Stato non è in grado di garantire, risparmiando in tal modo un ulteriore appesantimento alla rete consolare. Io credo che su questo delicato settore dobbiamo offrire una riflessione seria alle Istituzioni e alle forze politiche e dobbiamo condannare gli attacchi strumentali ai Patronati, che anche alcuni Parlamentari eletti all’estero vorrebbero sopprimere. Lo dobbiamo fare ricordando loro anzitutto che il finanziamento dei Patronati è fatto con i soldi dei lavoratori, attraverso il prelievo dello 0,226% del gettito dei contributi previdenziali versati agli Enti previdenziali, in applicazione dell’art. 13 della Legge 152.
Respingiamo anche l’idea che i patronati possano funzionare coma “Consoli onorari”, pagati per il lavoro svolto. I servizi erogati ai nostri concittadini devono rimanere gratuiti, perché i lavoratori li pagano già a monte.

Vogliamo cogliere l’opportunità di ascolto diretto che ci offre la presenza del Vice Ministro Danieli, per ribadire l’urgenza della piena applicazione dell’articolo 12 della già citata legge 152 al fine di rendere operanti le convenzioni tra la rete consolare e gli Enti di Patronato. Le convenzioni previste dal legislatore non sottraggono compiti e competenze ai consolati, ma evidenziano la necessità di interventi orientati all’esercizio di una cogente sussidiarietà istituzionale per far fronte alle diverse situazioni create dalla riorganizzazione della rete consolare e relativi riflessi sugli organici del personale, e in buona parte dai nuovi compiti affidati alla rete stessa non solo per la gestione delle procedure tecnico-organizzative attinenti all’esercizio del voto all’estero, bensì per la delicata area dei flussi migratori verso l’Italia e per l’applicazione della normativa prodotta con il trattato di Schengen.

Siamo inoltre tutti consapevoli dell’importanza costituita dalla nuova missione e del ruolo fondamentale delle nostre strutture all’estero per far fronte alle diverse situazioni create dalla globalizzazione nelle realtà geografiche ed economiche che hanno accolto grandi comunità italiane e per l’impulso che ne deve derivare alla costruzione del sistema Italia. Tanto più guardiamo con preoccupazione ai progetti cosiddetti di ottimizzazione della rete, che non possono in nessun caso tradursi in smobilitazione e ridimensionamento, anche se siamo consapevoli dello sforzo enorme che sta facendo il nostro Paese per rimettere in ordine i conti della finanza pubblica e per rilanciare lo sviluppo economico e imprenditoriale.
Ma vede caro Vice Ministro, noi siamo convinti che ogni euro sottratto alla promozione della lingua e della cultura italiana, ogni ulteriore riduzione della presenza dello Stato all’estero, presenza che ha subito in questi ultimi anni una pesante cura di snellimento sotto il profilo del personale, si traduce in definitiva in minori entrate per il nostro Paese su altri versanti. Vorrei qui richiamare la cospicua mole di risorse generate dalla rete consolare, che sono incamerate in gran parte dall’erario e in minima parte restituite al mittente. Abbiamo apprezzato la sensibilità del Ministro D’Alema quando ha inciso sulla decisione di non centralizzare l’emissione del nuovo passaporto biometrico, lasciando cha siano i consolati ad occuparsene. È un’attestazione di comprensione verso le esigenze dei nostri connazionali emigrati e siamo convinti che la Sua sensibilità e conoscenza dei problemi sarà decisiva anche in questo momento in cui tutte le attenzioni sono concentrate sulla Legge finanziaria e di bilancio 2007.

Centinaia di migliaia di cittadini italiani emigrati hanno investito i loro risparmi in Italia per costruire una casa che utilizzano poche settimane all’anno, per lo più durante le vacanze. Pagano l’ICI e la tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani e non capiscono per qual ragione sia stata abolita l’estensione ai cittadini italiani residenti all’estero della “no tax area”, obbligandoli - se non sarà riconsiderata la decisione - a produrre carte, dichiarazioni, estratti catastali, ecc., aggravando la mole di lavoro per l’amministrazione senza che lo Stato ne trarrà benefici materiali. Parimenti, gli italiani emigrati che hanno pensioni minime, nell’ordine di qualche centinaio di Euro, si vedranno detratto mensilmente dall’INPS il 23% con complicate procedure di rimborso, per altro non possibile nei paesi con i quali non è stata stipulata una convenzione sulla doppia imposizione fiscale. Il Governo ha accolto un ordine del giorno presentato all’atto della votazione sul decreto Bersani, mirato al ripristino della no tax area anche pei cittadini italiani all’estero, vogliamo ora auspicare che ne tenga conto nella Legge finanziaria 2007.

Il futuro del CGIE

Concludo il mio intervento richiamando l’attenzione di tutti i consiglieri sulla riflessione riguardante il futuro del CGIE. All’argomento abbiamo riservato una spazio di dibattito specifico, e dunque mi limiterò a brevissime considerazioni. Siamo stati i primi a sostenere che allorché avremo avuto la rappresentanza parlamentare eletta all’estero, occorreva ripensare il CGIE nei suoi compiti, funzioni, articolazione, composizione numerica e funzionamento. Abbiamo nello steso tempo sostenuto con decisione la necessità e l’importanza di questo organismo e delle sue dimensioni consultive, programmatiche, d’indagine e propositive, seppure - come detto - in una cornice aggiornata.

Alle persone che nelle ultime settimane hanno auspicato incautamente la soppressione del CGIE, dico soltanto facciamo una valutazione retrospettiva del lavoro fatto dal Consiglio dal 1991 ad oggi e allora io sono profondamente convinto che simili affermazioni sarebbero respinte dai fatti. Nel frattempo abbiamo rettificato le inesattezze messe in circolo sui costi del CGIE, chiarendo nel contempo che il nostro capitolo di bilancio ha contribuito più volte a far fronte ad altre emergenze finanziarie, per esempio sul versante dell’assistenza diretta fornita ai connazionali indigenti, sotto forma di convenzioni ospedaliere e farmaceutiche, oppure, per rendere possibili le elezioni dei COMITES. Il tutto evidentemente con le debite variazioni di spese a partire da questo alveo, il CGIE del futuro deve svolgere un forte ruolo di consulenza e di raccordo. Non è condivisibile, a mio vedere, l’opinione di chi sostiene che i parlamentari eletti all’estero debbano avere un rapporto diretto con i Comites, equivalente ad una visione marcatamente assistenziale della politica.

Non entro nel merito di temi fondamentali come la legge sulla cittadinanza, riforme delle leggi che regolano gli interventi scolastici all’estero, l’imminente pubblicazione dell’avviso 2006 per gli interventi di formazione professionale, l’informazione ed altri aspetti toccati ampiamente nella relazione del Vice Ministro Danieli.
Concludo veramente, con un richiamo doveroso al processo d’integrazione europea, a partire dalla carta costituzionale. L’integrazione è un processo fondamentale per il rilancio dell’unione Europea. Considerando inoltre che nei Paesi dell’UE vivono altre 2.000.000 milioni di cittadini italiani per evitare le derive a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni, in particolare sui temi della pace e della guerra, ma anche sul piano dell’economia.

Buon lavoro a tutti. Franco Narducci (Segretario Generale)
(Italia Estera) -




 
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