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22 set 2006RASSEGNA/ “Repubblica” del 22 settembre 2006: “A Cefalonia erano traditori”

Sentenza choc in Germania. Archiviato il procedimento contro l'ufficiale tedesco accusato della strage: fece fucilare centinaia di italiani ma erano disertori
 
Servizio di Andrea Tarquini 
BERLINO - I soldati italiani massacrati a Cefalonia erano dei traditori. Da trattare come sarebbero stati trattati dei disertori tedeschi. Con questa motivazione sconcertante, due settimane fa la procura di Monaco di Baviera ha deciso di archiviare il procedimento a carico dell'ex sottotenente Otmar Mulhauser, oggi unico imputato della strage. Lo rivela “L'Espresso” nel numero oggi in edicola. La decisione della procura di Monaco, firmata dal pm Stern, ha un gravissimo valore politico: riscrive in senso revisionista la Storia della seconda guerra mondiale, legittima una delle più atroci stragi di italiani ordinate e compiute dal Terzo Reich, minaccia di incoraggiare i neonazisti.
L'ex sottotenente Otmar Muhlhauser, che oggi ha 86 anni e vive tranquillo a Dillingen, in Svevia, non nega peraltro le sue responsabilità nel massacro. Ha confessato di aver personalmente ordinato la fucilazione di centinaia di militari italiani, tra cui lo stesso generale Antonio Gandin, il comandante della divisione Acqui dell'allora Regio esercito.
Dopo la fine del conflitto, per non creare tensioni tra paesi della Nato (cui appartengono sia Germania sia Italia) durante la guerra fredda, nessun governo italiano si costituì mai parte civile nel procedimento contro Mulhauser. Lo fece invece Marcella De Negri, figlia del capitano Francesco, uno dei fucilati di Cefalonia. Ora la signora De Negri accusa. "Le motivazioni addotte dalla magistratura bavarese", afferma, "sono un oltraggio alla memoria di mio padre e di tutti i soldati italiani che combatterono nello Ionio; non capisco come si possa dire che uccidere a freddo migliaia di soldati che si erano arresi non sia un crimine di guerra".
Adesso i legali di Marcella de Negri, l'avvocato milanese Gilberto Pagani e il suo collega tedesco Michael Hofmann, faranno ricorso. Nelle prossime settimane il tribunale della capitale bavarese dovrà quindi decidere se accogliere il ricorso, o decidere se il caso venga definitivamente chiuso.
La tragedia di Cefalonia resta nella Memoria come uno dei più spaventosi drammi delle forze armate italiane nella seconda guerra mondiale. L'8 settembre, come è noto, il governo Badoglio firmò l'armistizio con le democrazie occidentali. Condizione fu la sua entrata in guerra contro l'ex alleato, appunto la Germania nazista. La divisione Acqui, schierata nell'isola greca di Cefalonia, ricevette l'ordine di resistere. I reparti tedeschi a Cefalonia chiesero alla Acqui la resa incondizionata, il generale Gandin rifiutò. Dopo due ultimatum, il 15 settembre la wehrmacht iniziò a bombardare le posizioni della Acqui nei dintorni della città di Argostoli.
Cominciò la resistenza disperata degli italiani. Inferiori in numero, con in pugno armi vecchie e obsolete, contro i tedeschi super armati, resistettero una lunga settimana d'inferno. La mattina del 22 settembre il generale, dopo aver perso circa millecinquecento uomini, decise di arrendersi e fece issare la bandiera bianca. Sperava di salvare la vita dei suoi soldati. I tedeschi invece eseguirono zelanti gli ordini di Hitler: Gandin e tutti i suoi uomini furono uccisi uno a uno.
Nel dopoguerra, Roma scelse il silenzio. La documentazione sulla strage venne celata. Ci volle Sandro Pertini, nel 1980, per denunciare la "congiura del silenzio su Cefalonia". E cinque anni fa, l'allora capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi si recò nell'isola. Rese onore ai caduti, si disse "orgoglioso di quella pagina di Storia da loro scritta, una delle più gloriose della nostra Storia millenaria". Quella Memoria di un paese-chiave dell'Europa, oggi alleato di Berlino nella Ue e nella Nato, è calpestata dai giudici di Monaco di Baviera.
 
 Andrea Tarquini-La Repubblica/Italia Estera
 
Nella foto scattata a Cefalonia prima dell’eccidio (da sin.) Il gen. Antonio GANDIN, com.te della "Acqui", il cap. Piero GAZZETTI, addetto all'Uff. Assistenza del Comando di Divisione e il ten. col. Ernesto CESSARI, com.te del 17° regg. Fanteria tutti passati per le armi. ( tratta dal libro di Massimo Filippini “La tragedia di Cefalonia”)



 
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