Germania e Giappone bloccati rispettivamente da Usa e Cina nelle aspirazioni alla membership permanente, Obama contrario a Berlino dopo i vertici di G20 e Nato
di Alfonso Maffettone
ROMA, 14 APR. (Italia Estera) – Sembra vincente la linea italiana che si oppone ad una riforma del Consiglio di Sicurezza, l’organo delle Nazioni Unite che ha la competenza esclusiva a decidere contro gli stati colpevoli di aggressione o di minaccia alla pace.
Il nostro Paese è contrario ad ampliare il numero dei membri permanenti (Usa, Francia, Regno Unito, Cina, Russia) e ritiene che l’aumento trasformerebbe il Consiglio in un direttorio mondiale dal quale l’Italia verrebbe esclusa. La posizione, sostenuta dall’ambasciatore Giulio Terzi, nei negoziati intergovernativi cominciati il 4 marzo, ha ricevuto consensi ed è apparsa sovrastare le aspirazioni di Germania, Giappone, India e Brasile che hanno concordato di appoggiarsi reciprocamente per ottenere un seggio permanente. Il G 4 non è riuscito ad allargare la base dei voti a sostegno di una risoluzione per la riforma del Consiglio ed ha trovato ostacoli soprattutto negli Stati Uniti e Cina. Le due potenze si sono opposte rispettivamente all’ingresso di Germania e Giappone nel consesso dei Grandi decretando di fatto un’ impasse nei negoziati che tutto sommato giova all’Italia.
Non sorprende l’ostilità dell’ex Impero Celeste nei confronti dell’ arcipelago del Sol Levante. E’ una rivalità storica che differenzia i due Paesi in Asia per cultura, politica ed organizzazione dello stato. La Cina è stata vittima dell’espansione militare giapponese nell’ultimo conflitto mondiale ed ora, sia pure in ritardo, si è impegnata a contrastare il primato economico e commerciale del Giappone che, comunque, è in difficoltà anche a causa della crisi globale.
Nessuna sorpresa anche per la decisione del Presidente Barack Obama di escludere la review nei confronti delle aspirazioni Onu della Germania . Il Capo dell’Esecutivo, rimasto deluso dal suo viaggio in Europa, ha deciso di mantenere la stessa linea dell’ex presidente George Bush. Nel 2005 l’allora cancelliere Gerhard Schroeder ,durante un incontro a Washington , si sentì dire che l’ Europa era sovrarappresentata nel Consiglio di sicurezza e che gli Usa avrebbero sostenuto le ambizioni del solo Giappone. Una risposta legata alla posizione ostile che aveva assunto Berlino nei confronti della guerra in Iraq.
Oggi non è l’Iraq a pesare sulla riluttanza americana ma l’atteggiamento politico tenuto da Angela Merkel prima e dopo i vertici del G20 a Londra e della Nato a Strasburgo.
Al suo esordio sulla scena europea, il Presidente degli Stati Uniti si è dovuto accontentare di un mezzo successo. L’asse franco-tedesco, costituito dalla Merkel e dal presidente Nicolas Sarkozy , gli ha respinto la richiesta per un maggiore aumento di spesa dei governi e gli ha fatto accettare un compromesso per far fronte alla più grave crisi economica dall’epoca della Grande depressione. Inoltre alla richiesta di Obama per un aumento delle truppe Nato in Afghanistan nella lotta contro il terrorismo di Al Qaeda, la risposta è stata quella dell’invio di 5.000 soldati e soldatesse, un numero nettamente inferiore alle aspettative dell’ Amministrazione Usa. Quando ha poi caldeggiato l’ammissione della Turchia all’Ue, Obama è stato “travolto” dai no della Merkel e di Sarkozy. Insomma ce n’ è abbastanza a questo punto per comprendere perché Obama, sulla scorta di Bush, considerasse Berlino come un partner non affidabile e quindi non meritevole del privilegio di una membership permanente alle Nazioni Unite.
Alfonso Maffettone / Italia Estera