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10 feb 2008IL GIORNO DEL RICORDO, Napolitano: Onoriamo le vittime delle Foibe

Celebrata la ricorrenza al Quirinale con il Concerto nella Sala dei Corazzieri Gli interventi del Capo dello Stato, del vicepresidente del Cosiglio Rutelli e del vice presidente della Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, Lucio Toth
Servizio di Luciano Lombardini
ROMA,10 FEB (Italia Estera) -  Il ricordo della tragedia delle foibe, l'omaggio alle vittime di quegli anni, il riconoscimento delle ingiustizie sono doverosi, ma "non possono e non devono prescindere da una visione complessiva", da un inquadramento storico, che non può dimenticare il prima e il dopo, ha detto Giorgio Napolitano celebrando il Giorno del Ricordo al Quirinale.
"Oggi è il Giorno del Ricordo della tragedia di tutte le vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Lo celebriamo a 5 anni dal voto in Parlamento che ha restituito, a questo anniversario da troppo tempo dimenticato, il rispetto e la dignità che gli spetta", ha detto il vice presidente del Consiglio e Ministro per i beni e le attività culturali Francesco Rutelli, intervenendo stamani alla cerimonia al Quirinale.
 
Europa unita cornice di civiltà e pace
Rutelli ha parlato prima del vice presidente della Federazione delle Associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, Lucio Toth e del Presidente Napolitano, a introduzione del Concerto nella Sala dei Corazzieri in occasione appunto del Giorno del Ricordo. Un ricordo - per il ministro - che quest’anno si intreccia coi 70 anni della Carta Costituzionale e arriva a pochi giorni dalla celebrazione della Giornata della Memoria legata alla tragedia della Shoah e al sessantesimo anniversario delle leggi razziali antiebraiche.
"E' la Carta Costituzionale che ha ribaltato le vecchie prospettive nel nome di una democrazia che vince e si afferma, sostenendo tra l'altro che la Repubblica riconosce i diritti inviolabili della persona, dichiarazione che é una naturale condanna di ogni violenza". Per Rutelli è anche "utile in questo giorno riflettere sulle scelte politiche dell'Italia nella costruzione della democrazia e della pace, a partire dalla fede profetica del gruppo di Ventotene nell'Europa che allora non esisteva al Patto Atlantico, e sulla nostra fedeltà alle alleanze internazionali. "Non a caso inviamo ancora migliaia di militari presso altri popoli, su richiesta di altri popoli, per proteggere quegli esuli che sono eguali sempre, come gli esuli che abbiamo avuti anche noi".
Il richiamo al Kosovo
Consegnando, in questo Giorno del Ricordo, ai parenti di più di 70 vittime una medaglia e un attestato, ha aggiunto il vice presidente del Cosiglio "ho avvertito la tenacia della sofferenza, l'orgoglio e la dignità rispetto alla desolazione umana, materiale e morale, subita a suo tempo da loro per i loro cari e questo ci ricorda che l'impegno per la libertà si vive e conquista ogni giorno.”
 
Oggi si tratta quindi di proiettare questo ricordo verso il domani, senza dimenticare le tradizioni storiche culturali che legano questa gente con l'Italia, in un realtà che, se pensiamo ai sanguinosi giorni vissuti dalla ex Jugoslavia, venti anni fa ci sarebbe parsa impensabile: con la Slovenia non ci sono più confini e quel paese ha la presidenza dell'Europa. Una situazione che deve farci sperare che si possa risolvere anche la questione del Kossovo".
 
In questo Giorno del Ricordo si inaugura un monumento in quella piazza che, alla presenza dello stesso Rutelli, fu intitolata alle vittime delle foibe e altre manifestazioni si tengono in vari luoghi d'Italia, una in particolare a Basoviza: "i libri di storia non potranno più dimenticare quegli avvenimenti tragici che oggi possiamo chiamare compiutamente 'pulizia etnica'. La cerimonia al Quirinale, che è la casa di tutti gli italiani, restituisce a questa parte del nostro paese quel che le spetta".
 
Lucio Toth vice presidente dell' Associazione degli esuli istriani e giuliano-dalmati è intervenuto dopo Rutelli. Ha fatto un excursus storico culturale sulle genti dell'Istria, "che dopo una lunga congiura del silenzio oggi si risentono parte del paese". Ricordate le opposte aspirazioni nazionali, e lo scontro di ideologie contrapposte che ha segnato l'Istria, ma anche il contributo civile e culturale dato al paese nei secoli, Toth ha rivendicato per gli esuli "il loro essersi sempre sentiti parte dell'Italia" e ha chiesto che nei libri di scuola e universitari i nomi di Pola, Fiume, Zara e altre località non siano cancellati, "ma presentati come viatico di fratellanza tra sponde opposte". Toth ha ricordato che “Quella barbarie, che produsse circa 20 mila morti e 350 mila profughi fra i nostri connazionali, ha radici lunghe e profonde, negli scontri tra nazionalismi ottocenteschi; poi, nel Novecento, nell'impatto tra gli imperialismi; e ancora dopo nello scontro tra le ideologie. Vicende drammatiche e complesse, difficili da comprendere in tutte le sfumature mentre accadevano, ma che "oggi si possono e si devono capire, esplorando le vicende con animo sereno, per far ritornare in primo piano la ragione e la verità".
 
 A conclusione del suo intervento ha anche domandato che agli esuli "sia riconosciuto il diritto a quei beni costruiti dai loro avi che sono stati loro tolti da un regime liberticida, o almeno un adeguato risarcimento dallo Stato", assieme a una "tutela coraggiosa" dei nostri connazionali rimasti in quelle terre, garantendo bilinguismo e libertà culturale.
 
Europa unita cornice di civiltà e pace
Quelle terribili vicende, ha ricordato Napolitano, nel suo intervento, hanno lasciato ferite profonde, oggi rimarginate per effetto del lungo tempo trascorso, ma soprattutto dell'entrata in campo dell'Europa unita quale comune cornice di civiltà e di pace. Una cornice da rafforzare, perché ancora pochi anni fa, quando sembrava impensabile, abbiamo avuto "conflitti sanguinosi" nei Balcani. Dobbiamo onorare e ricordare le vittime delle foibe, ha concluso. Il modo migliore per farlo è dimostrare di "aver appreso tutti la lezione della storia".
Napolitano ripete la frase che irritò la Croazia
Queste considerazioni hanno indotto il presidente della Repubblica ad aggiungere all'ultimo momento, a braccio, una frase al testo scritto del suo intervento, per richiamare un duro giudizio dell'anno scorso che "suscitò qualche reazione inconsulta fuori Italia": per l'esattezza un incidente diplomatico con l'allora presidente croato Stipe Mesic, chiuso nel giro di qualche giorno.
Napolitano citò recenti ricerche per dire che al confine orientale dell'Italia, dopo l'8 settembre 1943, migliaia di italiani furono vittime di un "moto di odio e di furia sanguinaria e di un disegno annessionistico slavo che prevalse in tutto nel trattato di pace del 1947 e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica". Su questo passaggio si appuntò la reazione croata. Mesic ci vide elementi di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico. Altri lamentarono l'uso del termine 'slavo'. Oggi Napolitano si é limitato a richiamare il concetto dicendo: "Era giusto esprimermi a nome della Repubblica con quelle parole, con quell'impegno che qui ho sentito ricordato con piacere dal ministro Rutelli".
Luciano Lombardini/Italia Estera



 
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