NEW YORK, 19 APR. (Italia Estera) - Sul voto all'estero da poco concluso, potrei fare alcune considerazioni da due punti di vista: da quello interno, come candidato, e da quello esterno, come giornalista.
La premessa e' che il diritto di voto, strumento indispensabile del sistema democratico sia per gli italiani in Italia che per quelli all'estero, deve essere giustamente esteso a tutti i cittadini ovunque essi si trovino.
Sul piano tecnico, pero', bisogna rilevare che:
1) Il procedimento delle schede elettorali per l'italiano all'estero si e' rivelato troppo complesso. Viene in mente un professore universitario del centro Usa che, dopo aver correttamente fatto notare che la parola "politica" deriva dal greco e non dal latino (come si era scritto in una newsletter), chiede se fosse possibile scrivere il nome dello stesso candidato sulle due liste: Camera e Senato.
La complessita' delle operazioni di voto ha causato il 19 percento delle schede annullate. Questa percentuale sarebbe stata di molto superiore se i presidenti dei seggi non avessero soprasseduto a diverse irregolarita'.
Semplificare il voto all'estero vuol dire permettere all'elettore di semplicemente fare un segno sul nome o sul partito preferito. Vuol dire non indicare sulla scheda il posto per la firma dello scrutinatore (molti elettori vi hanno scritto il loro nome). Vuol dire non dover inserire un tagliandino elettorale. Quest'ultimo potrebbe essere sostituito con un "bar code" all'esterno della busta pre-affrancata da rinviare al Consolato.
2) Il corpo elettorale dell'italiano all'estero e' ancora scombussolato, dopo esser stato ignorato da tanti anni. Delle 281.005 schede inviate nel collegio elettorale del nord e centro America, solamente 104.877 sono state rispedite dagli elettori. Non e' che il 37,3 percento d'affluenza non sia un dato positivo, e' che la stragrande maggioranza di queste persone non e' interessata a votare. Molti di quelli che hanno rispedito le buste, lo hanno fatto senza prestarvi molta attenzione.
Si sono verificate situazioni in cui rappresentanti di candidati sono passati a ritirare le schede da vicini, conoscenti o semplici sconosciuti che avevano scarso interesse per il voto. In alcuni casi, intraprendenti affaristi hanno persino messo all'asta schede di intere famiglie.
E' chiaro che a tutti questi cittadini italiani residenti all'estero il voto non interessa come dovere civico. Queste schede impropriamente usate vanno inoltre contro gli interessi di tutta la comunita' poiche' falsificano la volonta' popolare.
Una soluzione a questo problema e' far votare solamente coloro che sono interessati. In altre parole, fare si' che i cittadini italiani richiedano ai Consolati di voler votare: in pratica registrarsi.
Naturalmente il processo di registrazione dovrebbe essere il piu' semplice possible, ad esempio, permettendo ai cittadini di farlo per posta con una lettera, cartolina o via fax o consegnando loro un modulo durante la visita ai consolati per pratiche burocratiche.
In questo modo, il numero di elettori attivi sara' pari o superiore a quello di coloro che hanno fornito le schede valide (84.755), ma almeno i loro voti saranno rappresentativi di cittadini impegnati seriamente ad esercitare il loro diritto al voto.
Dom Serafini/Italia Estera