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Il voto degli Italiani all'Estero

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19 apr 2006VOTO ALL?ESTERO: Lezioni dalle prime elezioni Di Raffaele Fantetti DIRETTORE DEL PENSIERO LONDINESE

LONDRA, 19 APR. (Italia Estera) -  Ora che è finita, permetteteci qualche breve riflessione da insiderIl Collegio Estero è un’istituzione da difendere. Perché -come abbiamo sempre detto negli ultimi dieci anni- l’Italia ha una peculiare vicenda migratoria alle sue spalle che non è paragonabile sia per quantità che per qualità a quella di qualsivoglia altro Paese e, dunque, è giusto che sperimenti “in avanti” delle soluzioni atte a rappresentare democraticamente gli interessi, le esigenze e le peculiarità di codesta emigrazione.
Ma anche perché -come invece cominciamo adesso a dire- di fronte agli attacchi che gli arrivano da ogni parte, se non faremo di tutto per difenderlo, corriamo il rischio di vederlo scomparire molto presto! Chiunque esso sia, il prossimo Ministro per gli italiani all’estero dovrà avere questo obiettivo minimo ben chiaro.
Si fa presto a criticare. Si dice “…gli Italiani all’estero non sono né interessati né capaci di votare”. Non è vero e lo hanno dimostrato. Il fatto è che molti errori non sono dovuti a loro. Il dato medio del 40% di affluenza al voto si riferisce ad un totale impreciso (nell’ordine di almeno il 20%), per colpa del pessimo lavoro del MAE e dei Comuni nella redazione ed aggiornamento degli elenchi AIRE. Chi si prende questa responsabilità? E chi, tra la RAI, il Ministero per gli Italiani all’estero ed il CGIE, si prende quella dei messaggi informativi sulle modalità di voto in Italia andati ossessivamente in onda senza menzionare le differenze rispetto al voto estero (a differenza di Valle d’Aosta e Friuli)? Non lo sa quella gente che, perlomeno in Europa (ove risiede più della metà degli elettori del Collegio Estero), noi emigrati guardiamo quei canali per rimanere in contatto con l’Italia?
L’Italia ha snobbato gli emigrati. Distinguendo i sistemi di voto e, soprattutto, non computando i voti esteri per lo scatto dei premi di maggioranza, la politica italiana ha chiaramente fatto intendere di non “crederci” più di tanto. Il risultato, tanto più beffardo in un sistema ancora bi-cameralista perfetto, è che i vincitori dipenderanno politicamente dalla buona salute e volontà di due o tre vecchi emigrati!
La “Par Condicio” e la “Privacy” all’italiana precludono l’esercizio democratico del voto. Come doveva fare un candidato per farsi conoscere? Se non era tra i “cooptati” dalle segreterie di partito nelle “liste bloccate” ma, bensì doveva -alla vecchia maniera democratica- andare in giro a conquistarsi le preferenze, come doveva fare? Intendiamo dire, se uno dei candidati del Collegio Estero non riusciva ad apparire al Grande Fratello o all’Isola dei Famosi; se non conosceva qualche grande giornalista (tipo Sergio Romano o Beppe Severgnini) capaci di aggirare la legge e scegliere di citare-pubblicizzare candidati a loro piacimento, come faceva a presentare democraticamente il suo messaggio? Interviste? Impossibili! Presentazioni e pubblicità in collegi grandi come i continenti? Impossibili! Restavano due modi: spedire una lettera od una email. Beh, sembra che anche questo sia praticamente impossibile perché “viola la privacy”! Io credo sinceramente che noi Italiani a questo riguardo abbiamo raggiunto livelli di isterismo senza eguali. Basti pensare che a Londra, dove chiunque viene ripreso decine di volte al giorno e più o meno a sua insaputa dalle varie telecamere senza battere ciglio, centinaia di connazionali hanno obiettato offesissimi alla ricezione occasionale di materiale elettorale ed a nulla è valso il fatto di indicare che un’apposita decisione dell’Autorità Garante (pubblicata sul loro sito) permetteva ai candidati l’accesso ad alcuni dati AIRE. Per molti di questi elettori -specie i giovani (spiace dire)- il diritto di elettorato attivo e passivo e l’opportunità di consentire un ricambio democratico sembra essere un valore molto più basso della loro “privacy”, pur incorrettamente percepita!
L’emigrazione di Tremaglia non esiste più. Noi lo dicevamo da anni ed anche l’Eurispes l’aveva ufficializzato in un recente rapporto. Eppure il ministro (e chi per lui) non ha voluto aprire gli occhi alla realtà attuale dell’emigrazione italiana. Così ha sprecato un patrimonio politico tanto grande quanto il suo merito nell’aver promosso la legge 459/2001. Incredibile ma vero.

I candidati del centro-sinistra sono stati favoriti. Per due motivi. Primo, avevano alle spalle un coordinamento che ha lavorato molto bene. Secondo, hanno potuto (de facto, non de iure) utilizzare per i loro scopi elettorali finanziamenti pubblici come quelli per Patronati, scuole o giornali di emigrazione che non dovrebbero essere impiegati a tali fini.

Il ruolo dei giovani. Qualcuno a sinistra ha già reclamato alla nostra generazione “il merito” di aver fatto vincere Prodi. Sinceramente non si capisce su cosa si basi questa affermazione visto che i voti sono anonimi. Una cosa invece è sicura: i giovani che sono stati eletti e/o votati in maggioranza  -compreso il sottoscritto (primo dei non eletti di FI in Europa)- sono tutti con Berlusconi. Addirittura, tra i parlamentari vi sono differenze pluri-decennali. In ogni caso, sarebbe già un bene se la gerontocratica Italia si accorgesse che esistono questi giovani!

Le Istituzioni per gli Italiani all’estero vanno coordinate. Collegio parlamentare estero, Ministero per gli Italiani all’estero (e MAE), CGIE e Comites non possono continuare ad andare ciascuno per proprio conto. Non, ovviamente, con le stesse persone sedute ovunque ma attraverso un coordinamento istituzionalizzato da qualche parte che focalizzi l’attività generale sul perseguimento degli obiettivi principali di noi emigrati (come, ad esempio, la riforma dei servizi consolari, la promozione della lingua italiana e la difesa dell’immagine del Paese all’estero). 

Raffaele Fantetti, Corriere Londinese/ Italia Estera

 



 
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