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15 feb 2006Lettera aperta a Romano Prodi di Franco Narducci

ROMA,(Italia Estera) -  Franco Narducci (nella foto)  che ha scritto questa lettera aperta a Romano Prodi sulle pagine del "CORRIERE DEGLI ITALIANI" DI ZURIGO e che noi qui pubblichiamo é il Segretario Generale del CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all'Estero) ed alle ultime elezioni (del CGIE)  é stato il primo assoluto in Europa,  riportando il maggior numero di voti rispetto a tutti gli altri candidati. Ora, ha ceduto alle  insistenti pressioni  dell'associazionismo italiano in Europa ed ha accettato la candidatura alle prossime elezioni politiche nella lista della Margherita.(I.E.)
Caro Professore, la gratitudine degli italiani all’estero nei suoi confronti si espliciterà in maniera netta ed inequivocabile in occasione delle prossime elezioni politiche. Ne siamo certi. Questa nostra certezza si fonda sulle atmosfere che i nostri connazionali hanno vissuto in tre momenti precisi: l’entrata in Europa dell’Italia, il salvataggio del sistema economico italiano da situazioni di tipo sudamericano e la prima storica guida italiana della Commissione Europea. Tre momenti che ormai sono parte integrante della Sua personale storia e di quella di tutti noi italiani, che hanno rappresentato la punta di diamante del nostro orgoglio nazionale. Mai come allora i connazionali che vivono in Germania, in Belgio, in Francia, in Inghilterra, in Svizzera, si sono sentiti tanto orgogliosi di essere italiani. In quel momento,  essere italiani rappresentava un valore aggiunto qui all’estero, poiché Lei, con le sue alte responsabilità, trascinava l’immagine degli italiani alle stelle. Gli italiani protagonisti di un grande processo storico di costruzione dell’Europa.
Si percepiva chiaramente nei nostri quotidiani interlocutori un senso di rispetto che ci restituiva quella dignità, più volte messa a dura prova da una cultura estera che rappresentava l’italianità con luoghi comuni e cliché antichi. "L’Italia sole, spaghetti e mandolino" era divenuta, finalmente, l’Italia responsabile e lavoratrice alla guida e motore del grande progetto “Europa”. Il simbolo di quell'Italia è, e lo è ancora oggi a maggior ragione, quel Romano Prodi, professore e Presidente, dai modi sereni e tranquillizzanti, sobrio e concreto, sempre portatore di progetti di alto profilo e capace d'interloquire con la stessa serenità e la stessa concretezza con i potenti della terra e con il comune cittadino.
E’ questa, caro Professore, l’Italia che amiamo. Quella che abbiamo intravisto negli anni in cui Lei si è trovato a fronteggiare problemi eccezionali con scelte e decisioni pacate e responsabili. Noi non lo dimentichiamo e nessuna strategia di mistificazione della realtà può ingannare quei nostri connazionali che spesso Lei ha incontrato nei vari Paesi Europei durante la sua Presidenza. Ha letto nei loro occhi l’orgoglio di appartenere ad un progetto storico vero, da protagonisti, per una volta in prima fila. Ha notato quanta voglia di Italia, quanto entusiasmo vi era in quella gente impegnata umilmente o con posizionamenti importanti nell’economia dei più grandi paesi Europei. C’era Italia dovunque, eccellente ed affidabile, semplice o complessa, ma c’era Italia di cui andare fieri. Abbiamo sognato di essere un grande Paese, un popolo con valori cardine nell’Europa che si andava a costruire.
Oggi costatiamo, purtroppo, che non è più così. Lo si capisce subito, nelle grandi capitali, sui principali mezzi d'informazione, in gran parte dei luoghi decisionali. Oggi è tutta un’altra aria. Veniamo spesso tacciati di inconsistenza, di superficialità e ritorna nei nostri confronti una diffidenza che ci fa ritenere inaffidabili e poco seri. Dobbiamo dircelo, con franchezza, dobbiamo riconoscere che i passi indietro sono stati più numerosi dei balzi in avanti. Ma oggi torniamo a sperare. La Sua determinazione, e soprattutto la Sua “visione delle cose”, amplificatasi grazie anche alla Sua esperienza Europea, ci rende ottimisti. Possiamo ricominciare e portare l’Italia più in alto, con Lei Professore, siamo sicuri che ci riusciremo. E’ tempo di rimboccarci le maniche ed insieme tornare ad essere quell’Italia che conta, quell’Italia che non abbiamo mai smesso di amare.
 
(www.franconarducci.com)



 
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