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27 feb 2006OPINIONI:LA MAGLIETTA DI CALDEROLI E IL DIRITTO INTERNAZIONALE di Alberto Quartaroli

ROMA, 27 FEB. (Italia Estera) - Fino a non molti decenni or sono, l’attacco a una rappesentanza diplomatica era considerato un vero e proprio atto di guerra, tanto da legittimare l’intervento armato del paese offeso. Oggi il diritto internazionale prevede altre misure di autotutela e di rappresaglia, fermo restando che il principio consuetudinario della protezione dello straniero e delle strutture diplomatiche rimane in pieno vigore quale norma cogente nelle relazioni tra Stati. Violando il principio si violano le basi stesse del diritto internazionale.
 
Il 4 novembre 1979 un gruppo di studenti iraniani, con l’avvallo della teocrazia al potere, assaltò l’ambasciata statunitense di Teheran prendendo in ostaggio un centinaio di cittadini americani. Il presidente Carter, anziché avventurarsi in un conflitto armato, preferì adottare diverse misure di rappresaglia, rompendo le relazioni diplomatiche e commerciali, congelando i beni iraniani in territorio americano e portando l’Iran davanti alla Corte Internazionale di Giustizia.
 
Il 19 febbraio 2006 (e nei 4 giorni successivi) una squadriglia inviata della dittatura libica rade al suolo il Consolato italiano di Bengasi, compiendo, anche in questo caso, una gravissima violazione del diritto internazionale. Ci saremo dovuti aspettare dal nostro governo, come minimo, una richiesta di condanna all’ONU, una protesta, un pugno sul tavolo e qualche bestemmia. E invece il Presidente del Consiglio della Repubblica italiana telefona al colonnello Gheddafi per porgergli le più sentite scuse a nome del paese. Ci radono al suolo il consolato e Berlusconi chiama Gheddafi per scusarsi?
 
In seguito all’evento, l’esercito libico uccide 14 propri concittadini e Romano Prodi, l’aspirante primo ministro, indica come responsabile degli omicidi un folkloristico ministro leghista che il giorno prima aveva mostrato una stupida, per quanto offensiva, maglietta. Poi anche lui, come Berlusconi, si intrattiene al telefono “in un lungo colloquio con Gheddafi” (dirà Prodi).
 
Qui c’è qualcosa che mi riesce difficile capire. L’attacco a un consolato o un’ambasciata non è una mera infrazione del regolamento condominiale. E’ un pò di più. E’ una gravissima violazione del diritto internazionale consuetudinario.
 
Sul principio dell’immunità diplomatica si basa l’intero diritto internazionale. Si basa l’intera storia delle nazioni. Il diritto internazionale nasce da questi principi, consolidati nei secoli fino a diventare consuetudini attraverso la pratica costante.
 
Gli Stati rispettano il diritto internazionale, se non altro, per ragioni di puro interesse: “io non attacco la tua ambasciata perchè so che tu non attaccherai la mia. Non è mia convenienza farlo”. Da qui nasce il diritto internazionale consuetudinario. Nasce da comportamenti ripetuti nel tempo ai quali gli Stati riconoscono il carattere della obbligatorietà. Infatti, non c’è bisogno di un accordo, trattato o legge scritta. Tutto si basa sulla reciprocità, sull’obbligo di rispettare ciò che tutti rispettano. Queste norme internazionali vincolano tutti gli Stati. Per questo motivo negli ordinamenti giuridici delle nazioni del mondo civile, le consuetudini internazionali hanno lo stesso valore di una legge costituzionale. Anche il diritto convenzionale, se mai ce ne fosse bisogno, protegge le sedi diplomatiche (art. 22 della Convenzione di Vienna del 1961).
 
Il governo libico, che aveva l’obbligo giuridico di proteggere le nostre strutture diplomatiche e l’incolumità dei nostri cittadini, è risultato essere invece l’organizzatore dei disordini. Per sedarli, una volta sfuggita di mano la situazione, è stato costretto a ricorrere alle armi uccidendo i propri cittadini senza porsi troppi scrupoli (come del resto si usa da quelle parti) e costringendo alla fuga gli italiani ivi residenti.
 
Vorrei pertanto capire cosa c’entra in tutto questo la maglietta di Calderoli (nel fermo immagine del tg3 mentre mostra la maglietta),  dal momento che mi sembra un pò eccessivo applicare la conditio sine qua non in maniera così allegra. Mi domando seriamente come possa una persona di buon senso condannare una maglietta e al contempo giustificare la reazione criminale di un tiranno.
 
Sarebbe più comprensibile se simili azioni fossero organizzate dai cittadini italiani residenti all’estero, per protestare contro le inefficienze dei consolati e per porre fine all’arroganza dei funzionari mandati da Roma. Ma non si può accettare che siano le milizie arruolate da Gheddafi a dare alle fiamme i nostri consolati.
 
Com’è possibile che nessun politico italiano abbia notato la gravità dell’evento, alla luce del diritto e delle relazioni internazionali? Perchè questa sollecitudine nell’addossare la colpa a Calderoli senza prima verificare le reali cause degli eventi?
 
Delle due l’una: o questa è una squallida strategia elettorale, o siamo governati da veri irresponsabili. Nel primo caso bisogna essere quanto meno degli incoscienti per permettersi di strumentalizzare la morte di 14 persone a fini elettorali. Nel secondo caso c’è invece da preoccuparsi seriamente.
 
Partiamo dalla prima ipotesi. Gli avvenimenti consentiranno alla Lega di ottenere qualche voto in più e ad AN qualcuno in meno. Ma sono i leaders della sinistra che maggiormente brillano per opportunismo. Oltre a Prodi, tutti i leader di partito, da Rutelli a D’Alema, da Bertinotti a Di Pietro, con grande codardia si sono scagliati contro Calderoli, l’uomo meno pericoloso dell’intero bacino del Mediterraneo. Nulla hanno detto sulle violenze scatenate dal tiranno di Tripoli. Nessuna seria condanna per le brutalità inaudite orchestrate delle dittature medio-orientali. Nessuna menzione sui nostri valori e principi da difendere. Lo scopo è solo quello di sfruttare l’occasione per incutere timore presso gli elettori e carpirne il voto. Strategia vincente, alla Zapatero.
 
Proviamo ad immaginare cosa avrebbero dichiarato i politici nel caso in cui a Bengasi fossero morti dei cittadini italiani. Vogliamo smascherare la falsità e l’opportunismo elettorale dei nostri piccoli “leaders” di partito? Poniamo loro questo semplice quesito: se fossero morti degli italiani, avreste avuto il coraggio di incolpare la maglietta blasfema di Calderoli? Avreste telefonato a Gheddafi per ottenere il suo perdono? Non sarà importante la risposta (un “si” o un “no” avrebbe lo stesso effetto), quanto guardare l’imbarazzo sul loro volto a una simile domanda.
 
Il fatto poi di essere in mano a degli irresponsabili, lo si ricava dalle affermazioni di Prodi quando dice che “si è avverato il detto secondo il quale un battito d’ali di farfalla in un paese può provocare una tempesta dall’altra parte del mondo”. Questa frase può colpire la psicologia emotivo-compassionale del buon cittadino, il suo animo timoroso in cerca di protezione. Non certo la persona libera e coraggiosa che pone i valori della libertà sopra ogni cosa. “Quelle vignette erano di pessimo gusto” - dice Angelo Panebianco sul Corriere - “ma anche il cattivo gusto è un prezzo che noi paghiamo per la libertà, e questi non devono osare mettersi contro le nostre libertà”
 
Ecco ciò che avremmo dovuto sentire dai nostri politici e dai governanti dell’Europa intera. Sarebbe stata una dimostrazione di coraggio e avrebbe dato un vero senso di sicurezza e dignità al paese. E invece i nostri leaders ci chiedono di tarpare le ali alle farfalle per timore di scatenare qualunque inaspettata reazione di violenza in qualsiasi angolo della terra.
 
Come dice giustamente Galli della Loggia, così facendo “l’Europa trasmette il senso della propria nullità politica. Noi europei ci stiamo rapidamente abituando a tutto ciò e non ne scorgiamo più l’assoluta anomalia. Non osiamo più esprimere giudizi che non siano di comprensione e tolleranza”. Assalire un’ambasciata sembra che sia ormai diventata una pratica normale e accettabile. Una nuova consuetudine che il lassismo europeo sta introducendo nell’ordinamento giuridico internazionale. D’ora in poi saranno loro a creare il diritto e a dettare le regole. Iniziando col farci togliere le magliette e imponendo le dimissioni dei nostri ministri. Per dirla con Giovanni Sartori: e se avesse ragione Oriana Fallaci?
 
Alberto Quartaroli
 



 
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