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01 feb 2006C'è bisogno di indipendenti nelle liste dell'Unione all'estero?

ROMA,1 FEB. (Italia Estera) - Ho sempre pensato che in una elezione ciò che va messo in campo siano, in primo luogo, i contenuti e che la cosa più importante quando ci si rivolge agli elettori non debba essere l'appeal di un leader ma la storia dei partiti e delle coalizioni elettorali che si confrontano.
I documenti, dei partiti e delle coalizioni, nei quali  dovrebbero trovare sistemazione progetti e proposte (i contenuti), nel migliore dei casi, girano "in bozza" nella rete telematica, in attesa di una definizione e di una presa in carico finale da parte di chi li propone.
Nel caso dell'Unione, le liste dei candidati dell'estero non sono state ancora rese note ma dalle agenzie apprendiamo da qualche tempo di convegni, di serate di gala, di simposi, di colazioni alle quali partecipa il candidato Mevio o Sempronio.
Accade di leggere, in casi più recenti, che il candidato Caio al Parlamento si è riunito con i calabresi in una città francofona del Canada con loro grande giubilo, o accade di apprendere che il candidato indipendente, Rutilio, in una grande città del Brasile, ha tenuto un meeting in un circolo italiano, con grandi riconoscimenti finali alla persona, mentre la coalizione che deve candidarli è ancora alle prese con comprensibili e non facili problemi di valutazione
Ci sarebbe da obiettare da parte dei partiti in merito a iniziative tutte centrate sulle singole persone, ma obiezioni non se ne sentono, nonostante, come appare evidente da tanti indizi,l a logica di coalizione non sia la priorità nella "scala degli interessi" di alcuni candidati.
Più del comun denominatore dello stare insieme e di fare insieme una campagna elettorale molto difficile, sembra  prevalere, tra le forze politiche più grandi (in questa fase di composizione delle liste) l'esigenza di precostituire le migliori condizioni per la propria parte politica e per i propri candidati.
La posizione dell'on. Tremaglia a favore di una grande lista delle associazioni "contro la partitocrazia" non ha avuto, fra le stesse associazioni, il consenso da lui auspicato.
E' venuta alla luce, tuttavia, una serie di candidature al Parlamento italiano che si sono definite "in negativo", espressione di italiani "altri", che, stando alle loro intenzioni, si contrapporrebbero, in nome di una ulteriore identità, a quelli della terra d'origine che si fanno rappresentare dai partiti italiani.
Indipendente è l'aggettivo che spesso ricorre nelle loro autodefinizioni e nelle note redazionali diffuse nella circoscrizione elettorale dalla quale si propongono di uscire deputati o senatori.
Non c'è nelle cose attribuite a tali indipendenti traccia consistente di un programma elettorale che, magari pur contenendo rivendicazioni che più direttamente mobilitino un elettorato italiano di un'area della nostra emigrazione, si ponga l'ambizione di dare un contributo utile al Parlamento nel quale ogni eletto rappresenterà tutti quanti gli italiani.
La pratica del mimetismo rispetto al confronto di idee politiche, assunta come possibilità d'accesso all'elettorato da stimolare attivando identità localistiche (della terra d'origine o del paese d'accoglienza), è l'opposto di una rappresentanza di interessi veri, generali delle nostre Comunità.
Laddove poi l'esistenza di indipendenti appare del tutto incomprensibile è nella composizione delle liste di coalizione.
Nel passato la pratica di candidare indipendenti, soprattutto da parte del PCI, dette luogo ad una realtà parlamentare nota come "Indipendenti di sinistra" eletti nelle liste del PCI.
Era quello il modo di impegnare in Parlamento personalità, soprattutto cattoliche, che in quell'epoca di contrapposizioni ideologiche, si riconoscevano in molte delle idee di quel partito sebbene con riserve e con una dichiarata autonomia, anche di voto, rispetto soprattutto ad alcune problematiche; cosa che non poteva accadere per un aderente, militante del partito.
Essi costituivano gruppi parlamentari autonomi e più d'una volta, votarono in modo opposto ai colleghi comunisti.
Oggi, con l'ampio ventaglio di partiti che fanno parte dell'Unione, chi, oltre ai propri candidati, ne sospinge altri sottolineandone il profilo indipendente, persegue forse obiettivi di rafforzamento della propria compagine, che a mio avviso dovrebbero passare in secondo piano rispetto a quelli dell'intera coalizione elettorale.
Se l'indipendenza di alcuni candidati arriva al punto da consentire la dichiarazione (sin da ora) che "in caso di elezione si sceglierà di stare con lo schieramento vincente, quale che sia", c'è da chiedersi perché tale pratica trasformistica annunciata non susciti reazioni, né produca effetti in quelle forze politiche che nelle proprie dichiarazioni più si soffermano al richiamo all'etica dei comportamenti politici.
Appare evidente che una campagna elettorale, che già in Italia stenta ad essere centrata sui problemi reali - fiduciosamente affidata com'è alle facce dei leaders, all'inserimento dei loro cognomi in simboli di recente invenzione, all'appello a valori prepolitici essenziali quali l'onestà o addirittura il perbenismo piuttosto che ai programmi - tanto più sarà difficile fra italiani che vivono in paesi stranieri.
Il ritorno degli indipendenti, nella versione attuale, non accrescerà la voglia d'impegnarsi dei cittadini che non si occupano di politica, con il risultato che sarà la politica - certa politica che abbiamo visto in azione in questi anni - ad occuparsi di loro.
 
Rino Giuliani vicepresidente dell'Istituto Fernando Santi
 



 
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