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04 feb 2006Il 10 febbraio giornata del Ricordo delle vittime delle foibe. Ciampi consegnerà la medaglia d’oro alla memoria di Norma Cossetto

 Il 10 febbraio, una delegazione di Ministri all’Altare della Patria Tremaglia: “Un’occasione storica per fare un passo avanti verso la pacificazione nazionale”
 
 
ROMA – Il  10 febbraio è la “Giornata del Ricordo”, istituita con l’apposita legge (approvata dal Parlamento il 30 marzo 2004),  per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, (VEDI ANCHE Italia Estera dell'11 febbraio 2005) dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
L’idea di celebrare il Giorno del Ricordo, come si sottolinea dal Ministero per gli Italiani nel Mondo,  è nata dal Ministro Mirko Tremaglia (nella foto).  “Un’occasione storica – così la definisce il Ministro Tremaglia – per fare un passo avanti verso quella pacificazione nazionale che gli italiani aspettavano da decenni. Finalmente non esistono più italiani di serie B”.
Ed il Consiglio dei Ministri ha deciso che il 10 febbraio una delegazione di Ministri si recherà all’Altare della Patria e deporrà una corona d’alloro per commemorare l’evento.
Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi celebrerà il Giorno del Ricordo delle vittime dell'esodo e delle foibe con due giorni di anticipo e  conferirà la medaglia d'oro alla memoria di Norma Cossetto, un martire italiano d’Istria (nella foto).  Il Presidente Ciampi consegnerà la medaglia nelle mani della signora Licia Cossetto Tarantola, sorella di Norma, che è il vicepresidente onorario ad vitam - ricorda Enrico Neami, Presidente del Circolo "Norma Cossetto" - e che in questi giorni ha visto coronate le aspettative di una vita.
 
 Il Circolo Culturale, aderente all'Unione degli Istriani - Libera Provincia dell'Istria in Esilio, partirà da Trieste con un gruppo di  associati e di simpatizzanti per partecipare alla cerimonia Dopo sessant'anni, finalmente, la tragedia di Norma e di tanti sventurati come lei verrà riconosciuta dal nostro Presidente della Repubblica. In una recente  intervista Enrico  Neami  ebbe a dichiarare:  "Penso che questo 10 febbraio 2006 sarà fondamentale   in quanto la Medaglia a Norma Cossetto ed i riconoscimenti che verranno consegnati ai parenti degli infoibati, doveroso riconoscimento della Nazione ai suoi martiri più trascurati, si uniranno al giusto ricordo dei torti e delle vessazioni inflitte ai profughi istriani da parte dell'Italia e della Jugoslavia (e delle sue eredi Slovenia e Croazia) che, mi auguro, il Capo dello Stato ed i vertici delle associazioni degli esuli avranno il coraggio di denunciare agli italiani ". Neami sarà presente alla consegna della Medaglia assieme al Presidente dell'Unione Massimiliano Lacota ed a molti aderenti al Circolo, parecchi dei quali sono parenti diretti di Norma Cossetto o hanno avuto numerosi casi di infoibamenti in famiglia.
 
Norma Cossetto era una splendida ragazza di 24 anni di Santa Domenica di Visinada, laureanda in lettere e filosofia presso l'Università di Padova. In quel periodo girava in bicicletta per i comuni dell'Istria per preparare il materiale per la sua tesi di laurea, che aveva per titolo "L'Istria Rossa" (Terra rossa per la bauxite).Il 25 settembre 1943 un gruppo di partigiani irruppe in casa Cossetto razziando ogni cosa. Entrarono perfino nelle camere, sparando sopra i letti per spaventare le persone.Il giorno successivo prelevarono Norma. Venne condotta prima nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i capibanda si divertirono a tormentarla, promettendole libertà e mansioni direttive, se avesse accettato di collaborare e di aggregarsi alle loro imprese. Al netto rifiuto, la rinchiusero nella ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo assieme ad altri parenti, conoscenti ed amici tra i quali Eugenio Cossetto, Antonio Posar, Antonio Ferrarin, Ada Riosa vedova Mechis in Sciortino, Maria Valenti, Umberto Zotter ed altri, tutti di San Domenico, Castellier, Ghedda, Villanova e Parenzo. Dopo una sosta di un paio di giorni, vennero tutti trasferiti durante la notte e trasportati con un camion nella scuola di Antignana, dove Norma iniziò il suo vero martirio. Fissata ad un tavolo con alcune corde, venne violentata da diciassette aguzzini, ubriachi e esaltati, quindi gettata nuda nella Foiba poco distante, sulla catasta degli altri cadaveri degli istriani. Una signora di Antignana che abitava di fronte, sentendo dal primo pomeriggio gemiti e lamenti, verso sera, appena buio, osò avvicinarsi alle imposte socchiuse. Vide la ragazza legata al tavolo e la udì, distintamente, invocare la mamma e chiedere da bere per pietà; Il 13 ottobre 1943 a San Domenico ritornarono i tedeschi i quali, su richiesta di Licia, sorella di Norma, catturarono alcuni partigiani che raccontarono la sua tragica fine e quella di suo padre. Il 10 dicembre 1943 i Vigili del fuoco di Pola, al comando del maresciallo Harzarich, recuperarono la sua salma: era caduta supina,nuda,con le braccia legate con il filo di ferro,su un cumulo di altri cadaveri aggrovigliati; aveva ambedue i seni pugnalati,un pezzo di legno conficcato nella vagina ed altre parti del corpo sfregiate. Emanuele Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite d'armi da taglio; altrettanto riscontrò sui cadaveri degli altri". Norma aveva le mani legate in avanti, mentre le altre vittime erano state legate dietro. Da prigionieri partigiani, presi in seguito da militari italiani istriani, si seppe che Norma, durante la prigionia venne violentata da molti.
Un'altra deposizione aggiunge altri allucinanti particolari: "Cossetto Norma, rinchiusa da partigiani nella ex caserma dei Carabinieri di Antignana, fu fissata ad un tavolo con legature alle mani e ai piedi e violentata per tutta la notte da diciassette aguzzini. Venne poi gettata nella Foiba. La salma di Norma fu composta nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Castellerier. Dei suoi diciassette torturatori, sei furono arrestati e obbligati a passare l'ultima notte della loro vita nella cappella mortuaria del locale cimitero per vegliare la salma, composta al centro, alla luce tremolante di due ceri, nel fetore acre della decomposizione di quel corpo che essi avevano seviziato sessantasette giorni prima, nell'attesa angosciosa della morte certa. Soli, con la loro vittima, con il peso enorme dei loro rimorsi, tre impazzirono e all'alba caddero con gli altri, fucilati a colpi di mitra ..."
Le vicende storiche e geografiche riguardanti i territori italiani ai confini orientali non hanno mai goduto di grande notorietà. Identificare tutta la regione Venezia Giulia con la città di Trieste, non conoscere il significato della parola Foiba, attribuire agli istriani, ai quarnerini e ai dalmati identità culturali ed etniche del tutto antistoriche sono casi assai frequenti.
La storiografia italiana, dominata da una impostazione ideologica di sinistra, quasi mai ha parlato della tragedia giuliano-dalmata. Non c'è, quasi mai, menzione dell'esodo dei trecentocinquantamila italiani, delle foibe e qualvolta vi siano informazioni non sempre risultano veritiere. Capita anche di leggere accenni clamorosamente errati, come quello in noto testo utilizzato presso le nostre scuole medie superiori, dove c'è scritto: "...nel 1947 l'Italia restituì l'Istria alla Jugoslavia". L'Istria nella sua ultramillenaria storia fu romana, appartenne per molti secoli alla Serenissima Repubblica di Venezia, fece parte dei domini asburgici e fu inclusa nel Regno d'Italia, ma non fu mai croata o slovena ne tantomeno jugoslava. E questo non siamo in molti a saperlo.

Qui di seguito le principali date di quella tragedia che portarono l'annessione alla vecchia Jugoslavia delle italianissime terre di Istria, Fiume e Dalmazia:
 
8 SETTEMBRE 1943: INIZIA LA GUERRA IN ITALIA La firma dell'armistizio getta nello scompiglio l'esercito italiano e le truppe di Tito riescono ad occupare la Dalmazia, l'Istria eccetto Pola, Trieste e Fiume che rimangono però sotto il controllo tedesco.
Tra il 9 settembre e il 13 ottobre scatta il primo tentativo di pulizia etnica e comincia la tragedia delle foibe, profonde cavità naturali disseminate in tutto il Carso. Gli italiani di Gorizia, Monfalcone, Trieste, dell'Istria, Fiume delle isole del Quarnero e della Dalmazia iniziano a conoscere la violenza slava: comincia il grande esodo. I tedeschi impiegano quasi due mesi per riconquistare l'Istria e istituiscono l'Adriatische Kunstenland (Litorale Adriatico) con sede a Trieste, annettendo i territori sottomessi al Reich.
Dall'armistizio alla fine della guerra, per queste terre è un susseguirsi di stragi titine, rappresaglie tedesche e bombardamenti alleati.
25 APRILE 1945: TERMINA LA GUERRA
Termina la guerra in Italia, ma non nei territori contesi. Sono ben delineate le mire espansioniste di Tito, il quale parla apertamente della Venezia Giulia come settima repubblica jugoslava i quali confini arrivano fino al fiume Tagliamento.
Il 30 aprile il IX Corpus della vecchia Jugoslavia (composta all'epoca da Serbia, Montenegro, Croazia, Slovenia, Bosnia e Macedonia) è alle porte di Trieste: è l'inizio di quaranta terribili giorni di occupazione della città che segnano il secondo atto della tragedia delle foibe.
Dal 1 maggio al 15 giugno 1945, a gruppi di 100, di 200, di 500, civili e militari vengono prelevati dalle loro case e gettati nelle foibe di Basovizza (nella foto) e di Monrupino. La colpa è sempre la stessa: essere italiani. Le due foibe si trovano nell'attuale territorio nazionale. Nel luglio 1945 gli inglesi recupereranno 600 salme da quella di Basovizza, ma poi abbandoneranno l'impresa per difficoltà tecniche. Nel 1959 il Governo italiano chiuderà l'imboccatura delle due foibe con due pietre tombali in cemento armato.
I militari anglo-americani informeranno in seguito il Comando supremo alleato che in quelle sei settimane, nella sola provincia di Trieste, sono state uccise tremila persone. Ma la campagna di terrore anti-italiano continua anche a guerra finita. Il 18 agosto 1946 sulla spiaggia di Vergarolla nei pressi di Pola diciannove mine collegate fra loro esplodono dilaniando centonove bagnanti.
Minacciati dalla pulizia etnica aumenta il numero degli italiani esuli. Saranno in tutto trecentocinquantamila persone a lasciare la propria casa. Il flusso maggiore si registra fra il '45 e il '49, ma durerà fino alla metà degli anni cinquanta. Tanti italiani verranno infoibati, fucilati e assassinati nei modi più crudeli. Difficile individuare il numero, ma alcune stime parleranno di circa quindicimila caduti.
10 FEBBRAIO 1947: IL "DIKTAT"
A Parigi, alle 11 del mattino, nella sala dell'Orologio del Quay d'Orsay, il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi firma il così detto "trattatto di pace" che toglie definitamente all'Italia quasi tutta l'Istria, la Dalmazia, la città di Fiume e le isole quarnerine di Cherso e Lussino. Rimangono italiane mezza Gorizia e Monfalcone, mentre restano ancora contese l'Istria settentrionale da Capodistria a Cittanova d' Istria, chiamata "Zona B" e la "Zona A" che corrisponde all' odierna provincia di Trieste, amministrate dal giugno '45 rispettivamente da jugoslavi e "alleati", entrambi le zone vengono a formare una nuovo entità statale denominata "Territorio Libero di Trieste".
Nel marzo del '48 giunge la famosa nota tripartita in cui Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti propongono il ritorno della Zona B all'Italia, non dimenticando quindi, che nonostante i flussi di esodi, la maggioranza era ancora italiana. La nota resterà lettera morta. Tre mesi più tardi Tito rompe con Mosca ed entra nelle simpatie alleate: un danno per l' Italia.
26 OTTOBRE 1954: TRIESTE TORNA ALL'ITALIA
Dopo l'ennesimo contributo di sangue causato dai proiettili inglesi che sparano sui manifestanti Irredentisti nel marzo del '52 e nel novembre del '53, avviene il Memorandum di Londra, la Zona A con Trieste torna all'Italia. La città alabardata è in festa; ma la Zona B viene riconfermata sotto l' amministrazione provvisoria jugoslava. Il vescovo di Trieste accoglieva con queste parole il presidente Luigi Einaudi, riferendosi alle due zone: "...di due sorelle, una ritorna alla vita, l'altra giace nella morte".
10 NOVEMBRE 1975: IL TRATTATO DI OSIMO
Alle 6,30 della sera a Osimo, nelle Marche, il ministro degli Esteri Mariano Rumor firma il trattato che chiude le questioni territoriali con la Jugoslavia. La Zona B, ultimo lembo dell'Istria italiana viene ceduto tra mille polemiche all' impero di Tito. In alcune città d'Italia si scatena la protesta degli Esuli e degli Irredentisti. A Trieste vengono assaltate le sedi della Democrazia Cristiana e della RAI.
Dal '47 al '75 sono stati perduti duecentodiciannove città e paesi italiani. Di un territorio di 9.953 chilometri quadrati, che si estendeva fino a Zara. Sono rimasti all'Italia solo 695 chilometri quadrati.



 
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