ROMA - Siamo alla fine di un anno intenso, che ha caratterizzato le vicissitudini degli italiani all’estero. Dare un giudizio politico su ciò che è stato fatto è doveroso, se vogliamo affrontare il 2004, anno elettorale dei Comites (Comitati degli Italiani all’Estero), con quella forza necessaria ed indispensabile per superare insieme i tanti problemi ancora aperti che riguardano i nostri connazionali nel mondo.
Nessuno può illudersi, o illudere, di avere fatto tanto per la nostra emigrazione; non pecchiamo però se, guardandoci indietro e osservando obiettivamente la realtà quotidiana, affermiamo che, nonostante tutto, molte sono le cose fatte, e altrettante sono quelle che rimangono da fare. Ormai, piaccia o non piaccia, i connazionali nel mondo, dopo essere stati inseriti nella Costituzione della Repubblica con completezza di diritti, devono essere considerati cittadini italiani a pieno titolo.
Di questo ne è convinto il Ministro per gli Italiani nel Mondo, di questo ne è convinta la stragrande maggioranza dei nostri emigrati, di questo ne sono convinte alcune forze politiche che non accettano le logiche settarie della partitocrazia, fra i quali io ascrivo anche l’on. Bianchi e il sen. Minardo, presidenti dei Comitati parlamentari degli italiani nel mondo.
Se si vogliono risolvere i problemi o dare risposte adeguate alle questioni aperte, bisogna ritrovare quel clima unitario che abbiamo vissuto in altre stagioni e che l’on. Fassino, nel discorso di investitura a Presidente del CGIE, definì “obbligato”, affermando che “gli interessi italiani all’estero non possono essere ascritti ad un parte politica ma sono patrimonio di tutti”, della comunità nazionale fuori e dentro i confini, come sostenuto da sempre dall’on. Mirko Tremaglia. Impostazione, questa, non condivisa dagli Ulivisti barricadieri, che cercano in tutti i modi di far emigrare i dissidi partitocratici, con le conseguenze che tutti possiamo immagine.
Non a caso, durante la conferenza stampa sulla Giornata nazionale dell’emigrazione Monsignor Luigi Petris, direttore generale della Migrantes, ebbe a dichiarare a chiare lettere presso la sede della Radio Vaticana: “Va ricordato il positivo impegno del Ministro per gli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia, volto a dare maggior visibilità alle nostre collettività all’estero”, ed ha posto in evidenza come a tutt’oggi la diaspora italiana non si sia ancora conclusa: sono circa 40mila i connazionali che ogni anno lasciano il nostro Paese.
Affermazioni significative che non dovrebbero preoccupare, ma dovrebbero assecondare l’impegno di tutti verso una unica direzione, in un anno che vedrà impegnati tutti gli italiani all’estero con le elezioni dei Comites e del nuovo CGIE.
Occasione storica che deve cambiare e far cambiare l’approccio dei nostri connazionali nel mondo con queste importanti istituzioni di partecipazione democratica della nostra comunità emigrate.
Il tutto non può essere valutato con l’ottica integralista o il settarismo di certuni; bisogna essere obiettivi e far prevalere ovunque le cose che uniscono e non quelle che dividono. È nata la stagione dei DIRITTI: di questo dobbiamo essere tutti consapevoli. La società civile e le associazioni della nostra emigrazione devono fare pertanto una “fuga in avanti” per evitare che le elezioni dei Comites, che si svolgeranno entro il prossimo marzo, diventino un’occasione persa.
Bruno Zoratto