ROMA, 23 FEB 2011 - (Italia Estera) - Per Massimo D'Alema, in relazione alla situazione in Libia per l'Italia «è in gioco qualcosa di fondamentale, c'è un problema molto delicato e importante di sicurezza del Paese perché la sicurezza energetica è la parte fondamentale della sicurezza del paese».
«Uno degli aspetti di questa mattina - ha proseguito - è che comincia a rallentare il flusso del gas: sono gli interessi vitali del Paese. La Libia e l'Algeria costituiscono il 43% dell'energia italiana: gas per riscaldamento e per cucina, luce ecc. È in gioco qualcosa di fondamentale. La sicurezza energetica è una parte fondamentale della sicurezza del Paese.
«Con la Libia ci sono connessioni economiche, è sociali, è dentro il controllo delle principali aziende italiane: lo dico perchè alcuni giornali si sbizzarriscono nel parlare delle complicità», ha poi sottolineato polemicamente D'Alema in riferimento alle accuse rivoltegli da alcuni giornali in relazione ai rapporti con il leader libico Gheddafi. D’Alema andò a Tripoli da ministro degli esteri per firmare l’accordo con la Libia, ma tornò a mani vuote. Solo Berlusconi è riuscito, negli anni successivi, a portare a termine le trattative.
«Alcuni di noi, facendo politica - ha detto ancora D’Alema - hanno avuto rapporti con quei regimi, se i giornalisti vogliono approfondire questi rapporti possono rivolgersi alle loro proprietà, c'è molto materiale, molto più che nella politica». «Non scherziamo - ha concluso - è uno stupido gioco di scarica barile; il paese è coinvolto e dobbiamo vedere come affrontare questa situazione».
Poi D'Alema parla degli ultimi arrivi sulle nostre coste delle carrette con a bordo i disperati che cercano aiuto. Io vorrei ricordare che noi, quando eravamo al Governo - ha aggiunto D'Alema - fronteggiammo una situazione analoga con l'Albania. E l'affrontammo bene rispettando i diritti umani, le risoluzioni dell'Onu, i diritti dei rifugiati e anche ripristinando la sicurezza del nostro Paese. Lo dico perché questi problemi sono risolvibili se c'è una classe dirigente. Sulla costa pugliese arrivarono in 20 mila, altro che Lampedusa. È finito tutto, ci siamo fatti carico e lo abbiamo risolto senza incorrere nei rimproveri dell'Alto Commissariato dei rifugiati e dell'Unione europea e di nessuno».
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