di Massimo Filippini
Il 5 maggio, 2009 dunque, si tenne davanti al dr. Lepore, Giudice dell'Udienza Preliminare (GUP) del Tribunale Militare di Roma, l'udienza avente ad oggetto il Rinvio a Giudizio richiesto dalla Procura Militare di Roma nei confronti dell'ex sottotenente tedesco Ottmar Muhlhauser, accusato di "concorso" nell'omicidio di vari militari italiani e in particolare di essere stato uno dei due ufficiali che presiedettero alla fucilazione dei nostri Ufficiali a Capo S. Teodoro (presso la tristemente famosa Casetta Rossa) il 24 settembre 1943.
All’ udienza partecipai anch’io non solo come Parte Offesa ma anche per chiarire che mio Padre, il magg. Federico Filippini, era stato erroneamente incluso nell'elenco degli ufficiali fucilati il giorno 24, mentre al contrario lo fu il successivo 25 con altri 6 ufficiali con lui prelevati dall'Ospedale Militare dove erano ricoverati, per essere vilmente uccisi non per rappresaglia come gli sventurati uccisi il giorno prima ma a titolo di ritorsione per la fuga avvenuta la notte precedente di altri due ufficiali dallo stesso ospedale.
Detto episodio fu di una criminalità senza precedenti da parte dei tedeschi essendosi concretato in un mero assassinio disgiunto dalle ‘motivazioni’ –se così possiamo chiamarle- che avevano portato all’infame fucilazione del giorno prima contro 129 Ufficiali che l’intercessione del Cappellano Romualdo Formato, recepita e comunicata al proprio Comando da un ufficiale tedesco che presenziava alle fucilazioni –sembra addirittura che si sia trattato dello stesso Muhlhauser- aveva indotto detto Comando a dichiarare chiusa la rappresaglia risparmiando la vita agli ultimi 37 Ufficiali rimasti. Ciò spiega perchè i 7 Ufficiali fucilati il giorno dopo siano stati immotivatamente assassinati dalle belve tedesche al di fuori e contro ogni parvenza di legalità che si era voluta imprimere agli omicidi del giorno prima.
Come ho già accennato, fui facile profeta nel prevedere che difficilmente il processo sarebbe andato avanti, data l'età dell'imputato (89 anni) e le sue precarie condizioni di salute evidenziate nel corso dell'udienza dal suo difensore avv. Umberto Musto di Bolzano e confermate dal suo decesso avvenuto il successivo 1 luglio con la conseguenza che il GUP dr. Lepore alla successiva udienza del 5 novembre 2009 emise sentenza di non doversi procedere per "morte del reo".
Detto procedimento, iniziato e concluso nello spazio di pochi mesi riveste però un' enorme importanza per aver confermato in sede giudiziaria due importanti aspetti della tragica vicenda sui quali la ‘storiografia’ ufficiale stenta a prendere posizione per un malinteso senso di osservanza del ‘politicamente corretto’.
In esso infatti si sono accertate due circostanze fondamentali e cioè: 1) che le vittime furono circa un quinto di quelle riportate dalla "vulgata" corrente e 2) che le fucilazioni avvenute dopo la resa della Divisione, avvenuta il 22 settembre, furono dirette esclusivamente contro gli Ufficiali fatti prigionieri e non anche i soldati eccettuata qualche sporadica uccisione come quella di 17 marinai impiegati per trasportare a mare i corpi degli ufficiali uccisi e poi uccisi a loro volta dai nazisti.
Su tale aspetto parlai in passato ad un Convegno indetto a Roma dell’ANCFARGL (Ass. ne Naz. FFAA Guerra Liberazione) come da articolo riportato
che sarà bene tener presente nel leggere le presenti note.
La truppa, dunque, esclusi i circa 1300 caduti nei combattimenti e i pochissimi sventurati assassinati dopo la resa, fu in larga parte trasferita nel continente, salvo un migliaio (1286) di militari che accettarono di porsi "al servizio" dei tedeschi e, con il loro comandante, nominato dagli stessi tedeschi nella persona dell'allora cap. Renzo Apollonio, rimasero –‘armati’ e non come ‘prigionieri’- a collaborare con loro fino alla definitiva partenza dall'isola di questi ultimi, raccontando poi ‘furbescamente’ di aver combattuto contro i nazisti inventandosi addirittura l’autocelebrativo nome di ‘Banditi Acqui’ o quanto meno di aver fatto un improbabile e soprattutto inutile ‘doppio gioco’, smentito perfino dalla documentazione tratta dal ‘Fondo Apollonio’ a suo tempo consultata dallo scrivente all’Ufficio Storico dell' Esercito Italiano....
Tornando al processo Muhlhauser, esso, dunque, pur se estinto ebbe ed ha un'importanza che travalica le stesse accuse mosse all'imputato, avendo le relative carte processuali ulteriormente confermato – nell’ istruttoria condotta dalla Procura- il dato numerico delle Vittime in misura nettamente inferiore a quello ‘canonico’ di 9/10.000 smentendo inoltre la fantomatica e non avvenuta fucilazione -dopo la resa- addirittura di 5.000 e forse più militari: una falsità ripresa e ripetuta ancora poco tempo fa da Aldo Cazzullo nel suo recente ‘Viva l’Italia’ in cui per commemorare i 150 anni dell’Italia Unita non ha trovato di meglio che gettare in pasto ai lettori i ‘cinquemila fucilati di Cefalonia’ nella scia dell’infedele vulgata che si trascina da anni in modo ormai tragicamente macabro e non più sostenibile. Né vale come consolazione ma anzi è da considerare un’aggravante il fatto che anche altri come A. Petacco e G. Mazzuca abbiano in precedenza compiuto una simile operazione scrivendo nel loro libro ‘La Resistenza Tricolore’ che i Morti a Cefalonia erano stati 9.640 (Novemilaseicentoquaranta) inducendo il conduttore di Porta a porta a fare una meschina figura ripetendo in una sua trasmissione detta cifra taroccata. La smentita ed il conseguente ridimensionamento del dato complessivo delle Vittime è contenuta –lo ripetiamo- nella CTU sui fatti di Cefalonia redatta dal dr. Carlo Gentile dell'Università di Colonia per incarico del PM Militare dr. G. Tornatore, che è allegata agli Atti del Processo ed è leggibile nell’articolo menzionato inizialmente dove sono riportate in copia anche le relative pagine 30 e 31 che indicano le Vittime in un totale di circa 2300 tra deceduti sotto i bombardamenti, nei combattimenti e nelle rappresaglie.
A proposito di queste ultime infatti, il mancato Processo Muhlhauser ha confermato che i Militari prigionieri fucilati dopo la resa del giorno 22 furono quasi esclusivamente gli Ufficiali concretizzando così quello che non fu lo ‘STERMINIO’ quasi totale della Divisione Acqui ma una brutale e spietata ‘RAPPRESAGLIA’ contro gli Ufficiali come da mio articolo su riportato.
A riprova di ciò nella Richiesta di Rinvio a Giudizio dell’ex s. ten. O. Muhlhauser inoltrata al Trib. Militare e NOTIFICATA ANCHE ALLO SCRIVENTE, la responsabilità dell’imputato è chiaramente specificata –v. copia allegata- in questi termini:
«Perché, durante il secondo conflitto bellico mondiale, essendo in servizio nelle forze armate tedesche, con il grado di Sottotenente e l'incarico specifico di Ufficiale portaordini (Ordonnansoffizier) presso il III Btg. del Gebirgsjager-Regiment 98° (98° Reggimento dei Cacciatori delle Alpi), nei giorni dal 22 al 24 settembre 1943, asseritamente dando esecuzione ad un ordine direttamente proveniente dal Fuhrer e con il quale si disponeva inizialmente, l'uccisione di tutti i militari italiani che avevano prestato resistenza attiva o passiva o che si erano uniti al nemico, poi da limitarsi esclusivamente al comandante delle divisione Gen. Antonio Gandin ed a tutti gli ufficiali in quanto considerati traditori dell'alleanza tra l'Italia e la Germania».
E' più che evidente quindi come ai draconiani ordini iniziali di Hitler di "non fare prigionieri" abbia fatto seguito una "limitazione" della rappresaglia ai soli ufficiali: il che certo non diminuisce la pena e l'orrore per quanto avvenuto che però - pur nella sua tragicità – non può continuare ad essere qualificato come "sterminio" dell'intera divisione.
E io che cosa ho detto e scritto ormai da decenni ?
In chiusura e per completezza di esposizione non posso non ricordare che i dati dei Caduti da me rilevati ed accertati in poco meno di 1.700 unità hanno trovato ulteriore riscontro in quelli esistenti nell’Ufficio ALBO D’ORO del Ministero Difesa sito in Roma via Sforza 4/b dove invito gli immarcescibili scettici e i miei ignorantissimi critici a recarsi per apprendere che i nostri Caduti –a Cefalonia- furono 1. 639 (MILLESEICENTOTRENTANOVE) ed eventualmente rivolgere le loro lamentele o insulti a detto Ufficio e non allo scrivente.
Massimo Filippini/Italia Estera