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04 mag 2001Allarme per il numero degli italiani espulsi dalla Germania

- TREVISO - “Ci sono italiani in carcere in Germania, recidivi o considerati pericolosi, che vengono espulsi anche se vivono lì da più generazioni a causa di una distorta interpretazione di normative comunitarie in materia, in particolare del trattato di Shengen, adottata da alcune regioni”.
L’allarme è stato rilanciato oggi, dopo la segnalazione di simili episodi fatta nei mesi scorsi dai Centri di Solidarietà (Ceis) del Veneto, ai quali il consolato italiano di Stoccarda si è rivolto per far ottenere ai detenuti le informazioni minime, che saranno loro necessarie al loro arrivo in Italia. Il direttore generale del Ceis di Treviso, Daniele Corbetta, attraverso l’agenzia cattolica Sir, ha anche osservato che gli interessati dal provvedimento di espulsione sono “singoli, tossicodipendenti, o intere famiglie perchè momentaneamente disoccupate o con stipendi troppo bassi, considerate, perciò, a rischio di assistenza sociale”.
Dal 1999, le espulsioni di cittadini con passaporto italiano, ma che spesso ignorano completamente la lingua madre, sarebbero state oltre 500, 200 nel solo Baden-Wurttemberg,regione in cui vivono 150 mila italiani.
Nel Land Nordreno-Westfalia, dove la popolazione di italiani è altrettanto numerosa, nello stesso periodo, le espulsioni sono state appena due, una differenza dovuta solo ad una diversa politica di controllo del territorio. Misure più severe sarebbero state adottate anche in Baviera, un fenomeno che, secondo Corbetta, si sarebbe accentuato negli ultimi due anni, nonostante gli interessamenti del governo italiano e della Commissione Europea.
L’ultimo caso clamoroso è quello che ha avuto come protagonista Nilo Soppelsa, un cittadino originario di Cencenighe (Belluno) che, invalido ed in attesa di pensione, a causa del suo reddito insufficiente si vide revocare il permesso di soggiorno dalle autorità del Baden-Wurttemberg, trascinando in una posizione di illegalità anche la moglie, titolare di un reddito mensile di poco più di 600 marchi. Sull’episodio aveva presentato un’interrogazione parlamentare il senatore Donato Manfroi.



 
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