
- ROMA - Con inusitata chiarezza, malgrado le querule richieste dell’opposizione, l’Italia ha mantenuto una linea di grande equilibrio sulla crisi irachena. Senza cedere al vezzo magniloquente che sembra aver incantato i nostri cugini francesi. Una posizione che è rispettosa delle nostre alleanze, sia in sede atlantica (con una particolare accentuazione della storica amicizia con l’America), sia nello spirito dell’unità europea. Doveroso, quest’ultimo, se si pensa al nostro imminente turno di presidenza dell’Unione a luglio, quando non vorremo certo passare il tempo ad aggiustare i cocci del fracasso franco-tedesco.
E l’Onu? Da settimane è l’arena di uno scontro diplomatico senza esclusione di colpi. L’ultima conta effettuata dalla Cnn darebbe, con il Pakistan, otto voti a favore degli Usa e dei suoi alleati. Quello che manca potrebbe essere il voto del Messico, oggi ancora indeciso. Si profila un compromesso al Consiglio di Sicurezza che darebbe ossigeno a Tony Blair, ormai deciso a mettere in gioco la propria leadership per mantenere fede agli impegni annunciati. Si torna a parlare di una risoluzione – memorandum rivolta a Saddam con precisi paletti sul come, sul dove e sul quando disarmare totalmente. Perché, perlomeno su un punto è difficile dissentire; dopo dodici anni e ben diciassette diverse risoluzioni dell’Onu, il dittatore iracheno è ancora oggi una minaccia per la sicurezza, prima di tutto del suo popolo-ostaggio, e poi dell’intera area, nella quale il rais non può contare su alcun alleato. Il presidente del Consiglio Berlusconi, nei giorni scorsi, nel parlare degli ultimi frenetici tentativi per indurre Saddam all’esilio, ha definito questa “una soluzione meravigliosa” per evitare l’intervento militare. Non siamo quindi arrivati al finale di partita: ci sono ragionevoli margini per sperare che la maggioranza del Consiglio di Sicurezza emerga unita per fornire la cornice necessaria a una eventuale scelta dell’uso della forza, “l’estrema ratio”, come recita un documento dell’Unione Europea approvato all’unanimità il 17 febbraio scorso.
Parole che valgono ancora oggi, rafforzate dalle dichiarazioni di Prodi, quando mette in guardia dalla tentazione di “costruire l’Europa in contrapposizione agli Stati Uniti “. sebbene il quadro sia in continua evoluzione, nei prossimi giorni sarà chiaro cosa effettivamente gli Usa intendano chiedere come supporto logistico ai suoi alleati. Ancora una volta il governo sarà coerente, e dopo una scrupolosa valutazione, sottoporrà al Parlamento ogni nuova iniziativa.
Chissà cosa dirà l’opposizione, spiazzata non solo dal professore bolognese, ma anche dalle precisazioni del governo tedesco, che ha garantito l’uso delle basi militari Nato sul proprio territorio. In ogni caso. Senza se e senza ma.