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13 set 2006Il governo Prodi reggerà, l’opposizione... meno, di Nino Randazzo

Un articolo del senatore Nino Randazzo (Ulivo) sui quotidiani d’Australia “Il Globo” di Melbourne e “La Fiamma” di Sydney

C’è un luogo comune, puntualissimo e , quasi inevitabile, del giornalismo politico italiano alla vigilia di ogni dibattito parlamentare su programmi, proposte e disegni di legge di peso rilevante o natura controversa: “Entrare in fibrillazione”. Pertanto è d’obbligo per i media in questa decisiva fase preparatoria della legge finanziaria concentrarsi sulle “fibrillazioni”, quelle vere e quelle presunte, del governo Prodi e dell’intera coalizione di centrosinistra.

In realtà le vivaci discussioni ed anche le espressioni di dissenso in seno alla maggioranza sull’aggiustamento dei conti pubblici per il nuovo anno, in relazione alle normative europee ed al futuro di pensioni e pensionati oltre che dell’interesse generale della società, lungi dal costituire sintomi di debolezza e imminente sfascio della coalizione sono segni di un sistema democratico robusto e vigoroso dove gli alleati si confrontano liberamente sui più scottanti temi sociali del momento. E fra questi, appunto, quelli del lavoro, del welfare, della sanità. Sono segni positivi di civile sensibilità alle esigenze di sicurezza delle fasce di popolazione più deboli ed esposte alle variazioni di clima economico, pur nel quadro di rigorose norme per il rilancio della produttività nazionale e il recupero di ingenti fette di redditi sommersi e relativi contributi fiscali evasi.

Non esiste dubbio che a conclusione, entro fine settembre-inizio ottobre, un punto di convergenza verrà raggiunto e il Parlamento avrà di fronte una Finanziaria 2007 dai contorni chiari, con regole moderate, tagli ragionati e sostenibili ed obiettivi precisi. Senza caduta della maggioranza neppure in questo delicato passaggio.

La cronaca recente dovrebbe insegnare. La maggioranza ha retto, anche al Senato, in circostanze di estrema difficoltà nei passaggi di questo principio di legislatura - dal Dpef alla ricerca sulle staminali, al decreto Visco-Bersani, al rifinanziamento della missione in Afghanistan, all’indulto ed a varie altre incisive misure di legge - quando i più avventati esponenti del centrodestra avevano già “decretato” la fine del governo al grido ritmato, da scolaretti indispettiti, e pappallescamente ripetuto ogni volta in aula “A casa, a casa!”

E il governo reggerà anche all’impegnativa prova della Finanziaria. Me lo fanno fra l’altro presentire con particolare percezione certe scontate reazioni ad una mia recente dichiarazione in un’intervista a questo giornale in merito a “voci” e “indiscrezioni molto consistenti” - ormai di pubblico dominio a Roma - circa la prospettiva, o sarebbe meglio dire “ipotesi”, di un graduale trasloco, in tempi ovviamente imprecisabili, di una decina di parlamentari dalla Casa delle Libertà al centrosinistra. È successo in passato, tale dosato “allargamento di maggioranza”, è normale, prevedibilissimo e quasi fisiologico che, dopo le batoste elettorali subite dalla squadra del Cavaliere alle regionali, alle politiche, alle comunali, al referendum costituzionale, torni a ripetersi. Mi trova per molti versi d’accordo l’affermazione della senatrice Casellati di Forza Italia, secondo cui “il buco dell’ozono sembra avere effetti devastanti in Australia”. È vero, gli “effetti devastanti” ci sono stati. Sul centrodestra. Comprensibile anche il grido del collega Trematerra dell’UDC: “La Casa delle Libertà è e resterà unita”. Ci mancherebbe che l’opposizione si dichiarasse esplicitamente contraria allo spirito unitario. Solo che oggi il centrodestra è sicuro della propria unità come era sicuro della propria vittoria alle elezioni di aprile.

Quanto alla “indignazione” di qualche referente forzista in Australia per la messa in dubbio dell’unità del centrodestra, ci sarebbe da osservare che l’indignato sembra non aver saputo, letto o capito come, fino all’insolito mutismo del Cavaliere per una ventina di giorni, dal mese di maggio un giorno sì e un giorno no Berlusconi, Fini e Casini si siano scambiate pubblicamente impietose vicendevoli espressioni di sfiducia. La leadership di Berlusconi rimane il problema centrale della CdL. Lo sarà ancora maggiormente nell’immediato futuro con la predisposizione del progetto di legge sul conflitto d’interessi e la regolamentazione del settore televisivo.

Nino Randazzo, Senatore della Repubblica 




 
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