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02 feb 2006Ruolo del CGIE. Risposta a Zuccarello dI Nazzareno Mollicone

ROMA, 2 FEB. (Italia Estera) - Ho letto la polemica “statunitense” Delli Carpini/ Cicala / Zuccarello a proposito del ruolo del CGIE adesso e nel futuro, dopo l’elezione dei deputati e senatori residenti all’estero.
Vi è chi ritiene che questa elezione annullerebbe il ruolo del CGIE. Io non ne sono convinto, per due motivi.
L’elezione dei parlamentari da parte degli italiani residenti all’estero è certamente un fatto di grande rilievo costituzionale, storico e politico, e mai si ringrazierà abbastanza il Ministro Tremaglia per aver portato avanti questa che lui giustamente chiama “una battaglia di civiltà”.
Però questi parlamentari non possono essere lasciati soli (visto anche il loro numero) ad operare nel Parlamento, od essere assorbiti – e magari annullati – dai gruppi parlamentari cui s’iscriveranno, espressione diretta dei partiti. Essi hanno invece bisogno di uno strumento di analisi, confronto, elaborazione dei vari problemi concreti e quotidiani che riguardano gli italiani all’estero che solo il CGIE, riassumendo le istanze provenienti dai Comites e dalle Associazioni, può esercitare, attuando il suo potere – spesso trascurato – di formulazione di pareri consultivi, alcuni anche obbligatori. E poi, chi manterrebbe il contatto con le Regioni, che oggi in Italia hanno una grande importanza legislativa, organizzativa e finanziaria? Nelle Regioni non esistono consiglieri eletti dagli Italiani all’Estero. Lo può fare solo il CGIE.
La seconda ragione dell’importanza del CGIE sta in una concezione basata sul ruolo dei cosiddetti “corpi intermedi”, che in Italia è certamente più diffuso e presente che negli Usa. La democrazia non può essere delegata solo al Parlamento: un ruolo fondamentale di collegamento tra le istanze popolari ed i rappresentanti legali delle istituzioni è svolto dalle organizzazioni, siano esse partiti o sindacati, associazioni di categoria od ordini professionali, associazioni imprenditoriali od istituzioni sociali ed assistenziali. Per gli Italiani all’Estero, questo ruolo potrebbe essere svolto dal Cgie, che riceve istanze dai Comites e dalle associazioni, e li trasferisce al Parlamento ed alle Regioni.
Una riforma del Cgie è certamente indispensabile, innanzitutto per renderlo un organo autonomo dello Stato simile al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro e non dipendente – com’è attualmente – dal Ministero degli Affari Esteri. Come pure va riformato il suo metodo di lavoro: non possono essere convocate le sessioni o le commissioni indipendentemente dai tempi della politica e dell’economia italiana. Almeno le commissioni tematiche potrebbero lavorare in continuità, avvalendosi dell’informatica.
Una parola infine sulla solita questione dei consiglieri di nomina governativa. Premesso che questi consiglieri appartengono proprio a quei “corpi intermedi” di cui parlavo prima, e che hanno quindi una loro specifica competenza ed esperienza su determinate materie, occorre anche ricordare che il loro apporto ai lavori nel Cgie non è ininfluente. Anzi spesso chi indirizza i dibattiti, articola ordini del giorno e sviluppa argomenti di attualità sono – in misura prevalente - proprio i rappresentanti delle organizzazioni nominati dal Governo. Potrebbero forse essere eliminati i rappresentanti dei Partiti, sostituendoli – come membri di diritto – con i parlamentari eletti nelle Circoscrizioni Estero: ma non riteniamo che sarebbe un buon lavoro privare il Cgie di altre competenze specifiche.
Tutte queste questioni vanno certamente esaminate in occasione del dibattito sulla legge di riforma del Cgie: ma, per favore, non eliminiamo organismi di rappresentanza e di confronto, per non restringere ulteriormente gli spazi di partecipazione dei cittadini alla vita politica, sociale ed economica.
 
 
Nazzareno Mollicone – componente di nomina governativa del Cgie -



 
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