di Alfonso Maffettone
NAPOLI, 10 FEB, (Italia Estera) – Il Napoli è diventato una industria del calcio. Il “ciuccio” o asinello, simbolo della società partenopea, è entrato a vele spiegate nell’Unione Industriali di Napoli. E’ stato accolto a braccia aperte dal neo presidente Paolo Graziano che ha fatto campagna acquisti, tanto per usare un linguaggio sportivo, iscrivendo all’ associazione di palazzo Portanna a Napoli 32 nuove società fra le quali la prima ed unica del settore sportivo è il più importante club calcistico della città.
Solo qualche anno fa , nel 2004, il Napoli era stato devastato dalla peggiore crisi nella sua storia e da un fallimento finanziario dal quale non sembrava destinato a rialzarsi. Adesso la situazione è cambiata radicalmente : il Napoli lotta per lo scudetto ed è sorretto da una struttura societaria solida sia a livello manageriale che economico-patrimoniale. L’artefice di questa trasformazione è stato Aurelio De Laurentiis, un produttore cinematografico nato da una famiglia originaria di Torre Annunziata e nipote del compianto Dino de Laurentis.
La sua guida ha instaurato nel tessuto sociale e sportivo del Napoli un nuovo corso fatto di lavoro e serietà, due ingredienti vincenti in ogni epoca ed in qualsiasi parte del mondo. Dalla serie C dove era sprofondata, la squadra azzurra è balzata alle vette della serie A ed ha recuperato il suo ruolo fra le compagini europee. Ma cosa ancora più eccezionale. De Laurentiis ed i suoi dirigenti sono stati ammessi a sedere accanto ai big dell’industria napoletana, basta ricordare un solo nome Antonio D’Amato, past president della Confindustria e leader della Seda di Arzano (Na) , gigante del packing in Campania ed all’estero.
Quello del Calcio Napoli è un ingresso storico nel gotha delle imprese : mai la compagine azzurra ,anche prima del fallimento del 2004, era stata iscritta all’’ Unione Industriali. E’ un esempio che va additato ai responsabili del Comune di Napoli e a tutti i politici che, seduti nelle loro poltrone , soggiacciono per pigrizia al dramma ambientale della città e non hanno la forza né la volontà di impostare almeno un discorso o un programma che possa ridare speranza per una rinascita del capoluogo campano. Solo chiacchiere e uno ossessivo scaricabarile di responsabilità, tecnica vecchia quanto il “cippo a Forcella” .
De Laurentiis, invece, ha avuto coraggio e fermezza sfidando l’impopolarità nei momenti più difficili del nuovo Napoli come quando sostituì Roberto Donadoni con l’attuale allenatore Walter Mazzarri. L’uomo giusto al posto giusto, una ricetta di cui avrebbe bisogno la città. Ed è lo stesso De Laurentiis a suggerirla in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, dopo aver rifiutato recentemente l'offerta di Berlusconi a candidarsi a Sindaco di Napoli. "Napoli ora ha bisogno di gente giusta che sappia e voglia lavorare; che sappia interfacciarsi con il mondo. Occorre essere global: cioè massima globalizzazione - intesa come internazionalizzazione - e massima localizzazione”, ha detto Il presidente
.
Bravo De Laurentiis ma attenzione alle insidie del successo : trasformare una società sportiva in una industria potrebbe anche rivelarsi una illusione come quella di quotare in Borsa le squadre di calcio. Scrive in proposito Gianfranco Teotino : “ Anche perché va considerato che lo stadio è sì un bene tangibile, ma particolare, in quanto sostanzialmente inalienabile: non è un edificio normale che puoi vendere a valore di mercato quando vuoi, ma un sito dove si disputano partite di calcio, il che esclude perciò tutti i potenziali compratori che non dispongono di una squadra di calcio da farvi giocare.”
Alfonso Maffettone/Italia Estera
Nella foto in bianco e nero il ciuccio fa il giro della pista allo Stadio San Paolo prima della partita. Siamo negli anni 60 . La foto é tratta dal sito wwwriccardocassero.it