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12 feb 2011L’Egitto volta pagina, ma le dimissioni di Mubarak complicano il quadro in M.O./ di Alfonso Maffettone

di Alfonso Maffettone

ROMA, 11 FEB, (Italia Estera) – L’Egitto volta pagina: Hosni Mubarak, 83 anni ,si è dimesso dopo 30 anni di potere assoluto. Un effetto domino immediato causato dalla fuga del presidente tunisino Ben Ali e che adesso potrebbe allungarsi alle monarchie ed alle altre dittature di molti paesi nella regione inclusi Siria, Arabia Saudita, Giordania ed Yemen. Tutto il mondo arabo è in fibrillazione sotto la spinta alla democratizzazione incoraggiata, a giorni alterni, dagli Stati Uniti del presidente Barack Obama, apparso incerto ed esitante in questa difficile crisi egiziana.

Il Capo dell’Esecutivo ha lodato il popolo egiziano per il cambiamento ma anche l’Iran ha fatto sentire la sua voce per il “risveglio islamico” nella Regione ed ha invitato gli israeliani a tornare ai loro paesi di origine “viste le circostanze”. Secondo il portavoce del ministero degli Esteri Ramin Mehmanparast "sta prendendo forma un nuovo Medio Oriente, non quello progettato dagli occidentali “.

E’ destabilizzante la confusione che si è prodotta sulla riva sud del Mediterraneo. Il timore è che ne possano approfittare i gruppi legati all’integralismo islamico o al terrorismo di Al Qaida per soffiare sul fuoco di una svolta radicale. L’Italia, il paese più vicino, sta già accusando i primi contraccolpi . 600 clandestini tunisini sono sbarcati a Lampedusa e molti altri seguiranno perché, a giudizio del Ministro dell’Interno Roberto Maroni, sono saltati i controlli di polizia nelle zone maghrebine.

In Egitto il vecchio faraone ha ceduto alle pressioni dei dimostranti ,degli americani, dei suoi stretti collaboratori ed ha passato i pieni poteri ai militari, spina dorsale del suo regime trentennale. Il popolo in tumulto chiedeva la sua partenza dall’Egitto ma Mubarak si è trasferito dal palazzo presidenziale del Cairo alla residenza sul mare rosso di Sharm Sheik. Le prossime ore ci diranno se Mubarak potrà esaudire il suo desiderio di morire in patria espresso nei giorni più infuocati della rivolta o se sarà costretto ad imboccare la via dell’ esilio (si parla di Abu Dhabi) sotto i colpi di una protesta popolare che potrebbe esplodere di nuovo dopo le celebrazioni momentanee per le dimissioni del tiranno.

Il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha assunto i pieni poteri ed ha assicurato che porterà avanti le riforme. I militari si sono fatti ben volere perché non hanno sparato sulla folla ma hanno poca e relativa esperienza di governo. E la situazione richiede leadership e capacità negoziale. Sul tappeto è la democratizzazione delle istituzioni promessa ai rivoltosi ed il confronto con la nuova opposizione di cui fanno parte per la prima volta i Fratelli Musulmani, il gruppo più forte ma anche il più controverso perché sospettato di essere in odore di integralismo islamico. L’Egitto tornerà alla stabilità di prima? O si imporrà una nuova dittatura, quella dei militari?. Sono interrogativi legittimi date le circostanze.

Il più grande Paese del mondo arabo è in condizioni di precarietà economica e sociale a causa di tre settimane di moti popolari. Sotto la guida del dittatore, era divenuto per l’Occidente una icona della stabilità in Medio Oriente. Pieno rispetto del trattato di pace con Israele, funzionalità del Canale di Suez, difesa del Mediterraneo dalla minaccia dell’integralismo e del terrorismo islamico. La cautela egiziana caratterizzava le decisioni internazionali più importanti. Ma il popolo - soprattutto le classi più emancipate ed i giovani della generazione Internet – ha accusato Mubarak di tirannia, corruzione ed oppressione ed è sceso arrabbiato nelle strade in nome delle libertà politiche e del rispetto dei diritti umani calpestati dalle brutalità della polizia che aveva licenza di arrestare senza accusa e senza reati.

Sotto l’onda montante delle proteste Mubarak ha promesso le riforme democratiche ed un periodo di transizione immediata e ordinata, come desiderava anche Obama, per preparare elezioni libere. Ha assicurato che in settembre si sarebbe fatto da parte ed ha revocato la promessa di successione fatta al figlio Gamal. Il popolo in tumulto non ha creduto alle sue parole ed ha insistito per le dimissioni pagando un prezzo di sangue altissimo: oltre 300 morti.




 
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