di Alfonso Maffettone
ROMA, 14 APR, (Italia estera) – I ministri degli esteri dei venti paesi del gruppo di contatto sulla Libia nella prima riunione svoltasi a Doha nel Qatar hanno dimostrato che non c’è né unità né coesione fra le nazioni della Nato. L’obiettivo dell’Occidente di intraprendere una guerra aerea per scopi umanitari sta miseramente fallendo di fronte alle sofferenze di Misurata sotto assedio da parte delle truppe leali al dittatore Muhammar Gheddafi. I giornali riferiscono che la città, a mezzo cammino fra Tripoli e Sirte, è ridotta ad un cumulo di rovine, di devastazioni, di morti e feriti. La popolazione è allo stremo per mancanza di cibo e medicinali e invoca l’ aiuto internazionale timorosa di un massacro per le vendette e le rappresaglie che potrebbero seguire alla caduta di Misurata. C’è da chiedersi che cosa intenda fare l’Occidente per impedire il peggio.
Il comunicato di Doha sostiene la necessità di costituire meccanismi di finanziamento temporaneo del Consiglio transitorio libico e lascia aperta la possibilità di inviare armi ai ribelli. Il Ministro degli esteri Franco Frattini ha detto che il compromesso raggiunto pone il problema del reperimento delle fonti di finanziamento e della loro legalità. Un iter, secondo gli osservatori, che ha bisogno di molto tempo. In secondo luogo l’invio di armi, sia pure espresso a Doha in termini di sottinteso, non è contemplato nella risoluzione 1973 dell’Onu ed ha trovato il rifiuto di molti membri Nato.
Sarebbe auspicabile a questo punto una proposta per la cessazione delle ostilità e l’avvio di trattative politiche e diplomatiche per una ricomposizione del conflitto su basi egualitarie. Bisogna prendere atto che Gheddafi sta vincendo sul piano militare e che i ribelli si sono dimostrati deboli ed incapaci nonostante la protezione dei bombardamenti Nato.
Aumentare la pressione su Gheddafi con i raid aerei come pretendono Francia e Gran Bretagna e come chiede il Consiglio di transizione libico, non sembra un percorso destinato ad avere grossi risultati. Anche perché l’opzione militare finora non ne ha avuto. Se la coalizione alleata vuole le dimissioni di Gheddafi , come ha chiesto ufficialmente a Doha perché lui e il suo regime “hanno perduto totalmente la legittimità ed i libici hanno diritto a determinare il proprio futuro” ebbene si dia al dittatore la possibilità di un salvacondotto che lo immunizzi dall’ordine di arresto della Corte penale internazionale dovunque vada in esilio. Altrimenti la guerra continuerà in Libia perché Gheddafi non si sente scalzato e gli Alleati continueranno a dividersi sul merito dell’intervento militare nonostante l’appello all’unità lanciato dal Segretario di Stato Usa Hillary Clinton alla riunione della Nato a Berlino.
Il Segretario generale dell’Onu Ban Ki moon ha denunciato che 3,6 milioni di persone avrebbero bisogno di aiuti umanitari in Libia. Un quadro che diventerà sempre più raccapricciante se l’Occidente continuerà a confrontarsi in polemiche e nella spaccatura fra falchi (Francia e Gran Bretagna in primo piano) e colombe.
I leader delle cinque potenze emergenti Brics - Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa - hanno criticato la campagna aerea occidentale in Libia durante un vertice nella Cina meridionale e si sono pronunciati per una soluzione pacifica..
“Siamo profondamente preoccupati per la difficile situazione in Medio Oriente, nelle regioni del Nord Africa e in quelle dell'Africa occidentale", hanno detto i leader Brics in una nota al termine del vertice di Sanya in Cina. "Ma condividiamo il principio che l'uso della forza debba essere evitato", hanno aggiunto esprimendo apprezzamento per gli sforzi di mediazione dell'Unione Africana in Libia.