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24 feb 2011Libia, arrivati due C-130 con gli italiani – Per Del Boca i morti non sarebbero 10.000 ma mille

50mila feriti non ci stanno in tutti gli ospedali del Medioriente. La Farnesina: "Finora 1100 gli italiani già rimpatriati, ne restano meno di 400. Per alcuni situazioni di criticità c’è riserbo" - Il raìs e' ormai pronto a fuggire - tutti temono il dopo Gheddafi
 
 
di Beppe Nisa 
ultimo aggiornamento: 24 febbraio, ore 23,30
 
ROMA, 24 FEB 2011 – Sono due i C-130 dell'Aeronautica Militare Italiana  provenienti dalla Libia che sono atterrati nel tardo pomeriggio all'aeroporto militare di Pratica di Mare, nei pressi di Roma. Con l'arrivo dei  due voli, a distanza di circa un'ora l'uno dall'altro, sono tornati a casa 79  nostri connazionali e diversi cittadini francesi, sloveni e inglesi. Alcuni  passeggeri avevano  in braccio dei bambini con gli occhi stanchi e impauriti che sono stati subito  assistiti dai volontari della Croce Rossa.
 
Intorno alle ore 19 è arrivato il primo aereo C-130 con a bordo 47 persone (24 italiani e gli altri funzionari dell'Onu, della Fao e di altre organizzazioni). Un connazionale appena arrivato, ancora molto spaventato dice: "Le bande si scatenano di notte, abbiamo avuto paura" 
 
"Stanno partendo tutti, ma noi italiani non siamo stati in pericolo. La preoccupazione in Libia è che ci sia il caos dopo Gheddafi", dice una connazionale, appena sbarcata dal secondo C-130 con 97 persone a bordo, atterrato all'aeroporto intorno alle 20.30.
 
In Italia è giunta anche l'equipe di 11 archeologici della Sapienza diretta dal professore Savinio Di Lernia.
 
"All'aeroporto di Tripoli  è un caos assoluto -spiega un altro testimone- il consolato ci ha assistito, ma molte città sono fantasma. Di giorno la situazione sembra più tranquilla, ma di notte si scatenano le violenze. Quando Gheddafi ha fatto il discorso in televisione, la popolazione ha avuto paura. Il problema è la notte". Sono diversi gli italiani, provenienti da Azzawyia, lavorano lì da tempo. "Siamo stati chiusi dentro il nostro campo, non abbiamo visto le violenze raccontate dai media, ma la situazione e' complessa. Ci hanno consigliato di ritornare".
 
Finora sono "1100 gli italiani già rimpatriati, alcuni su voli Alitalia, altri su voli speciali, mentre ne restano meno di 400 che a nostra conoscenza sono ancora in attesa di rientro", ha detto il capo dell'unità di crisi della Farnesina Fabrizio Romano spiegando durante un briefing con la stampa a Roma che molti dei connazionali in attesa di rimpatrio si trovano al momento a Misurata. "Ci sono situazioni di criticità che coinvolgono cittadini italiani", ha poi aggiunto e "queste criticità sono di non facile soluzione". Ma sulla questione c'è "riserbo".
 
In un nuovo collegamento con la Tv di stato, questa volta telefonico, interrotto poi bruscamente, il leader libico Muammar Gheddafi, riferendosi alla proteste in corso nel paese ha detto che la  Libia "è vittima di un malocchio" e che sono stati "gli invidiosi" a lanciare un malocchio contro il paese. Poi si è rivolto alla gente di al-Zawiyah e chiede "di cessare le attività militari" definendo la rivolta nella città "una farsa condotta dai giovani a cui bisogna porre fine". Lì, secondo Gheddafi, "ci sono infiltrati di al-Qaeda" che dovrebbero essere "arrestati". Proprio i seguaci di Osama Bin Laden "hanno fornito droga" ai giovani della città che protestano contro il governo.
Sono tutti ''ragazzini drogati'' quelli che sono scesi in piazza in Libia per manifestare contro il regime, al potere da 41 anni, insiste il Colonnello. ''Non c'è nemmeno un padre di famiglia tra di loro'', dice con l'intento di screditare la rivolta popolare in corso, "sono tutti giovani, hanno tra i 15 ai 20 anni''.
''Se volete siete liberi di vivere in questo caos - dice Gheddafi - se volete uccidervi l'uno con l'altro, siete liberi di farlo". Ma ''questa situazione non è paragonabile a quel che è avvenuto in Egitto e Tunisia'', aggiunge il Raìs.
Il colonnello libico esprime quindi le sue ''condoglianze per le vittime degli scontri'' tra manifestanti e sostenitori del regime in corso in Libia. ''I caduti sono tutti nostri figli'', dice il Raìs, riferendosi sia ai rivoltosi, sia agli uomini degli apparati di sicurezza.
 
 
Ma La situazione in Libia è sempre più drammatica. Sono ripresi gli attacchi contro i rivoltosi. Le milizie fedeli al raìs Muammar Gheddafi hanno attaccato questa mattina i rivoltosi che manifestavano nel centro di al-Zawiyah, 40 chilometri a ovest di Tripoli. Sarebbero più di dieci i morti, secondo un testimone in collegamento telefonico con la tv 'al-Jazeera', nei violenti scontri che si sono estesi anche nella periferia della città dove le milizie del colonnello starebbero seminando il terrore.
 
Anche altre fonti citate dalla tv satellitare 'al-Arabiya' sostengono che si contano numerosi morti e feriti tra i manifestanti.
 
Gli apparati di sicurezza libici hanno invitato i rivoltosi a consegnare le armi in cambio di un provvedimento di amnistia. Lo riferisce l'emittente satellitare al-Arabyia
Dalla parte dei manifestanti sono passate le truppe dell'esercito libico di stanza ad al-Zawiyah che, riferisce 'al-Jazeera', hanno aperto gli arsenali di armi alle circa 30 mila persone che sono scese in strada oggi in piazza al-Shuhada.
Secondo 'al-Jazeera' sia la città di Zuara, in Tripolitania, che al-Kufra, nel sud della Libia, sono state conquistate dai manifestanti.
 
Dalla parte di Gheddafi. L'attacco delle sue milizie ad al-Zawiyah è stato condotto dalle brigate dell'esercito libico composte in buona parte dai mercenari provenienti dai paesi africani. Ma secondo la pagina 'Facebook' del sito di opposizione libico 'al-Manara', che da giorni riporta notizie su quanto sta accadendo nel paese arabo, tra i mercenari ci sarebbero anche europei, compresi italiani.
 
Testimoni riferiscono al New York Times che migliaia di esponenti delle forze paramilitari del raìs sono schierati per le strade di Tripoli, sono in possesso di un gran numero di armi e pronti a sparare contro la popolazione. I miliziani, alcuni in divisa e altri in borghese, hanno anche allestito decine di checkpoint in città, chiedendo a tutti non solo di esibire i documenti, ma anche di esporre sulle auto bandiere libiche e immagini del leader Gheddafi.
 
Altri attacchi. I fedeli a Gheddafi hanno attaccato oggi anche i manifestanti che da giorni controllano la città di Misurata. Anche qui, annuncia 'al-Arabiya', ci sarebbero diverse vittime. "Le brigate fedeli a Muammar Gheddafi stanno usando le armi pesanti ", afferma un testimone di Misurata in collegamento telefonico con 'al-Jazeera'.
 
"Ci sono aerei militari che sorvolano la città e che sparano raffiche di mitra - dice - mentre le forze di terra hanno lanciato razzi contro i manifestanti. Al momento ci sono diversi morti e feriti ancora in strada".
 
Saad Gheddafi, secondogenito del colonnello, assicura: "Controlliamo l'85% della Libia". "Nella maggior parte delle città del paese la situazione è tranquilla - dichiara - sono in mano ai manifestanti solo le città sulla costa della Cirenaica". Mentre il fratello Seifulislam Gheddafi , nel corso di una visita alla tv di Stato libica, ha affermato "Sono false le notizie sui raid aerei contro i manifestanti in Libia".
 
La figlia di Gheddafi, Aisha è invece apparsa oggi in tv, come già aveva fatto il padre, davanti alla residenza di Bab al-Aziziya, bombardata dai caccia americani nel 1986. La donna è intervenuta sull'emittente di Stato di Tripoli per smentire le voci riguardo a una sua fuga all'estero. "Dico ai libici - ha affermato - che amo e che mi amano, che io resisto davanti a questa casa distrutta". Per i media arabi, però, Aisha si sarebbe imbarcata ieri su un aereo a cui è stato vietato l'atterraggio all'aeroporto della Valletta, a Malta.
 
Intanto, l'organizzazione di al-Qaeda nel Maghreb islamico è intervenuta con un messaggio, apparso sui forum jihadisti sul web, in sostegno alla rivolta del popolo libico. Il leader libico Muammar "Gheddafi è un assassino, sosteniamo la rivolta degli uomini liberi, nipoti di Omar al-Mukhtar", si legge nel testo.
 
 
La Corte penale internazionale (Cpi) ha smentito che la fonte della tv al Arabiya, che ieri parlava di un bilancio di «almeno 10 mila morti e 50 mila feriti» in Libia sia un «membro della Cpi».

«Diverse fonti mediatiche - si legge in un comunicato diffuso sul sito della Corte - hanno pubblicato una notizia riguardo alla situazione in Libia attribuita a Sayed Al Shanuka (o El-Hadi Shallouf) presentato come "membro della Corte penale internazionale". La Cpi desidera chiarire che questa persona non è né membro del personale della Corte, né parte in causa in un caso attualmente in corso davanti a essa, e che non può in alcun caso parlare a nome della Corte. Ogni sua dichiarazione è a titolo personale».

Nel comunicato, la Corte rinvia all'«unica posizione ufficiale» della Cpi, fatta ieri dal procuratore Luis Moreno Ocampo, in cui si dichiara che «tocca ai libici decidere se giustizia deve essere fatta in Libia» che «a oggi non è uno Stato parte dello Statuto di Roma. Di conseguenza la Cpi non può intervenire sui crimini che sarebbero stati commessi a meno che le autorità libiche non accettino la competenza della Corte». 

Angelo Del Boca, massimo storico del colonialismo italiano ed esperto di Libia, è scettico sulle immagini pubblicate da molti quotidiani di tombe con la didascalia «fosse comuni a Tripoli», tratte dal video pubblicato su One day on earth e di cui Italia Estera ne ha dato notizia ieri. «Innanzitutto è evidente anche dalle immagini che non si tratta di fosse comuni - dice Del Boca in un'intervista a Vita.it - il luogo poi non è la spiaggia, ma il cimitero di Tripoli perché si vedono un minareto e varie case che sono le ultime abitazioni della  città, proprio dove comincia il cimitero».

«E' un massacro, ma i morti sono un migliaio non diecimila». Secondo Del Boca sono gonfiate le cifre sulle vittime: «Non si può parlare di 10mila morti e 50mila feriti. Ma scherziamo? 50mila feriti non ci stanno in tutti gli ospedali del Medioriente. Sono cifre false e tendenziose».
 
Ma chi ha interesse a gonfiare le cifre? «La persona che le ha riferite, cioè questo Sayed al Shanuka, componente libico della Corte penale internazionale, mi sembra una persona per bene - afferma Del Boca - ma al Shanuka non sta in Libia, se ne sta tranquillamente negli Stati Uniti».
 
Del Boca riceve telefonate quotidiane dalla Libia, dove è stato molte volte, anche per intervistare Gheddafi. «Stamattina un caro amico da Tripoli me l'ha confermato: i morti sono tanti, ma sono al massimo un migliaio. Ciò non toglie che sia in corso un massacro». E i mercenari? Lo stesso Gheddafi ha parlato di 30mila soldati. Per Del Boca, «saranno due-tremila».
 
"Muammar Gheddafi e' ormai pronto a fuggire. Testimoni locali con cui sono in contatto hanno visto preparare il suo jet privato a Tripoli". E' quanto ha affermato il presidente della Comunita' del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, nel corso di un colloquio con l’ADNKRONOS INTERNATIONAL. "I gruppi di opposizione libici sono convinti che entro due giorni il regime di Gheddafi cadra' - ha aggiunto - i manifestanti delle citta' liberate si stanno preparando per marciare verso la capitale". Secondo l'esponente della comunita' araba presente in Italia, "il governo italiano non deve temere possibili esodi di immigrati verso il nostro paese perche' fonti mediche libiche mi hanno assicurato che gli unici esodi previsti sono verso i paesi confinanti come Tunisia ed Egitto". In base alle informazioni ottenute da Aodi, si combatte in queste ore solo a al-Zawiyah e nei dintorni di Tripoli.
Da Bruxelles si apprende che l'Unione europea non esclude un intervento militare per fronteggiare l'emergenza umanitaria che si sta configurando in seguito alla crisi in Libia. È quanto si apprende da fonti comunitarie, che parlano di «ipotesi allo studio» e di tema «delicato e complesso». L'Unione europea dispone di unità militari chiamate «battle groups» all'interno dello «staff militare dell'Unione europeo» che, istituito dal trattato di Nizza del 2000, in questi 10 anni ha già gestito missioni internazionali in Bosnia, Macedonia e Congo.
Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, conversando con i giornalisti alla Camera ha però smentito questa ipotesi. «Per azione militare umanitaria - precisa - immagino che si intendano azioni di peacekeeping come quelle in cui siamo impegnati in diverse parti del mondo». In ogni caso, «non se ne è parlato, non mi pare che ci siano le condizioni in questo momento»
La Libia di Gheddafi si sta stringendo sempre di più, è praticamente divisa in due con la parte orientale controllata dai ribelli. Il tutto in mezzo a un bagno di sangue di cui è difficile valutare i termini reali, data l'enorme difficoltà di controllare tutte le segnalazioni che escono dal paese. «Le milizie del regime stanno bombardando Zawia, la stanno massacrando, la gente sta morendo». È questo l'ultimo l'allarme lanciato per telefono  da una testimone oculare
Un primo bilancio, reso noto da testimoni a un sito arabo, parla di 40 morti e decine di feriti. Almeno 20 militari sarebbero stati uccisi «perché si sono rifiutati di sparare sulla folla». Lo riferisce Al Jazeera, mostrando le immagini di un posto di polizia nella città dato alle fiamme. Alla popolazione di Zawia e non solo, Muammar Gheddafi ha rivolto un discorso, in collegamento telefonico con la televisione di stato libica, puntando il dito contro Osama bin Laden.

Il Colonnello Gheddafi   è asserragliato a Tripoli, nel bunker di Bab al-Aziziya. Lo riferisce la rete al Arabiya secondo cui le truppe ancora fedeli a Gheddafi hanno isolato la capitale stendendo un cordone di mezzi e truppe con cui difendere il Raìs. La zona di Bab al-Aziziya a Tripoli, dove si trova la residenza del leader libico, sarebbe senza elettricità dalla scorsa notte. Secondo quanto riferisce il sito "Libya al-Youm", che cita fonti locali, nella notte l'intero quartiere è stato colpito da un blackout elettrico che ha interessato anche la zona di al-Mansura e la via al-Jumhuriya. L'interruzione della corrente elettrica è coincisa con una sparatoria avvenuta nei dintorni della residenza di Gheddafi, durante la quale sono stati visti cecchini posizionarsi sui tetti dei palazzi del quartiere per sventare un'eventuale attacco. Testimoni parlano inoltre di miliziani africani fedeli a Gheddafi che hanno circondato il quartiere di al-Tajura.
 Gheddafi, scrive il New York Times, sta rafforzando il suo quartier generale di Tripoli, mentre i suoi oppositori nella capitale stanno organizzando la loro prima iniziativa di protesta coordinata per venerdì. Un testimone locale, dice che il discorso minaccioso rivolto al Paese dal colonnello Gheddafi ha portato la determinazione dei rivoltosi «al 100 percento». I ribelli che si sono impadroniti praticamente di tutta la parte est del Paese, fino alla frontiera con l'Egitto, hanno avvertito che marceranno sulla capitale: «Il nostro obiettivo è Tripoli», ha ammonito uno dei rivoltosi.
Le milizie fedeli al leader libico Muammar Gheddafi hanno attaccato i manifestanti che da giorni controllano la città di Misurata. Lo ha annunciato la tv satellitare Al-Arabiya secondo la quale ci sarebbero diverse vittime. Testimoni hanno riferito che si è svolta una violenta battaglia vicino all'aeroporto della città. I miliziani sarebbero riusciti ad avere la meglio sui manifestanti che hanno poi tentato di riprendere il controllo della città. Le persone fuggite dalla Libia in Tunisia hanno invece raccontato che i ribelli anti-Gheddafi hanno preso il controllo della città nordoccidentale di Misurata, situata a circa 200 chilometri da Tripoli, oltre alla parte est del paese, attorno alla città di Bengasi, dove la rivolta è scoppiata la scorsa settimana. Violenti scontri si sono verificati anche nella città di Sabratha, 80 chilometri a ovest di Tripoli, dove si trova un importante sito archeologico romano. In questa località, riferiscono testimoni locali, ci sarebbe un massiccio dispiegamento di mercenari stranieri. «I comitati rivoluzionari (pilastro del regime libico, ndr.) stanno cercando di uccidere tutti coloro che si oppongono a Gheddafi» ha detto un medico scappato da Sabratha, che ha parlato in condizione di anonimato per paura di ritorsioni. Per la prima volta ci sono notizie di proteste anche nella città meridionale di Sabha, considerata una roccaforte del leader libico.
Notizie raccapriccianti, ma incontrollabili,  giungono da Tripoli dove esponenti dei «comitati rivoluzionari» al soldo di Muammar Gheddafi starebbero facendo irruzione negli ospedali di Tripoli e uccidendo i feriti che hanno manifestato contro il regime. A riferirlo una fonte medica, citata da Sliman Bouchuiguir, segretario generale della Lega libica per i diritti umani. L'informazione, dice, gli è stata riferita da una fonte medica dell'ospedale centrale di Tripoli, uno dei quattro o cinque nosocomi della capitale.
Il ramo nordafricano di Al Qaeda si schiera a fianco dei dimostranti anti-regime in Libia, e accusa Muammar Gheddafi di essere un «assassino di innocenti». Lo riferisce il Site, il gruppo di monitoraggio dei siti estremisti islamici, citando un comunicato dell'Aqmi pubblicato online.
 
Muammar Gheddafi in 42 anni al potere avrebbe accumulato un tesoro di 32 miliardi di dollari, la maggior parte depositati e celati negli Stati Uniti. Questo è quanto emerge da uno dei cablogrammi dell'ambasciatore americano a Tripoli diffusi da Wikileaks da cui emerge che Gheddafi venne avvicinato da Bernard Madoff, l'ex finanziere ebreo condannato a 150 anni di carcere per una maxi-truffa da 65 miliardi di dollari, e da Allen Stanford, in prigione per frode. Per sua fortuna Gheddafi non cadde nella trappola. Il cablogramma è datato 28 gennaio 2010.
ALITALIA FERMA I VOLI - L'Alitalia ha sospeso i voli di linea con Tripoli. «A causa dell'aggravarsi della situazione presso l'aeroporto di Tripoli - afferma la compagnia in una nota - dove è compromessa la possibilità per i passeggeri di raggiungere i gate d'imbarco, non funzionano i collegamenti telefonici interni e internazionali, sono a rischio le misure di sicurezza e i servizi di handling e di assistenza - Alitalia, in linea con quanto deciso da altre compagnie aeree, sospende i voli di linea sulla destinazione fino a che non saranno ripristinate le necessarie condizioni operative».



 
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