di Claudio Antonelli
OTTAWA, 12 FEB. (Italia Estera) - Seguendo i giornali e i notiziari radio-televisivi in provenienza dall’Italia si è colpiti dal rilievo smisurato che lì si dà ai fatti di cronaca nera. Nella penisola, la grancassa mediatica esaspera l’allarmismo, direi genetico, dell’italiano medio, il quale è convinto – erroneamente – di vivere in uno dei paesi più violenti al mondo. La cronaca nera, con il voyeurismo, le polemiche e le chiacchiere, funge addirittura da collante unitario. Fenomeno paradossale: un popolo sprovvisto di normale coscienza nazionale è unitissimo nelle emozioni e nei commenti intorno ai fatti di cronaca anche minori.
Tutto il contrario di quanto accade in Canada, dove anche il fatto di cronaca più efferato non assurge mai ad avvenimento nazionale. Qui da noi, il focus dell’interesse giornalistico è rivolto ad altri soggetti che non alla rapina, all’omicidio, all’incidente mortale. In Canada, il disinteresse per i “morti ammazzati” supera forse la norma. Che si pensi a quell’episodio dalle tinte apocalittiche del passeggero della corriera che recise con un coltello la testa di un altro viaggiatore. In questo Paese, passato un breve momento d’orrore, la cosa non ha interessato più nessuno, e del folle assassino non si è saputo più niente. Forse che il Canada è abitato da un popolo speciale? Non credo. I canadesi sono certamente meno allarmisti e catastrofisti degli italiani, ma si preoccupano anche loro dei fatti di cronaca nera: quelli della loro ristretta comunità o del loro paese d’origine. Il multiculturalismo, infatti, ha come effetto di spezzettare il paese in tante realtà psicologiche. Inoltre, vi è il ruolo positivo degli organi d’informazione molto più sobri di quelli italiani che sono invece gran maestri di allarmismo, di polemiche e di grand-guignol. Che si pensi all’isteria che in Italia circonda i delitti (delitto di Cogne, strage di Erba, delitto di Perugia, delitto Poggi). Il trascorrere del tempo, anche per l’incredibile durata di indagini e di processi con sentenze che ribaltano le precedenti e con nuovi processi quasi all’infinito, ha scarso effetto sugli italiani, interessati vita natural durante a queste interminabili vicende. Al centro vi è anche il protagonismo degli inquirenti, avidi di luci della ribalta e sempre pronti a interviste e ad esternazioni. E così nella Penisola si torna a rivangare fatti della preistoria giudiziaria, senza che nessuno trovi da ridire sul fenomeno aberrante degli abitanti di un Paese sovrappopolato, moderno, avanzato, che si comportano come se vivessero in un minuscolo villaggio.
La televisione trionfa nella Penisola come in nessun altro paese al mondo. Sullo schermo questi personaggi urlanti e gesticolanti: i conduttori del programma e i loro invitati (i politici in primo luogo). Gli spettatori sono diventati quasi attori, installati come sono non più in platea come un tempo, ma sul palcoscenico. Da casa o dal bar, la massa dei guardoni, divisi in “guelfi” e “ghibellini” (oggi tutti pro- o anti-Berlusconi), segue con avidità ed invidia le eterne, assordanti polemiche su tutto e su niente. E al grand-guignol della cronaca nera è dato ampio rilievo in questa TV sui generis, dagli spettacoli sgangherati e avvilenti.
Claudio Antonelli / Italia Estera