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10 gen 2008Gli Speciali di Italia Estera: ARTURO DELL’ORO, RITRATTO DI UN EROE (1896 – 1917)

Di Gerardo Severino
Dal maggio 1915, inizio della partecipazione italiana alla 1a guerra mondiale, e fino all’estate del 1918, moltissimi furono gli italiani emigrati all’estero che ritornarono nella loro Patria natia per arruolarsi volontariamente. I più numerosi furono coloro che provenivano dall’America Latina, in particolare quelli emigrati o nati in Argentina, Brasile e Cile da genitori italiani. In quest’ultimo Paese, però, le comunità italiane, tedesche, inglesi e francesi, che sino a quel momento avevano convissuto tranquillamente, iniziarono a contrapporsi, seppure pacificamente, dando subito inizio alla sottoscrizioni di fondi, alla creazione di comitati e, soprattutto, alla mobilitazione generale attraverso gli arruolamenti volontari. In ossequio alle norme internazionali che disciplinavano la condizione di neutralità, il Cile non impedì affatto l’arruolamento dei cittadini originari dell’Europa nelle forze armate dei rispettivi Paesi di provenienza, ciò malgrado l’amara consapevolezza che migliaia di essi sarebbero andati a combattere una guerra fratricida che li avrebbe visti nemici gli uni agli altri.
E furono davvero in tanti a morire sui campi di battaglia: dagli italiani agli inglesi, dai tedeschi ai francesi, che un tempo convivevano pacificamente nelle varie province del Cile, in molti dovettero versare il proprio sangue, in virtù della propria origine, per la salvezza di quella Patria che anni prima loro o i propri genitori avevano abbandonato per rifarsi una nuova esistenza o per condurre, semplicemente, una vita più decorosa. Anche fra le migliaia di italo-cileni che, a partire dal maggio 1915, si imbarcarono nel porto di Valparaiso alla volta della madrepatria, molti non fecero più ritorno a casa, in quanto vittime oscure di quell’assurdo vortice che fu la “Grande Guerra”. Il contributo di sangue offerto dagli emigrati è stato molto spesso dimenticato nelle celebrazioni ufficiali, e ciò probabilmente perché la loro italianità era stata concepita una tantum, rispondente ai soli fini numerici della mobilitazione. D’altra parte non era la prima volta che gli italiani residenti all’estero avevano sentito forte il richiamo del sangue: dalle battaglie del Risorgimento alla Guerra Italo-Turca del 1911, essi fecero sempre ritorno in Patria e per essa morirono; tuttavia l’Italia raramente si ricordò di loro. Non è questo, per fortuna, il caso di Arturo Dell’Oro, un glorioso Sergente aviatore nato in Cile, il quale fu decorato con la massima ricompensa al Valor Militare per essersi eroicamente immolato nei cieli di Belluno ad appena vent’anni d’età, ed al quale, a novant’anni dalla sua morte, dedichiamo il presente articolo. Arturo Dell'Oro nacque il 7 settembre 1896 a Vallenar, una cittadina dell’entroterra cileno a circa 660 Km a nord di Santiago, da genitori di origini piemontesi poiché il padre era nato a Vagna (Domodossola), mentre la madre era di Pallanza. Dopo aver frequentato le scuole elementari, il giovane Arturo collaborò con i genitori nella gestione della piccola vigna che il padre aveva faticosamente impiantato nella fertilissima valle del Rio Huasco, alternando anche il lavoro nelle distillerie di “pisco”, la tradizionale grappa cilena, di cui la località era già allora fra le maggiori esportatrici. Nel maggio 1915, appena avuta notizia dell’imminente ingresso dell’Italia nel conflitto mondiale, il giovanissimo Arturo si precipitò a Valparaiso, ove nel frattempo era stato aperto un Comitato per il reclutamento dei giovani per il fronte europeo. Mentre molti dei suoi amici d’infanzia si accingevano a vestire un’uniforme nemica, il nostro Arturo raggiunse Genova a bordo di un piroscafo partito da Valparaiso lo stesso giorno dell’arruolamento. Con il cuore ferito per non aver potuto abbracciare i genitori prima della partenza, Arturo Dell’Oro si arruolò tra i volontari del Corpo Aeronautico, una specialità che allora era inquadrata nell’Arma del Genio del Regio Esercito italiano. Dopo aver completato il corso di pilotaggio e conseguito il relativo brevetto di pilota aviatore, il giovane Arturo fu destinato alla 2^ Sezione dell’83^ Squadriglia Caccia, ove si distinse, da subito, in rischiosissime missioni contro le frequenti incursioni nemiche. Già nello stesso 1915, il pilota italo-cileno conseguì una Medaglia d’Argento al Valor Militare per un azione eroica compiuta nel cielo della Val Clusa (Bellunese) mentre, qualche tempo dopo, si meritò anche la promozione per merito di guerra al grado di Sergente. Primo tra i primi in mille azioni segnate dal coraggio e dallo sprezzo della morte, il Sergente Dell’Oro, per quanto giovanissimo, fu da esempio per tutti. Votato scientemente al sacrificio, in una sua battuta rivolta ai compagni poco prima della morte eroica, aveva detto, riferendosi all’eventuale inceppamento della mitragliatrice di bordo: «Se l’arma mi dovesse tradire ricorrerò all’urto», anticipando la tremenda determinazione che, qualche decennio dopo, mostreranno i famosi kamikaze giapponesi. La giovane esistenza di questo Eroe purissimo si esaurì il 1° settembre 1917 nei cieli di Belluno, come anticipato in apertura, per conseguire l’abbattimento di un "Albatros" austriaco. Ma per meglio comprendere l’altissimo valore del suo sacrificio, lasciamo la parola al Maggior Generale Leone Andrea Maggiorotti, allora Capo dei Servizi Aeronautici del Regio Esercito Italiano, che il successivo 9 settembre dedicò al Dell’Oro un memorabile Ordine del Giorno. Il Generale scrisse: «Nel mattino del 1° settembre, nel cielo di Belluno, in epico combattimento aereo, il pilota sergente dell’Oro Arturo, stringendo dappresso l’apparecchio nemico, tradito forse dall’arma di bordo, nell’ansia che il nemico gli sfuggisse, si scagliò con l’altra arma che non poteva tradirlo, col suo grande cuore, contro l’apparecchio avversario e nel cozzo tremendo, precipitò, assieme al nemico vinto, sul suolo della Patria. Non è questa ricostruzione di fantasia colpita davanti al duello leggendario, di fronte ai vincitori e vinti che, corpi ormai informi in mezzo al groviglio delle loro macchine infrante, giacciono sulle alte rocce del Pelf. È l’eroico mantenimento di una promessa che il prode scomparso aveva fatto ai compagni poche ore prima del suo gesto meraviglioso […] la sorte avversa ha voluto poco dopo provare il cuore d’acciaio di questo modesto Eroe, che non ha esitato a scagliare tutta la sua vita generosa contro il nemico per averne la vittoria».
Le povere salme di Arturo Dell’Oro e degli aviatori austriaci da lui abbattuti, al termine delle esequie a cui prese parte una folta rappresentanza popolare, furono solennemente traslate nel cimitero di Belluno. La degna fine di una giovinezza eroica ed ardimentosa, maturata nei campi e nelle distillerie di Vallenar tra la gioia dei suoi familiari e culminata nella strenua difesa della Patria d’origine, fu salutata dalla concessione della Medaglia d’Oro al Valor Militare, avvenuta il 3 gennaio 1918 e della quale riportiamo la motivazione: «Audacissimo pilota da caccia, infaticabilmente sorvolando le alte vette del Cadore, ardito fra gli arditi, piuttosto che rinunciare alla vittoria, si slanciava contro un velivolo nemico e lo abbatteva coll'urto, precipitando insieme col vinto; esempio altissimo di coraggio e di mirabile abnegazione - Cielo di Belluno, 1° settembre 1917». Alla riconoscenza della Patria in armi fece seguito quella delle singole istituzioni e dell’amato Cile. Alla sua memoria, infatti, il 19 giugno 1921 fu intitolato il Campo d’Aviazione di Pisa S. Giusto, mentre qualche tempo dopo avvenne lo stesso per l’Aeroporto di Belluno. Molte le strade a lui intitolate sia in Italia che in Cile, mentre in quest’ultimo Paese porta ancora il suo glorioso nome la Scuola Italiana a Valparaiso, ubicata in Avenida Pedro Montt. Il più recente atto che assegna un riconoscimento al valore di questo grande Eroe italo-cileno è del 1° febbraio 2007, data in cui è stato pubblicato nel Diario Oficial il decreto n. 385 del Ministero dell’Educazione, mediante il quale la sede della gloriosa Istituzione Culturale è stata proclamata “monumento nazionale”.
Gerardo Severino/Italia Estera



 
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