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10 gen 2008L’operato di Pecoraro Scanio il “signor no” lo spiegano Aldo Cazzullo e Paolo Togni

Pecoraro Scanio, il «signor no» ora ha detto sì anche all'esercito
Retromarcia verde dopo gli alt a Ogm, Tav, discariche e alberi di Natale
Dal Corriere della Sera  Servizio di Aldo Cazzullo
ROMA, 9 GENNAIO    «Muoveremo l'esercito!». Il ministro Alfonso Pecoraro Scanio sorrideva felice con i collaboratori, l'altra sera, alla fine di Porta a Porta: «Allora, come sono andato? ». «Inguardabile» scrive sul suo blog Peppino Caldarola, ex direttore dell'Unità; «al confronto, Bobo Maroni pareva Churchill». Per un giorno, l'opposizione si ricompatta. L'Udc parla di «deprimente performance»; Forza Italia di «eroe della sceneggiata napoletana », «figura pietosa», «recita indecorosa ». Cicchitto lo sopravvaluta: «Pecoraro è un pericolo per l'Italia». Casini lo sfida «a un confronto pubblico, preferibilmente a Napoli». Lo criticano Di Pietro e Europa, il giornale della Margherita. Caldarola, implacabile: «Non riesce a prendere sul serio neppure le tragedie. E' ilare. Come quelli che si danno di gomito e ridono ai funerali». In effetti, Pecoraro fu fotografato sorridente in chiesa, nel maggio 2006, al funerale di tre caduti a Nassiriya. Una specie di maledizione. Mentre, la notte del 23 settembre scorso, a New York Prodi e D'Alema concordavano il blitz per liberare gli agenti segreti in mano ai talebani, nello stesso grattacielo lui veniva beccato dall'inviato del Corriere Maurizio Caprara «in uscita dal 27˚ piano dell'hotel Millenium, dove c'è una cinematografica piscina sospesa tra le luci della Grande Mela».
Anche in occasione dell'emergenza rifiuti, il ministro dell'Ambiente è stato sfortunato. Un capro espiatorio. «Iniziamo a smaltire questi due» titola Il Giornale sopra la foto di Bassolino in giacca e cravatta e di Pecoraro descamisado. Ma, se il governatore ha forse responsabilità più gravi, la sua caduta ha un'aura di grandezza, viene ricondotta al filone delle tragedie napoletane, è raccontata come un Rinascimento tradito; Pecoraro viene liquidato, certo ingiustamente, come un epigono minore di Mario Merola. Un poco è anche colpa sua. L'uomo che ora vuol muovere l'esercito, sino a poco fa capeggiava o difendeva le truppe avverse. «Insieme ci siamo battuti come leoni» si inteneriva Tommaso Sodano, battagliero parlamentare di Rifondazione. No agli inceneritori. No al decreto del governo per istituire quattro nuove discariche. No in particolare alla discarica di Serre («ma era vicina a un'oasi del Wwf! E poi ho trovato un'alternativa, a Macchia Soprana! » si difende Pecoraro). No alle cariche per liberare i blocchi stradali (era il maggio 2007: «Amato sbaglia, si torni al dialogo»). E poi: no al vertice Nato a Napoli. No al fumo nei parchi napoletani, se nel raggio visuale del fumatore compaiono bambini o donne incinte (non sarà eccessivo in una città avvelenata dall'immondizia? «Macché; il divieto coniuga ambiente e tutela della salute »). Ancora: no agli ogm. No all'intervento italiano in Afghanistan nel 2001. No ovviamente al ponte sullo Stretto e al tunnel della Valsusa. Ma no pure alla pesca del tonno rosso e all'albero di Natale («basta tagliare abeti; meglio quelli sintetici, oppure il presepe. Napoletano»). «Bello, moro e dice sempre no» titolò La Stampa. Eppure di sì ne ha detti molti. Sì alla nomina a «patrono del pesce azzurro» del neomelodico Gigi D'Alessio, e a subcomissario per i rifiuti di Claudio De Biasio, prontamente arrestato («veramente mi ero limitato a inserirlo in una rosa di nomi...»). In Parlamento si è battuto per la creazione del museo del mandolino, di una lotteria da abbinare al festival di Sorrento, di una cattedra di agraria a Cassino.

E poi per il contratto degli operatori shiatsu, in difesa dei pit-bull, contro la sparizione dei gelati Algida nel Napoletano, «forse a opera della camorra». Suggerì di adottare in blocco le pecore sarde e di proclamare la pizza «patrimonio dell'umanità». «Sono ecologista fin dal liceo classico - spiegò - . Se si fa il bagno a via Caracciolo è merito nostro! E siamo stati noi, attraverso il ministro verde Gilberto Gil, a ottenere che il Brasile votasse in favore dei grandi cetacei!». Contestato è invece il noto episodio della visita da ministro dell'Agricoltura alla fattoria modello: «Che bella mucca!». Era un toro. Lui però nega: «Non è vero. E poi uno mica si china a controllare...». La grande fama venne con il coming- out, provocato da un memorabile corteo pre-Gay Pride sotto il ministero («Pecoraro vieni giù/ che sei frocio pure tu»). Lui la prese bene, e ammise la sua bisessualità. «Sono quelle cose che si dicevano a sedici anni, così, per fiutare un po' l'aria» scosse il capo Nichi Vendola. Poi Pecoraro precisò: «Sono un uomo mediterraneo che sente in sé la tradizione greco-romana». Infine, a Vanity Fair: «Da quando sono uscito allo scoperto, con le donne acchiappo di più». Marina Ripa di Meana assentì: «Aspetto epico da ragazzo di vita pasoliniano; riccetti neri, occhi malandrini, parola abrasiva; dopo mezz'ora, il più delle volte si è diventati amiconi di Pecoraro Scanio». Ha cantato a Sanremo, ballato a Furore, fatto un coro con Alessandra Mussolini da Costanzo. Si è anche esibito con Aida Yespica al Bagaglino; come quasi tutti i politici, però. Originale fu invece la torta per il compleanno di Tangentopoli, offerta davanti a Montecitorio con al posto della ciliegina un paio di manette; seguì festa al Gilda on the Beach, con Pecoraro che saliva su un cammello incitando: «Ad Hammamet!». Suo il primato di dichiarazioni all'Ansa: 2627, come da complesso calcolo aggiornato a tre anni fa. Nella classifica di Porta a Porta, invece, è secondo: con oltre cinquanta apparizioni, tallona Bertinotti. «E' che io funziono si è schermito lui - . Dicono che sia vanitoso; è vero, ma a modo mio. La mia vanità non è nell'apparire; è nel persuadere. Conquistare le anime e le intelligenze, vedere l'interlocutore battuto, l'ascoltatore sedotto: ecco la mia vanità». «Il fatto è - tagliò corto Vespa - che mentre altri fanno i difficili, ogni volta che invito Pecoraro, lui viene sempre». Nel «salotto» di Vespa Il governatore della Campania Bassolino e il ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio a «Porta a Porta»
Aldo Cazzullo
 
 
Da Il pungolo del 28 ottobre 2007
 
TUTTI GLI SCHELETRI DEL SIGNORNÒ DELL'AMBIENTE
L'attuale ministro porta la grave responsabilità di aver posto l'amministrazione dell'ambiente nell'impossibilità di operare.
 
 Servizio  di Paolo Togni
Dicevano i romani che piscis olet a capite. il pesce puzza dalla testa. I romani ci capivano, e quindi, se tra tutti i ministeri di questo scassatissimo governo il peggiore è il ministero dell'ambiente, qualche responsabilità la avrà pure il suo titolare. Non che qualcuno gliele voglia negare: è stato l'unico ministro a meritarsi una copertina su un settimanale a grande tiratura, quando Panorama ne ha pubblicato l'immagine con la didascalia: "Quest'uomo ci costa 40 miliardi di euro". Polemica politica? Avversione al governo? No, se dall'articolo emerge che il giudizio espresso in copertina deriva dalla revisione, in forte ribasso, delle dichiarazioni del ministro delle infrastrutture (36 miliardi) e dell'amministratore delegato dell'ENEL (40 miliardi l'anno, almeno per i prossimi dieci anni). Tiriamo le somme: si tratta di 76 miliardi di euro solo nel periodo luglio 2007 - luglio 2008: quasi il fatturato della mafia, e solo per problemi connessi alle infrastrutture, di trasporto ed energetiche.
 
Ma. al di là di questi danni, che hanno trovato espressione in termini immediatamente economici, resta ancora da calcolare il danno prodotto all'erario per la mancata attivazione della normativa per il recupero del danno ambientale, introdotta nell'ordinamento italiano dal precedente governo con il Decreto Legislativo n° 152/2006, in recepimento della relativa Direttiva Comunitaria. Da questa partita, si stimava che dovessero venire allo Stato risorse per almeno 10 miliardi di euro all'anno: ed ecco che il conto si alza a 85-90 miliardi: ed ecco che i danni prodotti da Pecoraro raggiungono il fatturato della mafia.
 
E lo supererebbero, anche, se si riuscisse a valutare il danno che Pecoraro ha prodotto al sistema produttivo italiano attraverso l'infinito, anche se selettivo, rallentamento dell'azione amministrativa: autorizzazioni, concessioni ed ogni genere di provvedimento vengono rilasciati con occhiuti ritardi quasi generalizzati, di modo che i soggetti economici interessati si trovano in costante, grave difficoltà, considerato anche che ben pochi settori imprenditoriali non vanno soggetti alla normativa ambientale.
 
Sta di fatto, poi, che l'attuale ministro porta la grave responsabilità di aver posto l'amministrazione dell'ambiente nell'impossibilità di operare. Ciò ha due motivi: da un lato, pur se negli ultimi tempi una certa ragionevole applicazione dello spoil system viene considerata ammissibile, Pecoraro Scanio ha proceduto ad una vera e propria "pulizia etnica", eliminando dalle funzioni attive decine e decine di dirigenti, funzionari ed impiegati ritenuti legati al governo precedente o all'opposizione, così determinando l'espulsione dalle loro funzioni di persone dotate di esperienza e memoria storica per l'attività svolta nel passato, con pesanti conseguenze negative per l complesso delle attività del ministero.
 
L'altra causa all'origine della situazione ricordata è la sostituzione di personale qualificato ed esperto, praticamente in tutte le posizioni di responsabilità, con i favoriti del ministro, privi dei requisiti e dell'esperienza necessari ad amministrare la cosa pubblica. La combinazione di questi due fattori ha determinato infatti uno stato comatoso del ministero, nel quale anche le attività più semplici stentano ad andare a compimento; a riprova di quanto affermato sta l'alta percentuale di provvedimenti preparati dagli uffici del ministro che non arrivano ad efficacia per illegittimità formali o per motivi sostanziali, trovando negli organi di controllo o al primo impatto con la giurisdizione ostacoli insuperabili.
 
Non potrebbe essere diversamente, del resto, dato che se sono vere le notizie riportate dal quotidiano "La Repubblica" questo modus operandi ha portato il ministro ad avere 344 consulenti esterni, per lo più inesperti e sprovveduti in campo amministrativo, a molti dei quali ha assegnato funzioni vitali del dicastero.
 
Ad ulteriore prova di quanto affermato sta la tragicomica vicenda della revisione della normativa ambientale contenuta nel Decreto Legislativo n° 152 del 2006, che faceva parte del programma elettorale dell'attuale maggioranza ed è poi stata inserita nel programma di governo; il ministro Pecoraro Scanio è riuscito a perdere la facoltà di operare utilizzando la delega parlamentare contenuta nella Legge 308 del 2004, per aver trasmesso al Parlamento il testo da esaminare in ritardo rispetto al termine perentorio previsto: un errore per il quale qualunque praticante di studio di avvocato verrebbe rotolato per le scale dal titolare. Tale circostanza prova ancora, e con grande evidenza, come il ministro abbia organizzato uffici assolutamente inefficienti, ragionevolmente a causa della impreparazione di coloro che vi sono stati preposti. E' vero che è in corso un tentativo truffaldino per arrivare comunque ad approvare un testo, con la complicità dei presidenti delle Camere: ma se ci sono ancora dei giudici a Roma tale tentativo non andrà lontano.
 
Ma non basta: la gestione dell'attuale ministro sta screditando l'amministrazione anche in rapporto agli altri dicasteri, come dimostra il fatto che è all'esame della Conferenza Stato Regioni una proposta di "Norme tecniche per le costruzioni" con la quale si stabilisce la facoltà di realizzare piloni di ponti ed altre opere all'interno dell'alveo dei fiumi, senza che l'amministrazione dell'ambiente abbia obiettato alcunché, probabilmente perché il fatto è sfuggito ai superpagati collaboratori del ministro.
 
Del resto, la massima confusione regna anche nel sistema degli organi di alta consulenza del ministro, come dimostra il fatto che di commissioni per l'autorizzazione integrata ambientale (IPPC o AIA) ce ne sono state anche due contemporaneamente, mentre le importantissime Commissioni VIA (Valutazione Impatto Ambientale) e VIA speciale, davanti alle quali si perfeziona il processo autorizzativo per le grandi opere infrastruttureli, non esistono più dal 26 luglio scorso. In quella data, infatti, un provvedimento attualmente oggetto di gravame presso il TAR Lazio ha revocato in maniera assai probabilmente illegittima tutti i commissari in essere, senza che alcuno provvedesse alla loro sostituzione.
 
Va comunque ricordato che l'attuale non esistenza delle commissioni VIA segue ad una singolare situazione per la quale, almeno dal marzo scorso, i pareri emessi dalle Commissioni non vengono trasfusi nei decreti necessari a concretizzarne l'efficacia; regola questa che ammette qualche eccezione, forse per alcuni progetti di personale, immediato interesse del ministro.
Ora sembra che finalmente una parte della Commissione che raggruppa VIA, VAS e IPPC sia stata nominata: dall'elenco appare un buon numero di verdi sostanzialmente incompetenti, qualche buon professionista e alcuni vecchi attrezzi per i quali l'immortalità nell'incarico va in parallelo con la disponibilità a servire chi comandi.
Per quanto ne sappiamo, queste nomine non pagano debiti alle magistrature amministrative, come vedremo in altro punto. Dalle notizie in mio possesso, dei sessanta membri previsti ne sarebbero stati nominati solo quaranta, e non i venti da nominare "sentito il ministro delle infrastrutture".
L'insediamento di questo pezzo di commissione è previsto, è peraltro inutile e illegittimo: infatti la Corte dei Conti, nel registrare il regolamento della comissione, ha dichiarato illegittimi, e quindi stralciato, due commi delle norme transitorie. In uno di essi si prevedeva che l'insediamento fosse valido con la nomina di almeno 31 membri; ora, se la Corte l'ha voluto eliminare, significa che un insediamento valido si avrà solo con la nomina del plenum. E del resto, il regolamento all'articolo 6 prevede che la commissione deliberi in plenaria, quindi alla presenza dei sessanta membri. Pertanto, anche se l'insediamento fosse valido (e non lo è!) la commissione non potrebbe operare legittimamente: al periodo dal 26 luglio in qua si aggiungeranno ancora (almeno) settimane in cui nessuna infrastruttura significativa potrà essere autorizzata, con tanti saluti alle necessità del sistema Italia, del quale evidentemente a Pecoraro non importa nulla.
 
Del resto, se consideriamo che, su impulso del ministro trasmesso dal presidente della Commissione, nei sette mesi di attività del 2007 sono stati respinti progetti tendenti a realizzare circa 4.000 MWe, pari a quasi il 10% del fabbisogno nazionale annuo di energia elettrica, con i conseguenti rischi di black out nel prossimo inverno, forse dobbiamo concludere che è proprio così.
 
Allora? Allora, un'altra pagliacciata illegittima e illegale, come molte altre. Per citare solo un esempio, ricorderò ancora il problema della disciplina delle bonifiche: c'è una norma vigente, ma si applica quella abrogata.
Tornando alle nomine, resta da sottolineare una vicenda. Per due volte il Consiglio di Stato ha respinto bozze di regolamento degli organi di consulenza del ministero dell'ambiente; alla fine, sulla relazione della consigliere De Nictolis, l'ha approvato. Che questa De Nictolis sia la stessa che, insieme all'altro consigliere Sergio Santoro, è poi stata chiamata a far parte della "Commissione di valutazione degli investimenti e di supporto alla programmazione e gestione degli interventi ambientali del ministero", nella quale i compensi sono proporzionali alla lunghezza del titolo?
 
Certo, nel dire questo non trovermo d'accordo l'avvocato Viglione, i favoriti del ministro e la consigliere De Nictolis, ma se quest'inverno avremo freddo e buio, potremo ringraziare il ministro Pecoraro che non ha autorizzato rigassificatori, centrali e depositi di gas; quando imprecheremo sulla Salerno-Reggio o sulla Firenze-Bologna per le insufficienze della rete autostradale, potremo ringraziare il ministro Pecoraro che non ne ha autorizzato l'aggiornamento; e quando la burocrazia tinta di verde ci farà perdere tempo e soldi, lo sapete chi potremo ringraziare? Il ministro Pecoraro, che ha complicato gli adempimenti invece di semplificarli. Oltre, naturalmente, a Prodi che l'ha nominato.
 
 Paolo Togni



 
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