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09 gen 2008L'editoriale di Corrispondenza Italia: "Migrazioni e giovani. L’utopia della mobilità universale e i ritardi italiani"

ROMA, 9 GEN (Italia Estera) - Pubblichiamo di seguito l'editoriale di Corrispondenza Italia, il periodico di INAS-CISL, in uscita il 16 gennaio.

"Licenziamo questo numero del nostro notiziario in coincidenza con la giornata conclusiva delle manifestazioni di Migrazioni 2008 dedicata quest’anno al tema Giovani migranti: risorsa e provocazione.
Gli amici del patronato Inas-Cisl sanno bene della nostra costante attenzione alle iniziative della Chiesa, particolarmente nel campo della mobilità umana. E sanno anche che lo facciamo non per spirito clericale ma per oggettivo interesse verso una realtà comunitaria universalistica, portatrice naturale di una Parola che non fa preferenze di persone, a qualunque popolo appartengano. In questo senso il messaggio del Papa per la giornata del 13 gennaio, cogliendo il nesso obbligato globalizzazione-mobilità, in riferimento alle giovani generazioni, ha infatti indicato la vera via di una modernità che per moltiplicare al massimo i benefici delle risorse (umane ma anche economiche, tecnologiche, finanziarie, culturali, scientifiche) oggi a disposizione del genere umano, è obbligata a realizzare l’utopia dell’uguaglianza delle opportunità nella ricerca, da parte di ognuno, dei luoghi geografici e dei contesti sociali nei quali piantare la propria tenda. Naturalmente chi (come noi sul versante del lavoro e della tutela dei diritti sociali) è chiamato ad amministrare l’utopia, non può prescindere dalla concreta costruzione delle strade sulle quali la mobilità umana deve poter scorrere senza provocare ingorghi ed incidenti. E ciò vale a cominciare dalle esigenze della legalità e dalla necessità di coniugare diritti e doveri, di contrastare la clandestinità, di governare e gestire i flussi migratori. Ma è proprio qui l’incrocio risorsa-sfida-provocazione al quale applicarsi, con responsabilità direttamente proporzionali rispetto ai poteri istituzionali di cui si dispone da parte di organismi internazionali, stati, enti e autorità locali, imprese, sindacati…
Le dimensioni del fenomeno in atto e a prescindere dalle proiezioni, sempre aleatorie, dei demografi, per quanto concerne le classi giovani della mobilità, sono già di tutto rilievo. Dal solo il punto di vista italiano infatti si calcola che fra i 3.568.000 concittadini all’estero, i minorenni siano 562mila (pari al 18 per cento). E quanto ai 2.938.000 stranieri iscritti all’anagrafe nei nostri confini, i minori siano 665mila, di cui 398mila di seconda generazione e di questi, oltre mezzo milione, alunni nelle nostre scuole. Dunque: un fattore nettamente emergente (si pensa ad esempio che il sorpasso degli alunni stranieri sugli indigeni avverrebbe nelle nostre scuole verso il 2050). Da qui – ripetiamo – l’orizzonte di implicazioni politiche, economiche, culturali, sociali, religiose che coinvolge le diverse istituzioni oltre che la collettività complessiva. Peraltro, chi analizza le dinamiche della mobilità, anche italiana, prescindendo da stereotipi pseudo-sociologici (bamboccioni, mammoni ed similia) stima in circa 350 mila i giovani protagonisti della nuova mobilità (e c’è un incredibile 97 per cento di giovani italiani che si dichiara disposto a esperienze di lavoro all’estero).
Il 2008 sarà tra l’altro l’anno della conferenza mondiale dei giovani italici nel mondo. Un’occasione specifica e puntuale che l’Inas, come sanno gli amici che ci seguono più direttamente, non vuole perdere, anche ai fini più pratici del suo ruolo di tutela, di assistenza e di rappresentanza nei paesi che ospitano le nostre comunità. Il campo da arare infatti è immenso, anche nella direzione dei flussi di ritorno di giovani oriundi provenienti soprattutto dal Sud-America, oltre che nella direzione dei nuovi giovani italiani.
In particolare per questo secondo flusso, i ritardi da recuperare non sono ancora drammatici ma crescono con preoccupante progressione soprattutto per ciò che riguarda gli adeguamenti della legislazione sulla cittadinanza, colpevolmente inceppata tutt’oggi sulla prevalenza dello iure sanguinis rispetto allo iure soli. Stiamo infatti rimanendo pressocchè ultimi (anche in questo) in Europa: al punto che i figli degli stranieri nati nel nostro paese possono diventare cittadini solo dopo una residenza legale e ininterrotta fino al raggiungimento della maggiore età (altro che utopia della mobilità universale e altro che magistero e sapienza della Chiesa di Roma!)
Scampati fortunosamente ai fallimenti del modello assimilazionista francese e di quelli multiculturalisti di Gran Bretagna ed Olanda, dobbiamo forse aspettare passivamente il diluvio? Il movimento italiano dei lavoratori, di cui siamo parte non indifferente, non si renderà complice di tale ennesimo disastro annunciato". (Italia Estera) -




 
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