di Alfonso Maffettone
NAPOLI, 21 DIC, (Italia Estera) – Italia e Brasile, due paesi tanto distanti geograficamente e tanto vicini nella storia. Ne sono testimonianza le attività imprenditoriali intraprese dagli emigranti italiani fra le quali spicca la sigla Irfm che significa industrie riunite Francesco Matarazzo e la presenza di 700 reperti archeologici di Pompei, Ercolano e dell’antica città etrusca di Veio portati in Brasile dalla principessa Teresa Cristina di Borbone, figlia del re di Napoli e delle Due Sicilie Francesco I , andata in sposa all’imperatore Don Pedro II in un matrimonio per procura celebrato a Napoli il 30 maggio 1843.
Il ministro consigliere presso l’Ambasciata d’Italia a Brasilia Riccardo Guariglia ha pubblicato un saggio dal titolo Real Corrispondenza, (Correspondecia real) Rio de Janeiro –Napoli (1844) nel quale fa risalire agli “stretti legami, anche familiari “ , instaurati in quell’epoca tra le due capitali, “uno dei primi tasselli alla base del ricco e profondo rapporto bilaterale esistente oggi fra Italia e Brasile”. Il testo contiene un’ inedita collezione di lettere inviate dal fratello dell’imperatrice, Luigi di Borbone, che era a Rio per sposare la sorella di Don Pedro II, al destinatario a Napoli, il capitano di fregata, poi divenuto ammiraglio, Antonio Palumbo, antenato dell’autore. Guariglia ha presentato il saggio al circolo ufficiali della Marina Militare in un incontro organizzato dall’ambasciatore Michelangelo Pisani Massamormile, responsabile dell’antenna napoletana del circolo di Studi diplomatici. Era presente un folto e scelto pubblico. Autorevole il parterre dei relatori.
Pisani Massamormile ha dato la stura ad una interessante riflessione storica sulla famiglia- azienda dei Matarazzo e sulla presenza in Brasile del maggior tesoro pompeiano fuori di Napoli: ceramiche, statue di terracotta, oggetti di bronzo, sculture in pietra, amuleti ed affreschi.
Il patrimonio, di inestimabile valore archeologico, è esposto , scrive Guariglia, nel museo del Palazzo Imperiale di Petropoli e in parte nel museo nazionale di Rio de Janiero, la città dove il 4 settembre 1843 sbarcò Teresa Cristina di Borbone con il suo prestigioso carico, il primo in uscita dal Regno di Napoli ed al quale seguirono altri, spediti dal fratello all’Imperatrice, una donna, secondo le descrizioni, non bella, zoppa e grassoccia, ma intelligente ed appassionata di archeologia.
Adesso è allo studio un progetto per il restauro ed il trasferimento degli oggetti nell’ex residenza borbonica a Rio de Janeiro. “Abbiamo chiesto al Ministero dei Beni culturali , alla Regione Campania ed alla Regione Lazio un contributo e la loro cooperazione”, ha detto l’ambasciatore Bernardino Osio, segretario generale dell’Unione Latina. Quattro affreschi sopravvissuti ai dieci ritrovati, sono stati restaurati con il patrocinio dell’Unione Latina.
L’ammiraglio di squadra Roberto Cesaretti, comandante della forza marittima della Nato di Napoli, ha ricostruito, con la proiezione di grafici e diapositive, l’assetto della flotta Borbonica ed il ruolo avuto da Luigi di Borbone fratello del Re di Napoli, Ferdinando II e zio del successore Francesco II. Dal carteggio citato dall’ ammiraglio Cesaretti, risulta che “Franceschiello” fu sollecitato dallo zio a potenziare la flotta che era in situazioni disastrose alla vigilia dello sbarco dei Mille ma il sovrano rispose con la solita inerzia.
Il cavaliere del Lavoro ed ex Ministro Alfredo Diana ha ricordato l’esilio della coppia imperiale brasiliana deposta per aver appoggiato la fine della schiavitù ed il grande esodo dal nord e dal sud dell’Italia di contadini, agricoltori e braccianti verso la neonata repubblica del Brasile, allora indicata come la terra promessa. Fra il 1884 e il 1939 entrarono in Brasile oltre 4 milioni di persone. Gli italiani rappresentarono il più importante gruppo di immigrati superando persino i portoghesi. “I nostri emigranti andarono incontro a condizioni di forte difficoltà- ha detto Diana - Viaggiarono sulle navi in stato di estremo disagio umano e sanitario. All’inizio furono trattati con durezza in un Paese che aveva da poco abolito la schiavitù”.
Gli italiani più intraprendenti abbandonarono le campagne e passarono nei settori del commercio, dei servizi e della produzione. Francesco Matarazzo arrivò in Brasile nel 1881 con un bagaglio economico, culturale e sociale e si ergeva sulla massa degli emigranti giunti a mani vuote. Da allora ebbe inizio la sua ascesa imprenditoriale fino alla costituzione di un impero di trentamila addetti nei comparti metallurgico, chimico, tessile, alimentare, edile e terziario. “Fu a suo tempo un grande innovatore”, ha detto il vicepresidente all’internazionalizzazione dell’Unione Industriali di Napoli, Paolo Scudieri.
Alfonso Maffettone/Italia Estera