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16 giu 2007STATI UNITI. Bush grazia Libby: spinoso ma non troppo - di Domenico Maceri

SANTA BARBARA (CALIFORNIA) 16 GIU (Italia Estera) - “Ciò che importa è la verità, non la posizione sociale” disse il procuratore generale Patrick J. Fitzgerald al giudice Reggie B. Walton prima che questi pronunciasse la sentenza su Lewis Scooter Libby. Il condannato è naturalmente l’ex capo di gabinetto del vice presidente Dick Cheney. Gli avvocati di Libby avevano fatto richiesta di considerare tutta la vita e i contributi di Libby prima di sentire la condanna del loro cliente.
Il giudice sentenziò Libby a 30 mesi di reclusione per ostruzione alla giustizia, falsa testimonianza e spergiuro nel caso della rivelazione alla stampa di Valerie Plame, ex agente della Cia. La sentenza è considerata aspra e colse di sorpresa i legali di Libby soprattutto per il fatto che il giudice voleva che la pena iniziasse subito. I legali hanno richiesto di un po’ di tempo per discutere l’appello con il loro cliente e il giudice ha conferito due settimane durante le quali Libby potrà restare a piede libero su cauzione.
I legali del braccio destro di Cheney speravano che durante il lungo appello Libby rimanesse in libertà ma il giudice ha negato la richiesta. Quindi ci sono buone possibilità che il sentenziato andrà in prigione a meno che Bush gli conceda la grazia. Si credeva che la grazia sarebbe venuta verso la fine del mandato di Bush quando il danno politico sarebbe stato minimo. Una grazia in questi giorni sarebbe un nodo spinoso anche se l’alternativa non è delle migliori.
Graziare un condannato richiede capitale politico e Bush di questi giorni è a corto di “soldi”. In realtà lui ha già sperperato tutto l’enorme capitale politico piombatogli addosso subito dopo gli attacchi terroristici dell’undici settembre quando persino i francesi si dichiararono anche loro “americani” per dimostrare la loro solidarietà. La guerra in Iraq ha lasciato in “bancarotta” l’amministrazione Bush e le ultime elezioni di midterm del novembre scorso gli hanno mandato un messaggio. Ambedue le camere legislative sono andate al partito di opposizione e Bush è stato costretto a fare uso del suo potere del veto per continuare la sua politica bellica nel Medio Oriente.
Quindi coloro che già davano Bush come “lame duck”, anatra zoppa alla fine del suo mandato, hanno dovuto ricredersi. Non vedendosi in una situazione di debolezza Bush probabilmente eviterà la prigione a Libby. Le fotografie dell’assistente del vice presidente in prigione sarebbero una macchia troppo grossa perché dimostrerebbero chiaramente che Libby non era il solo a dire menzogne e altri meriterebbero di fargli compagnia. L’investigazione del caso della Plame, la Ciagate, ha penetrato persino la Casa Bianca e Karl Rove, supremo consigliere di George Bush, è stato sotto il mirino delle inchieste di Fitzgerald. Inoltre l’incarcerazione di Libby manderebbe un messaggio molto potente che tutti i funzionari potrebbero subire la stessa sorte se colti in situazioni pericolose. Insomma, tutti sarebbero incoraggiati a non correre rischi legali o se ci sono meglio vale “pentirsi” e “cantare” mettendo allo scoperto i capi. Libby non lo ha fatto ma è ovvio che in un modo o nell’altro lui aveva preso direzioni da Cheney nella campagna di discreditare Joseph Wilson, marito della Plame, per avere criticato severamente la condotta dell’amministrazione Bush della guerra in Iraq.
Bush avrà dunque poche scelte al di là della grazia anche se si cercherà di fare tutto il possibile per rimandarla e poi concederla negli ultimi giorni del mandato onde diminuire il costo politico. Infatti, dato che Libby è l’unico ad essere stato condannato in questo affare della Ciagate suggerisce che potrebbe diventare il capro espiatorio. E già si parla di Libby come vittima del sistema legale. Fred Thompson e Rudy Giuliani, due dei maggiori candidati repubblicani alla presidenza, hanno attaccato Fitzgerald e hanno detto che grazierebbero Libby. E quello che farà Bush. La grazia a Libby ricorderà agli americani che i Repubblicani non vogliono amnistia per i clandestini ma quando si tratta di uno dei loro la storia è ben diversa. Quindi Bush pagherà il prezzo politico dato che per lui la lealtà ai suoi amici è di somma importanza. Il vero prezzo però sarà pagato dai candidati repubblicani alla presidenza degli Stati Uniti per i quali la macchia di Libby, in prigione o in libertà, si aggiunge al macigno dell’Iraq che allontana sempre di più la Casa Bianca dai loro orizzonti.

Domenico Maceri*/Italia Estera
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PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.





 
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