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19 mag 2007Anche noi siamo italiani

ROMA, 19 MAG (Italia Estera) - Due Associazioni brasiliane, Gruppo “Ale’ Italia!”
e Gruppo “Sobrenomes Italianos” ci scrivono per chiedere il nostro intervento sulla cittadinanza.. Noi giriamo la richiesta a chi di dovere:
 
Egr. Sig. Direttore, 
Siamo discendenti di italiani emigrati in Brasile tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 − periodo conosciuto come “La grande emigrazione”, un episodio della storia purtroppo poco conosciuto dai nostri connazionali in Italia. Importante sottolineare che noi discendenti di quelli emigranti italiani ancora ci sentiamo orgogliosi dei nostri avi perché hanno avuto la forza ed il coraggio, propri del popolo italiano, per attraversare l’oceano alla ricerca di una esistenza più dignitosa per se stessi e la loro famiglia, ai quali la Patria Italia non aveva allora condizioni da offrire. Per noi, questo fu un gesto eroico. Quegli italiani non abbandonarono la loro Patria, invece la portarono con sé, nelle loro vene, nelle loro braccia, nelle loro mani abituate al lavoro pesante, ma principalmente nel loro cuore.
Questo sentimento di italianità che non hanno mai perduto, ci è stato trasmesso per ereditarietà genetica ma anche per la convivenza con i nostri padri, nonni e bisnonni fino alla seconda, terza oppure quarta generazione. Questo è il nostro stretto legame con l’Italia. A causa di questo sentimento di italianità possiamo dire con orgoglio che anche noi siamo italiani!
Siamo italiani anche perché questo ci assicura la legge n.91, 5 febbraio 1992, per diritto di sangue.
Quando i nostri nonni e bisnonni arrivarono in terra straniera non avevano paura del lavoro, sempre affrontato com audacia, forza di volontà e speranza, con il desiderio di ritornare un giorno al proprio paese. Nonostante l’immensa nostalgia che sentivano per il ricordo dalla Patria, quegli uomini e donne si integrarono a questo Paese in cui noi siamo nati e ora viviamo, lo stesso Paese che i  nostri antenati aiutarono a costruire, creando nuclei di una decina di case, coloni, villaggi, dopo diventati città. Piccoli e grandi città. Difusero la cultura italiana e le sue tecniche e metodologie di lavoro tra la popolazione locale. Ormai siamo avvocati, medici, ingegneri, professori, operai, impiegati, imprenditori, industriali, politici, scrittori, amministratori pubblici o privati, ministri del governo, giuristi ed ogni sorta di professionisti perfettamente integrati alla società brasiliana.
Non abbiamo voglia, neanche necessità di andare in folla in Italia per usurpare posti di lavoro ai nostri connazionali. Non abbiamo intenzione di richiedere i benefici dalla previdenza sociale italiana alla quale non abbiamo mai contribuito. Quello che desideramo con la forza del nostro sangue e con perseveranza e determinazione è proprio quello che ci assicura la legge italiana: il riconoscimento della nostra cittadinanza! E questo la burocrazia oppure la diplomazia italiana ci sta negando.
Vogliamo avere il piacere di andare in Italia orgogliosi di essere italiani pieni della nostra capacità giuridica, senza necessità di richiedere il permesso di soggiorno per restare in Italia o di entrare nella fila della questura per lo stesso motivo. Potere andare in Italia semplicemente per ricostruire la storia delle nostre famiglie, anche per vedere personalmente il luogo dove nacquero i nostri antenati. Da tempo stiamo nella fila di attesa dei consolati. Siamo stanchi di aspettare per tanti e tanti anni che le promesse, rinnovate ogni volta nel cambiamento di governo, divengano realtà. Siamo stanchi di assistere centinaia di persone dormendo sul marciapiede di fronte al Consolato a San Paolo per consegnare la loro richiesta o per chiedere informazioni sul loro processo di riconoscimento della cittadinanza. Siamo veramente stanchi di vedere consolati, come quello a Curitiba che mantiene le porte chiuse fin dal 2005, non permettendo così la consegna di nuove richieste. Siamo stanchi di pensare che dobbiamo aspettare ancora tra i venti e i trent’anni per essere convocati dal Consolato per il conferimento della nostra documentazione, come purtroppo è accaduto in alcuni consolati. Ciò ci fa pensare che il riconoscimento della nostra cittadinanza può ottenersi soltanto post mortem.
Dunque, Signor Direttore, pur sapendo che noi siamo una comunità di più di 28 milioni di oriundi, ci sentiamo di rappresentare una forza e una fonte di risorse a disposizione dell’Italia. In questo modo, chiediamo cortesemente il Vostro intervento presso gli organismi governativi competenti in materia di cittadinanza, al fine di trovare una soluzione urgente e concreta al problema della lunga fila di attesa per il riconoscimento della cittadinanza nei consolati italiani in Brasile, forse 500 mila persone nell’ intero Paese.
Vogliano gradire l'espressione della nostra stima. 
 
Alexandre Larena
Fondatore Gruppo “Ale’ Italia!”
 
 
Tania Rossari
Moderatrice Gruppo “Sobrenomes Italianos”



 
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