21 apr 2007 | I lavori per la costruzione del Partito democratico: A Firenze Mussi: ''Noi ci fermiamo qui, saremo autonomi'' |
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Al Congresso della Quercia il commiato del leader della seconda mozione a nome della sinistra del partito: ''Si aprono due fasi costituenti, buona fortuna compagni''.
FIRENZE, 20 APR. (Italia Estera) - "Confermo qui, non con animo leggero, l'indisponibilità della minoranza che rappresento a partecipare alla Costituente del Partito democratico. E' vero che nei Ds ci sono le correnti: a questo congresso tre. Nel Pd ce ne saranno 33: non si sentirà la nostra mancanza. Noi ci fermiamo qui". E' il passo con cui al IV Congresso della Quercia di Firenze il leader della seconda mozione Fabio Mussi (nella foto) ha ufficializzato l'uscita dal partito della sinistra Ds.
Con il Partito democratico, ha avvertito, "l'asse del centrosinistra sarà inesorabilmente spostato al centro". Quindi, "la nostra intenzione è di costruire un movimento politico autonomo - ha spiegato - che si propone di aprire un processo politico nuovo, più di sinistra del Pd. Non un altro piccolo partito. Ma un progetto volto a riunificare le forze. A mantenere viva la prospettiva di una forza di sinistra di ispirazione socialista. Laica e di governo. Del lavoro, dei diritti, delle libertà femminili, dell'ambientalismo, aperta alle nuove culture e alle sfide di questo secolo. Alleata del Partito democratico".
"Lo so è un'impresa difficile. Ma anche la vostra - ha affermato rivolgendosi alla maggioranza guidata da Piero Fassino - non sarà facile''. Dunque ''si aprono due fasi costituenti. Sarebbe bello un doppio successo. Buona fortuna, compagni" è stato il commiato pronunciato da Mussi.
All'annuncio del definitivo abbandono del partito è calato il silenzio in sala. Commosso il ministro dell'Università e della ricerca ma anche Fassino e i due si sono abbracciati a lungo.
Prima di Mussi anche Gavino Angius aveva ribadito la sua opposizione al Partito democratico. "Le mie riserve restano e il mio dissenso è confermato" ha sottolineato nel corso del suo intervento al congresso. "Francamente pensavo che nella relazione di Fassino - ha aggiunto - ci sarebbe stata una più coraggiosa apertura, una nuova iniziativa politica, rivolta non a noi o alla mozione di Fabio Mussi, ma alle altre forze riformiste. Nella sostanza non è stato così''.
"Non condivido il carattere del partito che si profila - ha proseguito Angius - ritengo sbagliato il percorso per dargli vita e il suo ristretto orizzonte culturale. Perché non possiamo pensare di ricominciare, di riaprire il tavolo, di rivolgerci con un nuovo spirito allo Sdi, all'Italia dei Valori, ad altre forze, chiedendo ad essi con pari dignità e rispetto di ricominciare? Ho sentito tante parole: andiamo avanti, facciamo in fretta. E mi ha ferito soprattutto un'espressione: andiamo avanti anche se si perdono pezzi... Come se i compagni e le compagne che se ne vanno siano pezzi''.
Secondo Angius, "va rifatto tutto, di sana pianta" il manifesto del Partito democratico. "Procediamo a una radicale riscrittura, il dispositivo finale del nostro congresso e anche quello della Margherita approvino una nuova proposta: che il manifesto fondativo del nuovo partito sia redatto non solo da noi e dalla Margherita, ma nella sua stesura vengano chiamate tutte quelle forze del riformismo italiano a cui Fassino nella sua relazione ha fatto riferimento. Non è un passo indietro ma un passo avanti e lo dobbiamo fare prima dell'assemblea costituente".
"Senza la sinistra - ha concluso Angius - non potrà nascere niente di buono e noi non siamo disponibili a venir via dalla sinsitra italiana e dal campo del socialismo europeo. Attenderemo le conclusioni dei congressi dei Ds e della Margherita e poi decideremo ciascuno per se stesso e nella propria libertà. In un partito si può essere anche un'infima minoranza ma se ne deve condividere il nucleo essenziale di idee che ne sono a fondamento, la sua ragion d'essere, non si può essere tollerati come una bizzarra diversità. Mi auguro che questo non avvenga".
Il loro 'no' al Pd non lascia insensibili la platea del palamandela, mentre viene vissuta come una vera lacerazione l'uscita del ministro dalla Quercia. O meglio, la sua "impossibilità a entrare a far parte del nuovo progetto politico". Quel "noi ci fermiamo qui, buona fortuna compagni" sarà ricordato a lungo dai diessini. (Italia Estera) -
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