16 apr 2007 | CALCIO: Commento al Campionato di Serie A di Fabrizio Piccolo |
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Servizio di Fabrizio Piccolo
ROMA, 16 APR. (Italia Estera) - Mentre l’Uefa si appresta ad assegnare gli Europei del 2012 (siamo favoriti anche se – va detto – non ci siamo fatti mancare niente per perderli anche senza una vera concorrenza) si giocano gli ultimi spiccioli di un campionato chiuso da tempo e la cui versione definitiva, con i suoi verdetti, non dovrebbe essere dissimile dalla classifica attuale. La Roma risorge dalle ceneri di Manchester e blinda il secondo posto dopo la goleada con la Samp (con doppietta di Totti che vede sempre più vicino il titolo di capocannoniere), il Milan ha ritrovato il passo della grande e sotterra il Messina anche con un Ronaldo sempre più vicino agli standard attesi. Si ferma a otto la striscia di vittorie consecutive della Lazio (che non riesce a raggiungere il record di Eriksson): fatale la trasferta sulla carta più semplice, ad Ascoli, dove riesce a strappare un punto soffrendo in 10 uomini nel finale (2-2). Il resto sono appunti di viaggio, come il gol di Lucarelli nell’1-1 del Livorno con la Reggina, la prova d’orgoglio del Catania che ferma il Parma a casa sua (1-1) e la marcia della Fiorentina che vince il derby con il Siena grazie a Mutu. A tener banco, più che il campionato, sono ancora i resti di calciopoli. Avevamo parzialmente archiviato lo scandalo estivo che ora la Procura di Napoli ci presenta la versione primaverile. Quarantadue faldoni che riaprono il libro degli orrori del calcio italiano ed amplificano il senso di tristezza, impotenza e ripugnanza su cos’era diventato quello che con impunìto orgoglio chiamavamo ‘il campionato più bello del mondo’. Schede svizzere, tabulati roventi, incroci pericolosi sull’asse Moggi-Bertini-Fabiani e poi dentro tutti gli altri, Dattilo, Ambrosino, i soliti designatori dell’epoca, tutto il teatrino horror che architettava alle nostre spalle, con il ‘puparo’ principe che muoveva i fili dei burattini. Eppure sarebbe semplicistica liquidarla così, come una combriccola di imbroglioni che agiva al di sopra delle leggi. Quella banda di telelefonino-dipendenti agiva all’interno di un sistema. Un sistema in cui non esiste solo la Gea, la punta dell’iceberg di un modo di fare illegale, ma tante piccole gea in cui la sopraffazione e la minaccia sono alla base del regolamento. Un sistema in cui il clientelismo e il favore di scambio non era l’eccezione ma la normalità. Un sistema in cui chi urla di più ha ragione. E chi ha il potere, grande o piccolo che sia, lo usa con protervia e con tutti i mezzi a sua disposizione. Ora sarebbe bello che sul marciume di questi anni (quanti? Chissà....) si potesse mettere un coperchio con lucchetto. Non dopo aver punito tutti i colpevoli e non prima di aver metabolizzato la lezione più importante. Radiamo gli arbitri pescati con le mani nel sacco, rifacciamo i processi sportivi (evitando che finisca come l¹ultima volta, con sei gradi di giudizio) e vigiliamo. Con tutti gli strumenti che la giustizia sportiva, ancor prima che quella ordinaria, ha a disposizione. E con un imperativo alla base di tutto. Far rispettare le regole.
Fabrizio Piccolo/Italia Estera
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