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20 mar 2007Il seminario del Patronato ITAL-UIL della Svizzera a Bienne

“Nuovi bisogni degli italiani nel mondo: la risposta del patronato” – La relazione di Dino Nardi
  
ZURIGO, 19 MAR. Nel mondo sono sempre di meno gli emigrati italiani ma continuano a viverci milioni di cittadini italiani. 
Questo comporta, ovviamente, che anche i bisogni di tutela e di assistenza delle comunità italiane si stanno radicalmente modificando. Al fine di cercare di individuare quali sono i cambiamenti già in atto e quali potranno essere i bisogni degli italiani nel mondo, il Patronato ITAL-UIL della Svizzera ha organizzato un seminario di 3 giorni a Bienne, presenti oltre agli operatori del Patronato in Svizzera anche il Vice-Presidente Nazionale, Mario Castellengo, la responsabile per l’estero dell’area tecnica Anna Ginanneschi, ed i responsabili della UIL frontalieri.
 
Nella giornata d’apertura del seminario presieduto da Dario Marioli, ha portato il suo saluto il Sindaco di Bienne Hans Stöckli, il quale ha tenuto anche a ringraziare il Patronato dell’ITAL-UIL di Bienne per il suo prezioso lavoro svolto a tutela degli italiani della regione ed in stretta collaborazione con gli uffici dello stesso comune, il Console d’Italia in Berna Nicardo Cascardi, nonché la rappresentate del sindacato della UIL Esteri Daniela Canu e Mariano Franzin per il sindacato UNIA di Bienne che ospita il seminario nella sala delle conferenze.
 
Il seminario è stato aperto da una relazione del Presidente dell’ITAL-UIL Svizzera Dino Nardi (nella foto), il quale, dopo una retrospettiva dell’attività del Patronato da quando ha iniziato la sua attività all’estero 50 anni or sono, ha cercato di stimolare un approfondito dibattito individuando quale potrà essere in futuro il ruolo del Patronato di fronte ai nuovi bisogni delle Comunità Italiane nel mondo.   Qui di seguito il testo dell’intervento di Nardi:  
 
IL PATRONATO IERI ED OGGI
Prima di individuare i nuovi bisogni degli italiani nel mondo per attrezzarci come patronato e poter dar loro una risposta, credo che sia utile ricordare, sia pure succintamente, quali siano stati e quali siano ancora oggi i bisogni espressi dagli emigrati e dagli italiani nel mondo ed il ruolo svolto all’estero dal patronato. Vivendo ed operando in Svizzera, prenderò ad esempio la situazione in questo Paese che, peraltro, può essere certamente paragonabile a quella di altri Paesi europei e non solo. Innanzitutto non va dimenticato che in Svizzera, come altrove nel mondo, i patronati sindacali ITAL, INAS, INCA e delle ACLI hanno impiantato le loro sedi a cavallo degli anni ’50 e ’60 (la stessa ITAL ha aperto la sua prima sede all’estero a Parigi nel 1957 e a Zurigo nel 1963) per rispondere alle pressanti richieste di assistenza e di tutela delle comunità italiane che, in quegli anni, non erano soddisfatte dalla tutela e dai servizi della rete diplomatico-consolare italiana e neppure garantite sufficientemente da quei pochi accordi internazionali di sicurezza sociale esistenti. Infatti quelli stipulati dall’Italia con i maggiori Paesi di emigrazione italiana sono quasi tutti datati dagli anni Sessanta in poi, anche grazie alle pressioni politiche delle organizzazioni sindacali e degli stessi patronati. Basti pensare, ad esempio, agli accordi di sicurezza sociale stipulati dall’Italia con la Svizzera che, a parte quello iniziale sull’immigrazione italiana in Svizzera del 22 giugno 1948, si collocano quasi tutti nel periodo 1963 – 1974 per concludersi con l’ultimo Accordo Amministrativo entrato in vigore nel 1982. Ma in Svizzera, e generalmente all’estero, il patronato non si è limitato a svolgere la sua funzione istituzionale quale ente di tutela ed assistenza previdenziale, anzi, si può certamente affermare che questa è stata in molti casi un’attività marginale rispetto al lavoro complessivamente svolto in emigrazione in collaborazione con i sindacati locali - per quanto concerne l’ITAL-UIL, inizialmente con la Federazione Operai Metallurgici ed Orologiai (FOMO) ed oggi con il sindacato interprofessionale UNIA - e la rete diplomatico-consolare che, all’epoca, contava di ben 24 sedi. Ovviamente con il trascorrere degli anni anche l’attività del patronato si è adeguata piano, piano alle diverse esigenze di assistenza che manifestavano le comunità italiane. Alcuni esempi. In Svizzera negli anni Sessanta il patronato si occupava: di fornire agli emigrati  le informazioni più disparate legate anche alla non conoscenza degli usi e della lingua locale; di aiutarli nella richiesta di un permesso di lavoro, nella ricerca di un’abitazione, nei ricorsi contro le espulsioni, nelle traduzioni di lettere e documenti; a risolvere i problemi scolastici dei figli spesso destinati alle classi speciali solo perché troppo vivaci; a fornire un’assistenza fiscale. Negli ultimi anni gli uffici di patronato sono stati invece confrontati, per esempio, con i problemi connessi al rimpatrio, per regolarizzare le loro iscrizioni anagrafiche in occasione del voto per i Comites ed il Parlamento, oppure per l’istruzione delle domande di recupero della cittadinanza italiana o, ancora, per le complesse questioni fiscali connesse ad una proprietà immobiliare in Italia. Mentre, in ambito socio-previdenziale, una volta l’impegno maggiore del patronato era nel far riconoscere ai lavoratori emigrati i loro diritti nei confronti degli enti assicurativi e previdenziali locali, compreso l’assistenza sanitaria per loro ed i rispettivi familiari rimasti in Italia, nonché la presentazione di domande di pensione in regime internazionale all’INPS, con tutto quello che sta a monte ed a valle delle domande stesse. Con il tempo l’impegno maggiore del patronato è diventato gradualmente quello relativo alle domande di pensione svizzere, Secondo Pilastro compreso, soprattutto per i milioni di ex emigrati italiani, a supporto della rete dei rispettivi uffici di patronato sia in Italia e che negli altri Paesi di emigrazione ma, ovviamente, anche per tutti gli altri emigrati che raggiungono l’età del pensionamento risiedendo in Svizzera, ed anche in questi casi con tutto il lavoro che sta a monte ed a valle della domanda di pensione. Tanto per chiarire quello che è accaduto, quando il sottoscritto ha iniziato la sua attività all’ITAL-UIL di Zurigo negli anni Settanta, su 100 domande di pensione presentate 80  erano per l’INPS e 20 per l’AVS svizzera, oggi tali percentuali si sono praticamente invertite!
Naturalmente i bisogni degli italiani in Svizzera in cinquanta anni sono radicalmente cambiati poiché si è passati dai flussi migratori giornalieri verso la Svizzera di migliaia di persone degli anni ’50 e ’60, in cui la popolazione italiana raggiunse quasi il milione di unità, al blocco dell’emigrazione di massa avvenuto nei primi anni ’70 e ad un inizio graduale ma ininterrotto dei rimpatri.
 
 
IL PATRONATO: UN PORTO SICURO DI PROSSIMITÀ
Oggi la comunità italiana in Svizzera si è ormai stabilizzata intorno alle 300'000 unità, 500'000 se si considerano i doppi cittadini, con una tendenza alla naturalizzazione sempre più marcata (nello scorso anno si sono naturalizzati 4'591 italiani ponendosi come gruppo etnico al secondo posto dopo i serbi che sono stati ben 11'701). Ma del mezzo milione di italiani rimasti in Svizzera la quota di emigrati è in netto calo, rispetto alle seconde e terze generazioni, e tra gli emigrati aumentano i pensionati che hanno fatto la scelta di restare per sempre in questo Paese: gli ultra sessantacinquenni ammontano già ad oltre 40'000, senza contare i doppi cittadini.
Oggi la Svizzera non è più un’isola felice nel centro dell’Europa poiché, pur non facendone parte, è ormai legata strettamente all’Unione Europea grazie agli Accordi Bilaterali entrati in vigore nel giugno 2002 che, tra l’altro, hanno esteso anche alla Confederazione la libera circolazione delle persone con annesso il Regolamento 1401/71 relativo la sicurezza sociale  che ha sostituito tutti i precedenti accordi bilaterali che, sulla stessa materia, la Svizzera aveva firmato in passato con i singoli Stati dell’Unione.
Contrariamente a quanto affermano anche alcuni colleghi e nonostante i desideri dei soliti ed interessati nemici dei patronati e dei sindacati, nel futuro l’attività del patronato, a mio avviso, continuerà ancora per diverso tempo ad essere essenzialmente la stessa di questi ultimi anni, quantomeno in questo Paese, anche perché se i grandi flussi migratori si sono fermati negli anni Settanta molti di quei lavoratori non hanno ancora maturato i loro diritti pensionistici. Senza poi dimenticare che la Svizzera, anche per la sua vicinanza geografica, è rimasta comunque una méta allettante per tanti lavoratori italiani, in particolare per tecnici e menager, specialmente da quando è in vigore la libera circolazione delle persone a seguito degli Accordi Bilaterali con l’Unione Europea e senza contare i frequenti ricongiungimenti familiari che avvengono in Svizzera dovuti a matrimoni. In un Paese come questo, dove quasi tutte le famiglie italiane possiedono un bene immobile in Italia, gli adempimenti fiscali  continueranno poi ad impegnare i patronati e l’aumento costante del numero di pensionati emigrati che restano in Svizzera comporterà la necessità di dover affrontare tutta una serie di nuovi problemi legati alla Terza età a cominciare dalla gestione delle pensioni italiane e svizzere e dalle pratiche per richiedere le prestazioni pensionistiche complementari ed anche i sussidi sociali per gli anziani più indigenti.
A questa attività va infine aggiunto tutto il lavoro che ricadrà sicuramente sui patronati all’estero a seguito della ristrutturazione, o razionalizzazione, della rete consolare che negli ultimi anni ha già ridotto da 24 a 11 le sedi nella sola Confederazione e, non è detto, che nel prossimo futuro non vi siano ulteriori tagli, oltre al fatto che, a cominciare dalla stessa Ambasciata, tutta la rete è da anni sempre più in sofferenza di personale con una ricaduta sulla bontà dei servizi al pubblico. Un problema, peraltro, quello della insufficiente funzionalità della rete consolare italiana che è  generalizzato in tutto il mondo, tanto che dai Comites e dallo stesso Consiglio Generale degli Italiani all’estero  arrivano sempre più forti le pressioni sul Ministero degli Affari Esteri affinché venga stipulata al più presto la convenzione con i patronati, come previsto dall’articolo 11 della legge 152/2001 di riforma degli istituti di patronato che non comporterebbe assolutamente nuovi compiti per i patronati ma solo di poter continuare a svolgere ufficialmente quel lavoro di supporto alla rete consolare che, di fatto, hanno sempre svolto e svolgono tuttora, senza che tuttavia vi sia mai stato un riconoscimento di questa attività non istituzionale da parte dello Stato.
Per quanto concerne, poi, la presenza dei patronati nella Confederazione non va dimenticato il lavoro particolare svolto in questo Paese nelle regioni di confine a favore dei lavoratori frontalieri italiani che da decenni, a secondo della congiuntura economica, oscillano tra i 30 ed i 40'000 e che, quando si trovano sul suolo elvetico si avvalgono anche loro dell’assistenza e della tutela dei patronati.
Morale: qualsiasi siano i bisogni che hanno ed avranno gli italiani nel mondo, i patronati, e per quanto ci concerne come ITAL-UIL in Svizzera con le 8 sedi regionali ed i 39 sportelli zonali, continueranno ad essere per loro un porto sicuro di prossimità nel quale rifugiarsi per essere assistiti e tutelati!
Dino Nardi/Italia Estera



 
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