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09 feb 2007E' morto a Napoli il giornalista Arturo Fratta

NAPOLI, 7 FEB -(Italia Estera) -  E' morto a Napoli il giornalista Arturo Fratta. Aveva ottantuno anni. Fratta ha legato la sua attività professionale al quotidiano "Il Mattino", alla sua passione per la storia, per la filosofia, un amante della cultura. Autore di numerose pubblicazioni, Fratta ha svolto la sua intensa attività a Napoli. Ne  'Il Mattino', il ”suo” giornale ha rivestito tutti i ruoli fino a quello di redattore capo e di editorialista.
* * *
Italia Estera ricorda Arturo Fratta con l’intervista 'vera'  di  Antonio Tricomi,  pubblicata su Repubblica del 17 settembre 2006 nella rubrica “I Volti di Napoli”
 
"Fate presto", una vita di corsa nel giornalismo e nella cultura
 Nessun rumore dalla strada, il salotto di Arturo Fratta è un´oasi di eleganza e compostezza. Ai margini del Vomero, tra via Suarez e piazza Leonardo, l´ottantenne giornalista-fotografo-saggista vive circondato dall´affetto della famiglia: moglie, due figlie, tre nipoti. Volumi antichi ma anche edizioni tascabili riempiono una libreria a parete, nella quale sono incassati un giradischi e un registratore professionale a bobine. Lungo uno scaffale, qualche decina di dischi in vinile: musica classica. Alto e dritto, capelli candidi e occhi azzurri, camicia chiara e calzoni di lino intonati al suo sguardo, Fratta si muove agilmente tra libreria e poltrona. I giornali, che per decenni sono stati la sua vita, sono invece adagiati su di un tavolino all´ingresso. «Il giornalismo? Lavoro delicato, che comporta un forte senso di responsabilità», sostiene Fratta. «Ma anche mestiere rigoroso, fatto di regole precise. La capacità di comunicare è un dono ma anche uno strumento che si affina con il tempo: guai a confonderla, però, con la bella scrittura o peggio con le velleità letterarie. Da ragazzino vivevo a Rodi, poi mi trasferii a Napoli: pubblicavo racconti e poesie. Ma il mio approccio al giornalismo non ebbe nulla a che fare con la mia presunta vocazione letteraria. Per guadagnare qualche soldo, nella Napoli dell´immediato dopoguerra, cominciai a fare il reporter. Andavo a caccia di notizie, le portavo ai giornali e altri le scrivevano: sono fiero di aver cominciato così, di aver colto subito l´essenza del mestiere». "Free lance" ante litteram, Fratta comincia giovanissimo a realizzare i suoi scoop. Talento, fortuna. Nel 1946 s´imbatte per caso nel portiere di Villa Rosebery, allora residenza del re: viene a sapere che Umberto II sta per abbandonare l´Italia e Fratta è il primo a dare la notizia, diffondendola attraverso un´agenzia. Sei anni più tardi, mentre decine di cronisti attendono nel cortile di Palazzo Filomarino che l´agonizzante Benedetto Croce esalò l´ultimo respiro, Arturo vede uscire dall´appartamento un religioso che era stato suo professore a scuola: lo insegue, si presenta come ex alunno e non come cronista, gli strappa la notizia della morte del filosofo e la telefona al suo giornale, il "Roma". Poi torna sui suoi passi e si gode lo spettacolo dello strillone che informa, diffondendo l´edizione straordinaria, gli esterrefatti colleghi in attesa nel cortile. La fama del giovane e talentuoso cronista fa il giro della città. Giovanni Ansaldo lo chiama al "Mattino", ha inizio per Fratta una lunga e straordinaria stagione. «Ansaldo intendeva riscattarsi dalla sua fama di neo-borbonico. Conoscendo la mia passione per la storia, mi commissionò una biografia di Garibaldi. La facemmo uscire in quarantadue puntate, le vendite s´impennarono. Era il 1960: più tardi quella biografia divenne un libro». Il primo di una lunga serie: sono 72 i titoli della bibliografia di Fratta, volumi a sua firma oppure a sua cura. Giornalista, saggista, storico. Ma anche fotografo. «Nel 1970 me ne andai in giro per mesi nelle strade di Napoli, con un paio di costosissime macchine appese al collo: non ebbi alcun fastidio, neanche nei quartieri più malfamati. Da quattromila scatti selezionai duecentoquaranta foto in bianco e nero. Volevo raccontare la Napoli dell´era moderna, indignato dai soliti reportage che parlavano solo di sporcizia, pigrizia, delinquenza e donne obese. Ne venne fuori il volume "Napoli sempre": altro grande successo, ormai introvabile». Intanto al "Mattino" la carriera di Fratta decolla. Dal 1975 al 1985 è redattore capo. «Per dieci anni lavorai dalle 9.30 della mattina alle 3.30 della mattina seguente. Il giornale era a quota 66mila copie, arrivò a 180mila. Come? Puntando sulla qualità. Chiamando a collaborare Giovanni Pugliese Carratelli e Luigi Firpo. Individuando un´ampia fascia di lettori interessata ai grandi temi della cultura, da trattare però senza seriosità né solennità accademiche». In quegli anni Fratta lega i suoi destini a Gerardo Marotta, che fonda l´Istituto italiano per gli studi filosofici, con sede a casa sua. «Ma vengo a sapere che Palazzo Serra di Cassano era in vendita e che lo Stato aveva un´opzione. Scrissi un paio di articoli. Leggendomi, il ministro Scotti si convinse, fece valere l´opzione e lo Stato acquistò il Palazzo». Cinque anni dopo, il terremoto: Fratta è l´autore del titolo "Fate presto", poi ripreso da Andy Warhol, che di quella prima pagina del Mattino fece uno dei suoi quadri più famosi. Negli anni seguenti, forse la più importante battaglia di Fratta. «Il cosiddetto piano di recupero dell´edilizia universitaria nell´area del Primo Policlinico, elaborato dall´Università e approvato con delibera del consiglio comunale del 27 marzo 1981. Non prevedeva soltanto il recupero dei tre padiglioni di piazza Miraglia, ma si estendeva all´intera acropoli dell´antica Neapolis: l´area delimitata da piazza Bellini, piazza Cavour, via Foria, via Anticaglia, via Tribunali. Il tessuto urbano della città greca, risalente al quinto secolo avanti Cristo, sarebbe stato smantellato». Nel 1982 "Il Mattino" diretto da Roberto Ciuni parte con una vigorosa campagna d´informazione sulla reale portata del piano. «Il sindaco Valenzi, che aveva incautamente approvato la delibera, mi incoraggiava. Scotti, allora ministro per i beni culturali e ambientali, bloccò il cosiddetto piano di recupero. Grande battaglia, che mi costò non pochi nemici. E che non fu priva di conseguenze». Grande battaglia. Vinta la quale, a soli sessant´anni, Fratta decide di andare in pensione. Dedicandosi, con ben altri ritmi, alle sue passioni di sempre: la storia, la filosofia, il mare. La Napoli di oggi? Fratta fa spallucce. «In questa città nel corso dei secoli si è consumata una lotta sorda, lacerante, tra cultura e potere. Qui Federico II fondò la prima Università laica. Qui la gloriosa rivolta del 1799. Ma è anche la città in cui il potere finisce per assumere sempre lo stesso volto. In cui si tentano a tutt´oggi controlli politici sulla cultura: è accaduto di recente con l´Istituto italiano per gli studi filosofici. Ed è inammissibile». La capacità d´indignarsi, l´impegno di una vita.
 
Antonio Tricomi, Repubblica
 
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Due scoop giornalistici  segnarono il suo  destino. Da reporter diventò  “Il reporter”. A me lo raccontava Luigi De Lillo. 
Ma Fratta lo  ha sempre detto. Lo faceva quando di notte nella stanza del redattore capo Franz Guardascione, al Chiatamone, arrivavano dalla rotativa  le prime copie de 'Il Mattino' e si faceva l’alba,  nell’attesa  dell’ ultima notizia importante dagli Stati Uniti da mettere nella “ribattuta” (allora si cambiava in macchina!). Lui che era il capo dei servizi esteri.  
A quelle riunioni  c’era sempre Don Carlo Nazzaro, pronto a sgranare il rosario dei suoi ricordi, Marino Marin, Renato Filizzola e , naturalmente, Franz Guardascione. C'ero anche io. Si raccontava di tutto. Si ricostruivano  e si analizzavano anche fatti ed avvenimenti degli anni che precedettero o seguirono la seconda guerra mondiale. Un piccolo caffè letterario.  Erano i tempi della dolce vita. Fratta aveva 40 anni e mi insegnava che a quell’età bisognava realizzarsi. Bisognava darci dentro.
Allora il fotogiornalista Arturo Fratta si dedicava al ritratto. Così a casa mia, dinanzi al mare di Posillipo, in una seduta del tutto amicale,  che ricordo ancora , mi ritrasse con mio figlio Attilio in una immagine che fa ancora bella mostra di se nel mio studio .  
Da giornalista di razza, qual’è sempre stato ed ha sempre dimostrato di essere,  pubblicò un volume fotografico “Napoli Sempre" (che conservo gelosamente)  in cui documentò la Napoli vera, non quella dei rotocalchi di allora.
Pochi conoscono le battaglie giovanili di  Arturo Fratta al Corriere di Napoli. Il suo antagonismo con Michele Topa. I due più giovani della redazione che producevamo reportage e servizi ancora oggi autentici.   
Poi il fato li divise.
Michele Topa andò a Torino a La Stampa per poi stabilirsi in Germania da corrispondente per quel giornale. Arturo invece divenne capo dei servizi esteri de "Il Mattino".
E’ lì che ci incontrammo perché allora lavoravo, tra l’altro, per L’United Press International e per "Time" e "Life" e lui cercava di ottenere,  attraverso di me, su certi avvenimenti  il particolare in più da inserire nei  servizi del giornale.
Lì ebbi modo di apprezzare  le grandi doti di un  Maestro che insegnava sempre. Senza mai farti pesare nulla. Non solo nel giornalismo, persino nella tecnica fotografica. Sì perché era un giornalista moderno e completo che stava su un gradino più su. Nazzaro ci definì "I fratelli Lumiere".
Ho conservato sempre la stima ed il rispetto, sissignori il rispetto, per un Collega che ha saputo negli anni insegnarti tante cose, senza fartene accorgere.
Poi il fato divise anche noi.
Lasciai Il Mattino per la mia avventura giornalistica, la Rotopress. 
Fui costretto a  trasferirmi a Roma . Non ci siamo più rivisti.
Addio Maestro mio!
* * *
In quest’anno,  dedicato a Giuseppe Garibaldi,  va ricordato il suo grande lavoro: “Garibaldi Passioni e battaglie” che, dopo mesi di rigorose ricerche  e consultazioni in Italia ed anche all’estero, vide pubblicata  la prima puntata  su Il MATTINO del 6 dicembre 1959, domenica. Un successo: aumentarono vertiginosamente le vendite del giornale. Furono 42 le puntate, ma io ne conservo gelosamente soltanto 20.  
L’occhiello diceva: “L’Eroe di Caprera senza retorica e senza leggenda”. Successivamente Fratta le raccolse in un volume che riscosse moltissimi consensi e del quale ne conservo una copia con dedica . 
 giuseppe maria pisani
 

 

 




 
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