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04 feb 2007SANGUE SUL CALCIO, Il Celerino nemico dell’ultrà teppista - Commento di Fabrizio Piccolo

Commento di Fabrizio Piccolo
ROMA, 4 FEB. (Italia Estera) - Non è il tifoso rivale, non è l’arbitro ‘corrotto’, non è il calciatore avversario provocatore. Il nemico dell’ultrà teppista, del tifoso violento, del cittadino che si sente leone nel branco è sempre uno: il poliziotto, il celerino, la divisa.
Contro di lui si scaglia la cieca rabbia dell’ultrà con pietre e passamontagne, a lui sono diretti gli insulti più beceri quando va bene, le bombe mortali quando si superano i confini. A Catania come a Salerno non più tardi di un mese fa, in un paesino della Calabria come ad Avellino quando perse la vita Sergio Ercolano.
L’uomo si fa bestia e morde, ringhia, graffia, uccide. Il calcio si ferma attonito e chiede pietà, il mondo riflette, si imbastiscono tavole rotonde, dibattiti, processi scritti ed orali, sullo sfondo resta – come la più drammatica delle fotografie che sintetizzano la tragedia – l’odio per le forze dell’ordine. La legge da calpestare, le regole da infrangere. La legalità come ostacolo, il poliziotto come l’assassino. Il capovolgimento della logica assunto a norma. Alla base di tutti o quasi i recenti e non episodi assimilabili a quelli di Catania c’è questa matrice comune, questo messaggio d’odio, questa dicotomia inestricabile. Che è la stessa che porta a scrivere sui muri ‘’uno di meno”, che aizza l’assurda mania di protagonismo degli scalmanati che si sentono eroi, dei delinquenti che esultano per un pestaggio a chi l’ordine lo difende, che si alleano per combattere l’odiato obiettivo. L’uomo in divisa.
E a nulla son servite le grida di dolore di addetti alle forze dell’ordine che l’hanno fatta franca per miracolo, che lamentano la paura di dover rischiare la vita per pochi euro, che chiedono aiuto. La guerra, la vera guerra, è continuare a far proliferare quest’errore, quest’orrore. Vanno chiamati vigliacchi coloro che aggrediscono la polizia, vanno condannati con la stessa fermezza con cui impunemente aggirano ogni legge – di Dio e degli uomini – per affermare le proprie regole di prevaricazioni, di aggressione, di violenza. E il disprezzo di tutti i cittadini ‘normali’, civili, deve essere il primo e più importante segnale da lanciare verso gente che dal tacito consenso come dall’omertà trae linfa per crescere ed allignare.
E’ ora che tutti prendano coscienza definitivamente del problema, è ora di ridare la certezza delle pene, la severità delle punizioni assieme al dissenso totale e popolare. E se il popolo-bue ha bisogno di soggetti più legittimati ad insegnare le regole del saper vivere che si prendano i calciatori a fare da testimonial. Ma non di telefonini o di videogiochi o di scarpe da ginnastica.
Si prendano gli idoli delle folle e li si investano della responsabilità di far capire quanto le forze dell’ordine siano un bene da proteggere e tutelare. Mettiamo i Totti, i Buffon, i Toni sottobraccio ai poliziotti a mandare un messaggio di pace e di civiltà. E lasciamo che le tifoserie vere recepiscano il segnale e siano esse stesse le prime a prendere le distanze dai selvaggi e dai barbari. Facciamo ricrescere il seme della normalità in un mondo di alberi marci. E non vergogniamoci mai di difendere le regole da rispettare. Come cittadini e come uomini. Il calcio si ferma e chiede aiuto. Diamoglielo tutti.
Fabrizio Piccolo/Italia Estera



 
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