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18 nov 2006Definiamo insieme il profilo del nuovo CGIE

L’opinione di quattro componenti del CGIE di nomina governativa: Andrea Amaro (CGIL), Mario Castellengo (ITAL-UIL), Norberto Lombardi (Ds) e Luciano Neri (Margherita)
ROMA, 18 NOV. (Italia Estera) -  Per il CGIE è tempo di voltare pagina, lasciandosi alle spalle le generiche invocazioni di sopravvivenza da parte di chi ne auspica la continuazione o le condanne sommarie di chi ne chiede il superamento. Gli eletti della circoscrizione estero hanno ormai avuto modo di saggiare le difficoltà del loro impegno parlamentare,  che richiede studio e approfondimento, intensa responsabilità, prolungata dedizione. Hanno avuto conferma delle difficoltà di dividere il loro tempo tra il concreto esercizio della loro attività istituzionale e l’esigenza, non meno impegnativa, di sviluppare contatti diretti con i loro elettori, dispersi in ambiti territoriali letteralmente sconfinati.
Solo chi ha un’idea approssimata e avventurosa del funzionamento delle istituzioni può pensare che i diciotto eletti all’estero possano coniugare presenza ed efficienza in Parlamento ed i necessari  contatti con la multiforme realtà delle comunità di provenienza senza un sostegno e una rete di collegamento.
Ci sono i COMITES, certo, che sono un insostituibile livello di organizzazione democratica e di raccolta di problemi e sollecitazioni, ma la loro vita continua ad essere esposta a fattori di precarietà di vario genere. Realisticamente, ci vorrà del tempo prima che riescano a consolidarsi e a funzionare a regime, diventando non solo un luogo di emissione di pareri, ma un soggetto di rappresentanza riconosciuto e incisivo sia sul versante dei rapporti con i rappresentanti diplomatico-consolari dello stato italiano che su quello delle relazioni con le autorità locali.
E poi, ci sono delle funzioni di carattere più generale che i COMITES, in quanto tali, non possono esercitare, e che richiedono – contemporaneamente – la presenza di un livello intermedio di rappresentanza, meno circoscritto localmente dei COMITES e meno disperso di quello dei parlamentari. Ad esempio, chi meglio degli eletti al CGIE può garantire la sintesi delle richieste degli stessi COMITES e la rappresentanza a livello nazionale? Chi può, meglio del CGIE, rappresentare in un solo incontro ai parlamentari, non solo a quelli eletti all’estero ma a tutti i parlamentari, le esigenze che, settore per settore, provengono da diverse parti del mondo? Chi, se non il CGIE, può garantire lo sviluppo del lavoro della Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE, che non solo è istituita per legge, ma che rappresenta il più importante strumento di coordinamento esistente dell’intervento pubblico verso gli italiani all’estero?
 Chi, se non i rappresentanti del CGIE, possono fare sentire la voce degli italiani all’estero, sempre negletta, in alcuni luoghi dove i parlamentari non possono operare, come la commissione per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo o come la struttura di valutazione dei progetti di formazione realizzati fuori dall’Europa?
Si potrebbe esemplificare a lungo, giungendo sempre alla stessa conclusione: un livello di rappresentanza intermedio è necessario non solo per coordinare e amplificare la voce dei COMITES, ma anche per sostenere e dare slancio alla preziosa attività dei parlamentari.
Ma di quale CGIE stiamo parlando? Di quello che tra qualche settimana si dovrà riassestare, dopo la lunga pausa conosciuta negli ultimi tempi, o di un altro CGIE, riformato e rilanciato? Stiamo parlando di questo CGIE, che esiste in carne e ossa, in vista del nuovo CGIE, che – bene che vada -  non potrà vedere la sua definizione normativa prima di qualche anno.
Allora, senza dividersi pregiudizialmente in conservatori e sterminatori, si apra la discussione di merito su quello che potrà e dovrà essere il nuovo CGIE, ora che i parlamentari sono nel pieno delle loro funzioni e che i COMITES debbono essere aiutati a vincere la loro battaglia per una loro più compiuta autonomia e incisività d’azione. La si apra a tutti livelli, con l’idea di completare finalmente il percorso di organizzazione della rappresentanza degli italiani all’estero e con la certezza che questo non potrà avvenire senza il pieno coinvolgimento delle rappresentanze di base e del mondo associativo. La si apra, senza impulsi di autoconservazione e tentazioni di opportunismo, anche all’interno del CGIE, dimostrando che chi ne fa parte è capace di elevarsi al di là delle sue personali convenienze e di farsi carico di esigenze generali. Per questo, apprezziamo e ringraziamo quei parlamentari, membri del CGIE, che hanno voluto rassegnare le dimissioni dai loro incarichi di direzione dell’organismo per affermare concretamente la loro autonomia e nello stesso tempo, rispettando le ragioni di chi ha deciso di lasciare lo stesso organismo, invitiamo tutti a continuare a fornire, in assemblea e nelle commissioni tematiche, il contributo prezioso della loro esperienza alla definizione del profilo politico e istituzionale del nuovo CGIE.
(Andrea Amaro, Mario Castellengo, Norberto Lombardi, Luciano Neri) (Italia Estera) -



 
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