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26 giu 2006Domenico Azzia (Sicilia Mondo): Il Ponte sullo Stretto, l' indignazione dei siciliani all’estero

CATANIA, 26 GIU.(Italia Estera) - L’articolo “Il Ponte sullo stretto e la cultura del babbìo” ha provocato indignazione e sconcerto presso le comunità siciliane che vivono all’estero.
A Sicilia Mondo sono arrivate decine di e-mail, fax e lettere di amarezza e di sconforto ma anche di sostegno e di incoraggiamento a non demordere.
Colpisce la loro reazione e l’insistenza ad organizzare la protesta e le disponibilità del loro coinvolgimento. Una protesta che non ha colore politico ma che contiene tutta la tensione proveniente da uomini che hanno sofferto molto nel passato per la violazione dei diritti, della pari dignità e degli inganni. Un fatto che li rende allergici ad ogni forma di prevaricazione perché il “no” del Ponte è stato visto, e giustamente, come una violazione ai diritti dei siciliani, uno  vero e proprio sgarro fatto dai poteri forti, un abuso da parte dei potentati economici che gestiscono la “taglia” dell’attraversamento.
Una storia amara che purtroppo si ripete anche ai nostri giorni, in pieno 2006. Perché è questa la vera storia del Ponte, una realtà inaccettabile.
Per dovere di informazione riportiamo alcuni dati perché siano oggetto di valutazione.
La Sicilia, per superare la sua insularità ed il suo isolamento, ha assoluto bisogno di un collegamento veloce con l’Europa per inserirsi nei processi di ammodernamento e di sviluppo che attraversano il mondo di oggi.
La costruzione del Ponte costituisce il passaggio obbligato (tre minuti di percorrenza contro le diverse ore dei traghetti) per saldare la interruzione territoriale, eliminare l’impatto dei traghetti ed entrare nel sistema delle grandi comunicazioni continentali. Pena la emarginazione.
Il Ponte, ovviamente, va visto in un sistema di integrazione strutturale della comunicazione tra trasporto aereo, quello ferroviario, quello marittimo e quello su gomma. Una struttura isolata, da sola, non può funzionare.
Costruire il Ponte significherebbe quindi obbligare a fare le infrastrutture necessarie. Non fare il Ponte significa non avere mai le infrastrutture connesse, né oggi né domani, significa rinunciare per sempre all’alta velocità, restare angolo negletto dell’Europa. Senza avvenire e senza speranza.
Ci domandiamo allora se sia legittima per il Governo la scelta di penalizzare il 10% della popolazione isolandola rispetto al resto del Paese.
Con l’entrata in vigore dell’Area di libero scambio euro-mediterraneo del 2010, ormai alle porte, la Sicilia, per la sua ubicazione geografica al centro del Mediterraneo, è destinata a diventare la piattaforma territoriale e logistica  di un colossale movimento di commerci, di scambi, di  servizi e beni tra le aree forti dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia e quindi, una eccezionale fonte di possibilità e di ricchezza per l’Italia e per la stessa Europa.
Senza il Ponte, il taglio dello stretto interromperebbe il collegamento veloce del sistema di comunicazione integrato. La incidenza economica dell’interruzione potrebbe orientare il flusso dei commerci e delle persone verso la penisola iberica per la sua continuità territoriale con l’Europa. Un danno incalcolabile per l’Italia.
Non per niente l’UE, nella previsione dei flussi euro-afro-asiatici e nello stesso interesse dell’Europa, ha inserito, come asse portante del progetto delle grandi comunicazioni europee, il corridoio 1 Berlino-Palermo con la costruzione del Ponte disponendone il finanziamento del 20% sulla costruzione dell’opera ritenuta essenziale. Con questa opportunità, non fare il Ponte sarebbe una scelta a dir poco delittuosa.
Dopo decenni di studi, approfondimenti, benestare di scienziati da tutto il mondo ed il superamento di procedure infinite, la impresa Impregilo si è aggiudicata la gara di appalto per la costruzione del Ponte per 3,9 miliardi di Euro e firmato i relativi contratti. La società Stretto di Messina ha nelle proprie casse 2,5 miliardi di Euro pari alla metà dell’opera, il contributo dell’UE è del 20%, il resto verrà dai mercati finanziari e dai pedaggi.
Il ponte quindi non costa nulla alla collettività.
Così il Presidente della Regione Cuffaro: “Il Ponte non toglie risorse economiche a nessuna altra opera. Si può realizzare con capitali privati e fondi europei” (quotidiano La Sicilia del 20/06/2006) nella stessa pagina dice Cuffaro: “Il Ponte di Messina per noi è una priorità”.
Il Ponte non solo non costerebbe nulla ma farebbe risparmiare allo Stato la ingente perdita di oltre 200 milioni di Euro all’anno per l’attraversamento delle ferrovie.
Scriviamo queste cose perché la gente ed i nostri corregionali che vivono all’estero, in particolare, sappiano la verità sul Ponte. A questo punto sorge legittima una domanda: ma allora perché il Ponte non si fa più?
Le fonti che conosciamo sono:
- quelle del Governo che dice “Prima le priorità, poi il Ponte”. Ma si guarda bene dall’indicare quali sono, parla piuttosto di mancanza di disponibilità finanziarie.
- la singolare esternazione del Prof. Alessandro Bianchi in odore di conflitto di interesse per essere stato consulente (pagato) dai signori del “no” al Ponte ed arrivato, non si sa per quali altri meriti addirittura a Ministro dei Trasporti della Repubblica che dice “ al posto del Ponte costruiamo tanti piccoli porti tra la Calabria e la Sicilia” Preferiamo un “no comment”. È proprio il caso di dire “ma in che mondo viviamo”!
Al ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro che ci inonda con le sue quotidiane interviste sempre più contorte ed apprensive chiediamo allora di dirci con chiarezza: quanto costa il Ponte allo Stato?
Perché rappresentano una priorità le autostrade che portano allo stretto se poi senza il Ponte si devono fermare allo stop del passaggio a livello dello Stretto?
Cosa impedisce che i lavori, cosiddetti prioritari, che richiedono meno tempo della costruzione del Ponte vengano fatti contemporaneamente per essere pronti per l’inaugurazione del Ponte (2012)?
Perché la TAV “si” (15 miliardi e contro il volere locale) ed il Ponte “no” (voluto dai siciliani) e che non costa niente?
Perché la TAV “si” quando è ancora tutto in alto mare per la querelle del territorio e per il Ponte “no” pronto oggi stesso?
Non è forse legittimo pensare che gli interessi privati dei gestori dell’attraversamento dello Stretto siano veramente intoccabili? 
Al Presidente Prodi vorremmo ricordare le esperienze nefaste di Governi non lontani dominati dai diktat di personaggi che facevano da padrone nelle scelte di Governo. La storia è maestra ma è inascoltata. Nell’attuale schieramento i personaggi del “no”, espressione in Sicilia di una forza politica pressoché insignificante, impongono le loro scelte al Governo che le subisce e pretendono farlo sulle cose della Sicilia. Non crediamo sarà cosa facile.
Comunque, il “no” al Ponte è certamente uno “scippo di Governo” che resterà nella storia dell’Italia. Tra le meno edificanti.
A favore del Ponte sono partite molte iniziative, non ultima la recente manifestazione a Messina con la partecipazione di 10 mila persone, del Presidente della Provincia Regionale Lombardo che l’ha promossa, del Presidente della Regione Cuffaro, del Presidente della Provincia di Palermo Musotto, oltre 50 tra sindaci, deputati Regionali e sostenitori.
Anche Sicilia Mondo intende fare la sua parte nella battaglia per il “si” al Ponte con un ventaglio di iniziative che coinvolga la partecipazione diretta delle Associazioni e dei singoli corregionali.
Lo ritiene doveroso perché è una causa giusta, legittima e santa, perché questa è la volontà delle Associazioni e dei tantissimi siciliani all’estero che ne hanno dato mandato, perché il ruolo dell’associazionismo di oggi deve essere quello di partecipare e di contare sempre più sulle cose della Sicilia. È la strada maestra per costruire un rapporto interattivo reale. Perché il Ponte ha ridato unità e forza ai siciliani che vivono fuori dall’Isola e che hanno riscoperto anche in questa occasione tutta la tensione e l’orgoglio della sicilianità, una cultura di assalto e generosa che sa vincere le sue battaglie contro le prevaricazioni. 
Una ciliegina sulla torta: i Parlamentari siciliani dell’Unione che cosa fanno? Risposta: giocano a nascondino. (Domenico Azzia/Italia Estera)



 
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