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26 feb 2006ENERGIA: Il Brasile, primo produttore mondiale, punta sul Metanolo come fonte alternativa verde

Servizio di Pablo Madeiras
SAN PAOLO, 26 feb – (Italia Estera) - I brasiliani hanno trovato un modo per contrastare il caro petrolio, usando l'alcool prodotto con le canne da zucchero. In Brasile questa tecnologia viene usata dagli anni '70. All'epoca però il prezzo del petrolio crollò e si perse interesse per altri carburanti. Oggi usare alcool è nuovamente conveniente: costa la metà! E quindi in Brasile, e non solo, sono tornati i distributori di alcool. La differenza è che i brasiliani si sono fatti furbi e ora preferiscono un auto che possa andare con entrambi i carburanti in modo da usare quello più conveniente. Quando il prezzo del greggio sale sopra i 35 dollari a barile (in questo periodo ne costa più di 60) diventa più costoso dell'alcool. I grandi produttori di auto sono stati costretti a commercializzare motori con tecnologia FLEX FUEL. Questa tecnologia permette di funzionare con una grande varietà di combustibili, compreso l'alcool. La nostra FIAT vende in Brasile una vasta gamma di auto flex come la Stilo, Palio ecc. Lo stesso fanno gli altri produttori

Le fabbriche in Brasile che producevano zucchero oggi producono anche carburante, il metanolo (usinas, in portoghese), con gli scarti producono energia e con gli scarti degli scarti fertilizzante. Mai sentito parlare di sostenibilità? Aggiungiamo il fatto che usare alcool produce meno inquinamento, le piantagioni assorbono CO2 e possiamo veramente apprezzarne i vantaggi. In Italia invece si buttano le eccedenze di barbabietole nelle discariche e si pongono dazi alle importazioni dal Brasile.

E’ di questi giorni la notizia che il Brasile ha deciso di puntare apertamente sul metanolo come fonte energetica "verde" alternativa al petrolio, e diventare così "l'Arabia Saudita del 21/mo secolo", secondo lo slogan dell'Unica, l'Uniao da Industria Canavieira, che riunisce tutte le imprese del settore. Solo quest'anno entreranno in attività 19 nuovi impianti per la produzione di metanolo, con 700 milioni di dollari di investimenti da tutto il mondo, secondo l'Unica. Ma il Brasile può sostenere questa sfida perché è già il primo produttore mondiale di canna da zucchero e di metanolo, l'alcol estratto dalla canna e utilizzato come combustibile e quindi prevede, con nuovi massicci investimenti, di raddoppiare in otto anni la capacità produttiva attuale, per far diventare l'alcol una vera alternativa "verde" al petrolio.

In particolare, dall'ottobre prossimo entrerà in funzione un gigantesco complesso produttivo realizzato in collaborazione con il Giappone, per fornire all'economia del Sol Levante una alternativa alla dipendenza dalle importazioni di petrolio. Entro due anni, tutta la benzina giapponese sarà allungata con il metanolo, e tutte le auto giapponesi saranno "bifuel", capaci cioé di utilizzare qualsiasi miscela di benzina e alcol, esattamente come avviene già attualmente in Brasile.

Nel 2006, il consumo interno di metanolo in Brasile dovrà superare il miliardo di litri. Altri 89 impianti entreranno in funzione entro il 2014, con investimenti di 8 miliardi di dollari, fino a raddoppiare la capacità produttiva attuale e poter fornire metanolo a qualsiasi altro mercato che decidesse di convertirsi all'alcol, con un occhio in particolare all'Unione Europea.

Lo stato amazzonico del Maranhao ha annunciato in questi giorni che la produzione d'alcol diventerà "precedenza assoluta" nello stato, anche a scapito delle altre colture tradizionali. Proprio per questo motivo, gli ambientalisti brasiliani contestano la definizione del metanolo come carburante "verde": per poter produrre l'alcol, che è parzialmente meno inquinante dei derivati del petrolio (ma tutt'altro che veramente "pulito"), distese sconfinate di territorio vengono adibite a piantagioni di canna da zucchero, a scapito della biodiversità delle culture e soprattutto a scapito dell'ambiente.
Nel Maranhao, per esempio, i 400 mila ettari che nei prossimi anni saranno adibiti alle megapiantagioni, solo in parte provengono dalla conversione (in gran parte di pascoli per bestiame): oltre la metà, denunciano gli ambientalisti, sarà ricavata dalla devastazione del "cerrado", la savana equatoriale che copre metà del territorio dello stato, scarsamente protetto ma gravemente minacciato.
Pablo Madeiras /Italia Estera


 
 
 
 
 
 



 
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