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05 set 2006Fondazione Cassamarca promuove il Convegno: “Per un rilancio dei salumi della Marca Trevigiana”

TREVISO, 5 SET. (Italia Estera) - Per riscoprire e riproporre la tradizionalità trevigiana per le carni salade, la Fondazione Cassamarca promuove un Convegno dal titolo”Per un rilancio dei salumi della Marca Trevigiana”. 
Il Convegno si svolgerà a Treviso, presso Casa Carraresi, il 30 settembre 2006, con inizio alle 9,30.
Il programma della manifestazione prevede: la presentazione dell’Avv. On. Dino De Poli, Presidente della Fondazione Cassamarca di Treviso, e alcune relazioni sulla storia dei prodotti a base di carne suina nella Regione Veneta. Queste le relazioni: Produzione e consumo della carne suina nelle città e nelle campagne venete nel periodo della Serenissima Repubblica Veneta (Prof. Danilo Gasparini, Docente Università di Padova); Origine della Sopressa (Prof. Emanuele Bellò, Etnografo); La cultura del maiale nell’Alta Marca Trevigiana (Prof. Giancarlo Follador, Cultore della storia e delle tradizioni locali); “La dosa” per le luganeghe trevisane da riso (Beppo Zoppelli, Delegato TV Accademia Italiana della  Cucina).
Si parlerà anche dell’Allevamento dei suini per il miglioramento della qualità della carne (Dott. Alessandro Caliman, Agronomo, Consulente Zootecnico Associazione  Provinciale Allevatori). Due relazioni riguarderanno la tradizione della lavorazione della carne suina nelle case dei contadini e nelle macellerie: Il norcino e i salumi “de casada” secondo l’usanza delle campagne trevigiane (Giuseppe Vergerio, Norcino); La tradizione dei salumi “de beccheria” (Giuseppe Tonetto, macellaio). Una parentesi anche sulla produzione e il commercio dei salumi:  L’industria trevigiana dei salumi (Cesare De Stefani, Presidente Consorzio Tutela e valorizzazione Salumi Trevigiani); Il mercato dei salumi: oggi (Dott.ssa Martina Iseppon, Docente Università di Venezia).
Il convegno si chiuderà con la premiazione della Ditta vincitrice del “Concorso della più autentica “luganega bianca da riso” secondo la tradizione trevigiana.
Seguirà un buffet che prevede, tra l’altro, l’assaggio della tradizionale minestra trevigiana “Risi co la luganega” e dei “figalèt” (luganega con il fegato) con polenta, specialità della pedemontana trevigiana. 
 
 
Treviso viene considerata da A. Lazzari e T. Garzoni  “patria della luganega” nel libro “ Curiosità storiche trevisane”.
Il nome “luganega” è la traduzione veneta di “lucanica” degli antichi Lucani, che ne facevano grande uso e, pare, commercio. La “luganega” corrisponde alla “salsiccia”, carne  di maiale, grassa e magra, tritata e condita con sale e aromi, insaccata nelle budella minute del porco. Si consuma fresca, normalmente cotta.   
A Treviso le “luganeghe, note e consumate già nel Medio Evo, venivano per tradizione confezionate di due tipi: quella “da riso”detta bianca e quella “da rosto” detta magra.
Quelle “da riso” erano molto delicate perché confezionate con la parte magra della pancetta di maiale e preparate con la famosa “dosa”, una mescolanza di droghe essenziali che rendeva la carne gradevole all’odore e piacevole al sapore; per quelle “da rosto” si utilizzava per il 60% la pancetta senza cotenna,  per il rimanente la carne magra del suino e la “dosa”.         
Era di tradizione  la preparazione, con la luganega da riso, dei “Risi co la luganega”, minestra di riso in brodo alla quale la salsiccia cedeva tutti i suoi umori e profumi; la versione medioevale è stata oggi abbandonata in quanto nella ristorazione è prevalso l’uso di preparare lo stesso piatto a risotto, pur nella versione semiliquida, cioè “all’onda”, con la luganega sminuzzata. Le due versioni di minestra vanno guarnite, sempre, con una salsiccia, lessata a parte, in ogni scodella.
            Queste tipicità gastronomiche trevigiane stanno, purtroppo, scomparendo in quanto le persone, preoccupate sempre di più del loro peso, tendono ad escludere la carne di maiale dalle  loro diete.
Le mode alimentari hanno demonizzato alcuni alimenti e santificato altri; sono concetti basati più che altro su credenze e miti. Ad esempio si è diffusa la convinzione che i cereali integrali fanno bene mentre quelli raffinati fanno male, il miele fa bene e lo zucchero è dannoso, il burro è da escludere, il pollo va bene mentre bisogna limitare il consumo della carne di maiale, i salumi sono stati messi al bando.
La scienza ha recentemente rivalutato, ai fini alimentari, la carne di maiale e i salumi in genere. Il grasso di maiale contiene infatti meno grassi saturi (quelli cattivi) del burro e ha invece un buon contenuto di grassi monoinsaturi e polinsaturi. La carne e il grasso di maiale sono poveri di colesterolo (60-70 mg per 100 g) come il pollo ed ogni altro tipo di carne.
La carne di maiale e i salumi fanno parte a pieno titolo della nostra tradizione alimentare; hanno nutrito intere generazioni di contadini senza aver mai rappresentato un pericolo per la salute. Il maiale e le sue carni sono un patrimonio che non dobbiamo trascurare o dimenticare ma dobbiamo valorizzare e, se è il caso, difendere. (Italia Estera) -  
 



 
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