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26 mar 2006Muore a Comiso il deltaplanista recordman Angelo D'Arrigo

 
Servizio di Carmine Ragucci
LIMA(PERU’) , 26 MAR.  Muore a soli 44 anni Angelo D'arrigo, il deltaplanista recordman di traversate internazionali,  uomo eccezionale, padre affettuoso, scenziato. Muore prima che potesse avverare il suo grande sogno, lo chiamava progetto "CONDOR",   quello di sorvolare l'Antartide .
Questa mattina a bordo di un ultralegero "Sky Arrow 650" insieme ad un'altro super pilota, il generale dell'Aeronautica Militare  in pensione Giulio DE MARCHIS di Roma sposato con due figli,  uno Capitano dell'Aeronautica Militare, si e' schiantato al suolo nell'area aeroportuale di Comiso in Sicilia. Chi conosce bene i due, esclude immediatamente un errore umano,vi immaginate uno che ha volato sulla catena dell’Ymalaya solo con il suo deltaplano e la sua aquila perde  la vita cadendo a casa sua in questo modo?
Era una bella giornata dei primi di dicembre, quelle belle giornate piene di sole come solo a Roma si possono godere, ci siamo trovati a colazione insieme ospiti del suo amico  l'Ambasciatore Italiano in Peru' Fabio De Nardis per parlarmi del suo progetto in Peru',progetto "condor" ripopolare una zona amazzonica tra Tinco-Maria e Tarapoto da me ben conosciuta con Condor nati in cattivita' .. il progetto che Angelo aveva avviato  relativo all'allevamento e all'imminente liberazione di due condor sulle Ande peruviane. Voleva  portare avanti questo progetto per circa quattro anni, tempo necessario per abituare i volatili a sopravvivere da soli.  Lo accompagnai da Piero Angela lo stesso pomeriggio per parlare con Marco Visalberghi, regista di "SuperquarK per questo progetto in Peru'. Lo aspettavo tra una quindicina di giorni,  ma non verrà più.
"Lo ricordo con grande affetto e dolore". Così Piero Angela ha commentato la sua morte.  Angelo D'Arrigo che ha collaborato a lungo con 'Superquark' stava preparando con Marco Visalberghi, regista di 'Superquark' un documentario sulle sue nuove imprese in Sud America, tra cui il sorvolo della Concagua..
Angelo D'Arrigo la settima scorsa dalla base dell'Aeronautica Militare di Sigonella aveva annunciato quale sarebbe stata la prossima sfida in volo: "Il mio prossimo obiettivo è sorvolare il 'sesto continente: l'Antartidé".  "Io mi sto già preparando - aveva detto D'Arrigo - perché tutto sia pronto nei prossimi mesi. Non ci sono limiti a quello che si può fare ma occorre una grandissima preparazione fisica e un eccellente supporto scientifico e tecnologico". "Qui a Sigonella tra i militari dell'aviazione - aveva detto anche D'Arrigo - mi sento come se fossi a casa perché loro sono i massimi esperti del volo e da loro ho appreso molto e intendo ancora collaborare con loro per avere sempre più informazioni necessarie e la collaborazione indispensabile per la mia attività". L'incontro di D'Arrigo si era svolto nella base dell'Aeronautica Militare di Sigonella che ospita il 41/o Stormo antisommergibili.
Era colui che avrebbe fatto felice Leonardo da Vinci. Sì perché Angelo D'Arrigo, 45 anni, deltaplanista di fama mondiale votato "per amore della natura e della conoscenza" all'impresa estrema, era l'uomo che volava come fanno gli uccelli. Lungo le rotte del mondo, anzi sopra il mondo. Dagli uccelli aveva imparato, con loro ha vissuto, con loro ha volato. E il rapporto che Angelo aveva con le aquile, Chumi o Gea che fossero, era diventato a tal punto simbiotico che anche loro, le aquile, avevano imparato qualcosa da lui.
Lui ha dato agli uccelli, come a certe gru siberiane, quello che Konrad Lorenz definiva 'l'imprinting'. E loro, le aquile, gli erano volate accanto fin sopra l'Everest; e le gru lo avevano seguito in volo dal Circolo Polare Artico fino al Mar Caspio, reimparando così, per semplice, naturale fiducia, una rotta migratoria che gli etologi davano per dimenticata. D'Arrigo, maestro di sci laureato all'Università dello Sport di Parigi, viveva con moglie e tre figli sulle pendici dell'Etna, non lontano da dove è finito tragicamente quello che era un volo normale, su un aereo normale. Ben diverso dalle sue imprese quasi ai confini della realtà. Imprese nei cieli e sulle rotte impossibili di tutto il mondo.
Quattro anni fa si alzò in volo con il suo deltaplano dal Circolo Polare Artico e, seguito da uno stormo di gru siberiane, insegnò loro la rotta migratoria che le portò lungo 5.500 chilometri fino in Medio Oriente, sopra l'Iran. Le uova di quelle gru si erano schiuse sotto le ali del suo deltaplano e lui aveva dato da mangiare ai piccoli pulcini con un 'becco' artificiale. Due anni fa, intorno a mezzogiorno del 24 maggio 2004, si alzò invece in volo con l'aquila Gea e dal campo base sfruttò una corrente ascensionale per salire fino a quota 9.000 metri. Giunto in quota, sorvolò l'Everest, con Gea. Con un'altra aquila invece, Nike, sorvolò anni fa tutto il Sahara.
 L'anno scorso D'Arrigo aveva raccolto le sue esperienze in un libro dal titolo che era il suo programma di vita: 'In volo sopra il mondo'. In quel libro - "la mia impresa più impegnativa" - D'Arrigo ha raccolto l'insieme delle sue esperienze nei cieli del mondo. Imprese che sono nate da un vero e proprio progetto scientifico, 'Metamorphosis', e riguardanti tanto la metamorfosi di un uomo che si trasforma in uccello, quanto quelle di un uccello che impara l'aria da un uomo.
 "Metamorfosi per me significa voler crescere - aveva spiegato, a suo tempo, D'Arrigo -. In tutti i sensi, anche quello scientifico. Per esempio secondo me alla scienza dell'aviazione manca un file: si sa tutto sull'alta o altissima velocità, ma non è ancora stato studiato a fondo il volo a velocità lenta. Ecco, io ho fatto finora tutto ciò che ho fatto affinché la scienza possa utilizzare la mia esperienza per i suoi obiettivi". E diceva: "Gli uccelli mi hanno insegnato cosa significa veleggiare. E io ho imparato. Ho scoperto che il mio era un bisogno, per così dire, ancestrale. Ho due maestri di riferimento: Leonardo da Vinci e Konrad Lorenz".
L'ultima grande impresa era stata sfidare i condor volando lungo la Cordigliera delle Ande e sull'Aconcagua, il 31 dicembre scorso, salendo fino ai 7.453 metri della vetta più alta d'America. E in mente aveva, per il 2007, di sorvolare il monte Wilson, nell'Antartide. Ma non ci sarà una prossima impresa
E’ una grande perdita, per la famiglia - e mi unisco al suo dolore - per gli amici, gli animalisti e il mondo scientifico e tecnologico.

Carmine Ragucci/Italia Estera



 
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