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27 mar 2009MOSTRE: 'IL RATTO DELLE SABINE' AL VITTORIANO DI ROMA


ROMA, 27 MAR (Italia Estera) - Raccontato, studiato, spettacolarizzato il 'Ratto delle Sabine' diventa il fulcro della mostra ''I Sabini popolo d'Italia, dalla storia al mito'' ospitata al Vittoriano di Roma, fino al 26 aprile, con ingresso gratuito. Oltre 120 opere esposte tra reperti archeologici, antiche carte geografiche, codici, manoscritti, miniature disegni, oli su tela e sculture che indagano il celeberrimo episodio del ratto delle Sabine nell'arte dall'epoca dei Romani, attraverso il Medioevo, il Rinascimento, il Barocco, il Neoclassicismo fino alle testimonianze dell'arte contemporanea.
Molti dei reperti esposti sono solitamente conservati nei piccoli musei della Sabina, questa mostra ''consente di portarli ad un pubblico piu' vasto'', spiega Fabio Melilli, presidente della provincia di Rieti alla presentazione della mostra avvenuta nella sede espositiva del Vittoriano di Roma. Inoltre, per la prima volta sono esposti un trono in terracotta (nella foto) e un lituo, strumento utilizzato dai re-sacerdoti sabini per fare le previsioni basandosi sul volo degli uccelli, entrambi recentemente ritrovati nella necropoli di Saletta all'Amatrice, in provincia di Rieti.


Un po' di storia

Secondo lo storico romano Tito Livio, l'eroe omerico Enea, scampato alla distruzione di Troia, sbarcò sulle coste laziali con alcuni compagni e il figlio Julo. Questi fondò Albalonga e dopo otto generazioni sul trono della città vi era ancora un suo discendente, il buon Numitore. Il fratello però, il perfido Amulio, lo cacciò e gli uccise tutti i figli tranne Rea Silvia, che ebbe dal dio Marte due gemelli. Amulio allora, per non avere legittimi concorrenti al trono, li fece gettare nel Tevere; ma i due bambini si salvarono miracolosamente; allattati prima da una lupa, furono raccolti poi dal pastore Faustolo, che diede loro il nome di Romolo e Remo.
Divenuti grandi, i due gemelli uccisero Amulio e restituirono il trono al nonno Numitore. Quindi decisero di fondare una nuova città. Per sapere chi dovesse darle il nome si affidarono al volo degli uccelli, che fu favorevole a Romolo. Mentre questi tracciava con l'arartro il solco che ne delimitava i confini, Remo lo saltò in segno di sfida, per cui Romolo lo Uccise gridando: "Muoia così chiunque altro osi varcare le mura di Roma".
Era, sempre secondo la leggenda, il 21 aprile del 753 a.C., l'anno in cui ha inizio il calendario romano e il periodo monarchico.

Il ratto delle Sabine

Roma rimaneva una città con una scarsa popolazione, gli abitanti erano formati da pochi uomini che si erano rifugiati qui perchè esiliati dalle loro città a cui Romolo aveva offerto rifugio introducendo così per primo l'istituto dell'asilo. Per popolare la città Romolo si servì di un'astuzia, invitò la popolazione vicina dei Sabini a dei giochi pubblici, poi, durante la manifestazione, ad un segnale prefissato i Romani rapirono le giovani sabine e le costrinsero a convivere con loro. Il ratto delle Sabine provocò l'ira di padri, fratelli e mariti, pronti a dare guerra a Roma pur di riavere le proprie donne. La guerra fu scongiurata dalle stesse donne rapite, infatti, racconta Livio: "Con le chiome sciolte e le vesti scomposte, vinta in loro per tanta sciagura la femminile timidezza, osarono lanciarsi tra il volare dei dardi, da un lato supplicando i padri, dall'altro i mariti, perchè suoceri e generi non si bagnassero di empio sangue. Ciò commuove soldati e comandanti; subitamente tutto è silenzio e quiete; poi i duci s'avanzano a stringere il patto".
Oltre a siglare un patto di non belligeranza, Sabini e Romani, al fine di scongiurare futuri dissensi e altre guerre, un re di origine sabina, Tito Tazio, abrebbe regnato con Romolo per cinque anni. Alla morte del re sabino, ucciso in un tumulto, Romolo restò unico sovrano, finchè non scomparve durante un temporale. I Romani credettero che fosse salito in cielo e lo venerarono col nome di Quirino.

Le origini storiche
La leggenda sulla fondazione di Roma fu ideata quando Roma era già potente e sentiva l'esigenza di un fondatore semidivino che riscattasse le sue umili origini. Per questo dunque fu attribuita un'origine divina ai padri della città: Enea era figlio di Venere e suo figlio Ascanio, detto anche Iulo, diede il nome alla gente Iulia, alla quale appartennero Cesare e Augusto.
In effetti non ci fu un vero atto di fondazione, perchè Roma si sviluppò sul Palatino come aggregato di capanne di pastori-agricoltori, con boschi, orti, recinti per il bestiame, campi coltivati in comune. Il primo nucleo urbano si formò probabilmente fin dal II millennio nel luogo dove in seguito sarebbe sorto il Foro Boario, cioè l'area destinata al commercio del bestiame.
Questo primo nucleo con il tempo si ingrandì grazie alla sua posizione strategica: dominava l'ansa del Tevere nel punto in cui l'Isola Tiberina rendeva agevole il guado del fiume alle correnti commerciali tra il nord e il sud dell'Italia, collegando Etruschi e Campani. Sempre in quella zona transumavano le greggi delle pianure tirreniche verso i pascoli estivi dell'interno e vi passava la pista del sale (la futura via Sarlaria) che dalle spiagge di Ostia veniva portato alle popolazioni appenniniche. Presto, quindi, vi fiorì un ricco mercato di prodotti agricoli, di bestiame e di sale che attirò sempre più le popolazione dell'Italia centrale.

La nascita di Roma

Durante l'VIII e il VII secolo il villaggio del Palatino si fuse, anche per difendersi soprattutto dagli Etruschi che spadroneggiavano al di là del Tevere, con i villaggi vicini; l'Esquilino, il Celio, il Viminale, il Quirinale, il Capitolino, mentre l'Aventino dovrà attendere il IV secolo per essere incluso entro la cerchia delle mura. Tutti questi villaggi si riunirono in una lega religiosa il cui ricordo rimase nella festa del settimonzio, un rito celebrato ancora in età storica con sacrifici alle divinità sulle altrure dei colli meridionali (da saeptimontes = monti chiusi da staccionate o da argini di terriccio).
Successivamente questi villaggi si riunirono anche militarmente, soprattutto dopo che sul Quirinale si erano insediati i Sabini scesi dall'entroterra appenninico per garantirsi il guado del Tevere e la possibilità di accesso alle saline.
Attraverso questo processo di amalgama si formò Roma, che diventò pian piano una vera e propria città, munita di un valido sistema difensivo, sotto il comando di un re, affiancato dagli esponenti delle più importanti famiglie. la fisionomia della città allora si trasformò: vennero tracciate strade, costruite case e quartieri, innalzati templi ed edifici pubblici, ampliate le mura.
Si sviluppò, sempre in questo periodo, l'artigianato, si incrementarono i commerci, furono accolti gli stimoli della più progredita civiltà etrusca.




 
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