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23 feb 2008KOSOVO: La Russia intensifica la sua offensiva

Dopo gli incidenti a Belgrado, condanna delle Nazioni Unite e del mondo occidentale

di Alfonso Maffettone

BELGRADO, 23 FEB, (Italia Estera) – L'indipendenza del Kosovo crea un precedente orribile" che "si ritorcerà contro gli occidentali”. Ha dichiarato oggi a Mosca il presidente russo, Vladimir Putin. Parole dure che si sono aggiunte a quelle dell’ambasciatore di Mosca alla Nato Dimitry Rogozyn il quale ha minacciato l’uso della forza.  "Se l'Europa lavora al di fuori di una posizione comune, o la Nato infrange il proprio mandato nel Kosovo, si troveranno in conflitto con le Nazioni Unite. A quel punto dovremo procedere con la forza bruta, in altre parole: la forza armata", ha detto Dimitry Rogozin, ambasciatore di Mosca alla Nato.
Ventiquattro ore dopo gli incidenti di Belgrado, la Russia rafforza la sua offensiva diplomatica contro la proclamazione unilaterale il 17 febbraio dell’indipendenza del Kosovo, provincia autonoma serba a maggioranza albanese. Il nuovo stato  è stato riconosciuto dagli Stati Uniti e da molti paesi nel mondo ed in Europa fra i quali l’ Italia.
La presa di posizione di Putin e dell’ambasciatore russo presso la Nato, che ha successivamente ammorbidito la sua dichiarazione, hanno gettato altra benzina sul fuoco della rabbia serba. 
Ieri a Belgrado una protesta di centinaia di migliaia di persone è degenerata in atti di guerriglia con gruppi di teppisti che hanno appiccato il fuoco alla facciata dell’Ambasciata americana, hanno saccheggiato negozi e dato l’assalto ad altre rappresentanze diplomatiche ed a istituti commerciali stranieri, fra i quali la filiale italiana di Unicredit. Il bilancio è stato di un morto ( una persona trovata carbonizzata all’interno della sede Usa) e 130 feriti. 
I 15 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno espresso unanime condanna   per le violenze. Gli Stati Uniti, dopo la protesta del sottosegretario di stato agli affari politici Nicolas Burns,   hanno deciso di ridurre all’essenziale, per motivi di sicurezza, il personale dell’Ambasciata. Non hanno ritirato l’Ambasciatore sostenendo che quello di ieri non è il vero volto della Serbia.
Il ministro degli Esteri dell’UE  Javier Solana ha manifestato le preoccupazioni dei 27 ed ha ammonito che l’allargamento dell’UE alla Serbia potrebbe subire ritardi o rinvii.  "Le cose devono calmarsi prima che si possa recuperare il clima che permetta progressi sulla strada dell’adesione all’UE”, ha detto Solana. 
Gli ha fatto eco il premier Vojislav Kostunica che ha lanciato un appello alla calma e ha avvertito che le violenze di Belgrado rischiano di compromettere gli sforzi della Serbia per impedire la secessione del Kosovo. "La violenza e la distruzione stanno direttamente danneggiando la nostra lotta per salvaguardare lo Stato e gli interessi nazionali", ha spiegato il nazionalista moderato.
"Mi appello a tutti i cittadini, nell'interesse della Serbia, a non causare il minimo incidente nel Paese"  ha detto  Kostunica che non ha mancato di lodare  "il magnifico corteo" di Belgrado, una dimostrazione, ha detto, contro “la violenza brutale di cui e' stata vittima la Serbia" .
 La proclamazione unilaterale dell’indipendenza del Kosovo ha dato un duro colpo alla Serbia ma è stato anche un atto che ha diviso l’Europa. Cinque  sui ventisette paesi membri dell’UE non riconosceranno il nuovo stato temendo che si tratti di un precedente pericoloso che potrebbe scardinare l’ordine esistente ad avere un effetto domino nel vecchio continente.
 La Russia, da parte sua,  non accetta l’esempio del Kosovo  perchè si sente il paese più minacciato dalla secessione di stati che una volta facevano parte dell’ Unione Sovietica. Il presidente Putin  ha assunto una posizione diplomatica molto dura ma le sue parole, a  giudizio di osservatori e intellettuali,  non farebbero presa sul nazionalismo serbo per una mobilitazione contro l’Unione Europea sostenitrice dell’indipendenza kosovara.

Marko Blagojevic, un sondaggista del Centro per la Democrazia e libere elezioni in Belgrado  afferma che una recente indagine ha mostrato che i serbi, per il 65% , vedono il loro futuro nell’Unione Europea. Secondo Blagojevic, gli ultimi eventi non hanno modificato le aspettative e  solo il 10 percento dei serbi sarebbe disposto ad andare in guerra per il ritorno del Kosovo alla madre patria.
Molti analisti sostengono che le proteste sul Kosovo riflettono soltanto il disincanto dei “perdenti della transizione”, cioè di tutti coloro che non hanno tratto benefici dalla trasformazione democratica del paese dalla fine del regime di Milosevic. La disoccupazione, infatti,  è al 21% ed il reddito pro capite in Serbia  è di circa 7.400 dollari all’anno.
 Senza l’Unione Europea e l’apertura dei confini i serbi non andrebbero da nessuna parte e sarebbero condannati automaticamente  ad un futuro di povertà e isolamento.
Alfonso Maffettone/Italia Estera



 
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